Raffaella Carrà purtroppo ci ha lasciati lo scorso 5 luglio 2021. La notizia della sua morte ha colto tutti di grande sorpresa perché nessuno pare sapesse che la showgirl fosse malata ormai da diverso tempo. A dare l’annuncio della sua morte è stato l’ex compagno Sergio Japino, attraverso un messaggio che ha diffuso sui social. A distanza di qualche giorno dalla morte della grande artista che ha contribuito a scrivere la storia della televisione italiana, in molti si sono chiesti quale fosse il suo grande patrimonio ed a quanto ammontasse la sua eredità.
Raffaella Carrà, a quanto ammonta la sua eredità
Ebbene, sembrerebbe che Raffaella Carrà sicuramente ci ha lasciati un patrimonio artistico e culturale davvero esorbitante. Raffaella è stata sicuramente in grado di rivoluzionare tutto il mondo dello spettacolo e ha lasciato il segno grazie alla sua simpatia, ironia ma soprattutto al grandissimo talento. Raffaella è stato uno dei personaggi più ricchi del mondo della televisione. Non si sa a quanto possa ammontare la sua eredità, ma si è detto un tempo che percepisse un compenso pari a 6 miliardi di lire per un suo programma. Una cosa è certa, che i suoi eredi sono i nipoti, i figli del fratello Renzo, morto prematuramente diversi anni fa.
Che voglia di ballare, cantava Edoardo Bennato negli Anni 80. Altra epoca: nell’era del Covid il ballo è materia da prendere con le molle, passione contagiosa, in tutti i sensi. A Rimini, però, dopo Fannus horribilis del 2020, che ha visto sale e balere sostanzialmente chiuse, sigillate, non potevano restare con le gambe in mano ancora a lungo e ai Campionati nazionali della Federazione italiana danza sportiva, organizzati nel capoluogo romagnolo, è appena andata in scena l’edizione del riscatto, dopo il blocco dell’anno scorso: diciassette giorni di gare che hanno alternato Urban dance e latinoamericana, jazz e country western. E con un gran finale consacrato al tango argentino, centocinquanta coppie in pista, mai così tante, in una celebrazione solenne della danza più sensuale del mondo.
Tutto nel nome e alla memoria di Raffaella Carrà, romagnola doc appena scomparsa, che proprio al tango dedicò due delle sue leggendarie performance musical-televisive. I più giovani non lo ricorderanno, ma nel 1974, alla quarta puntata di Canzonissima, Raffaella si esibì in un tango ad alta tensione con il suo amico Clay Regazzoni, pilota della Ferrari al fianco di Niki Lauda,
nell’occasione ispiratissimo e così coinvolto da far dire alla Carrà a fine show: «Ma ti sembra il modo di trattare una signorina?». E lui di rimando: «Mi è sfuggito il pedale del freno, non sono riuscito a controllarmi». Quattro anni dopo, Raffaella ribadì la sua passione per il ballo argentino in Tango, un brano in cui cantava: «Se non altro balla un tango insieme a me. E vedrai che qualche cosa cambierà. Stringimi più forte che si può, cosa può accadere non lo so».
Gira e rigira, l’essenza del tango riporta sempre lì: «Il modo più diretto di inabissarsi nell’abbraccio di un altro», si legge sul sito Storie di tango – Piedi per terra, cuore per
aria. A Rimini è stato tutto un ritrovarsi e un ripensare a quanto è stata dura nei mesi scorsi: «All’inizio hanno chiuso le milon- ghe, ridotto le lezioni, distanziato le persone. Alla fine hanno sprangato tutto. Proprio il tango, che si deve stare appiccicati, ci si respira addosso e si viaggia in continuazione da un posto all’altro…», sospira la campionessa Maria Antonietta Bertanzon, veronese di 67 anni, che con il marito Francesco da una decina di anni passa da una vittoria all’altra (nella gara di Rimini sono arrivati secondi nella loro categoria), perché il tango è tutto, competizione, passione, voglia di stare insieme, storia, folklore.
Per Maria Antonietta è anche una faccenda di famiglia, tanto che la figlia Valentina, 35 anni, è diventata addirittura campionessa italiana, europea e mondiale insieme con il marito Marco. «Pensi che li ho fatti conoscere io», racconta la mamma. «Valentina aveva abbandonato la danza classica per laurearsi in ingegneria e a me dispiaceva troppo, vedevo che le mancava qualcosa. Così ho proposto a un giovane ballerino della nostra scuola di invitare al tango mia figlia e i due si sono trovati benino, al punto di primeggiare e di sposarsi, scelga lei l’ordine d’importanza delle due cose». Miracoli del tango, «la forma d’arte dove uno più uno deve fare uno, dal momento che la coppia mira a fondersi in una stretta unità, formando una specie di animale unico a quattro gambe», spiega Barbara Marconi, leggendario direttore tecnico nazionale di danze argentine. Sfoggia un temperamento così ottimista da scorgere perfino nel Covid qualcosa di buono: «È una danza di coppia, direi da congiunti, e io non escludo che il lockdown abbia favorito una certa voglia di danzarlo, fino al boom che conosciamo oggi».
In Italia, si parla di oltre duemila scuole e almeno cinquantamila ballerini di un certo livello. I giovani sono sempre più coinvolti. Non siamo ai numeri dell’Argentina, culla del tango da un paio di secoli, ma ci stiamo arrivando, nel vero senso della parola, dal momento che non mancano gli italiani che si trasferiscono a Buenos Aires per approfondire il discorso,
come ha fatto la nostra Sara Lupparelli, 35 anni, di cui quattro anni trascorsi in Sudamerica a bazzicare di milonga in mi- longa. «Da qui non riusciamo nemmeno a capire che cosa rappresenti questo ballo laggiù: adolescenti scatenati, giovani che si lanciano con signore o signori di ben altra età, uomini che ballano con uomini, donne con donne. C’è una cultura del tango che è incontrare l’altro, chiunque egli sia, ascoltarlo, rispettarlo, connettersi con lui». ..
Non a caso, fra i criteri : «IL delle giurie di gara, svetta l’intesa di coppia, non necessariamente nel senso sentimentale del termine, anche se non e affatto raro che le coppie di tango siano tali pure nella vita. «La passione per il tango può dividere o portare al litigio senza ritorno, ma se scatta l’alchimia giusta unisce e rinsalda due compagni come poche cose al mondo», teorizza Maria Antonietta. Sara condivide e, rientrata prima dall’Argentina a causa del Covid, ha trovato a Roma un ballerino colombiano, Byron Torres, e i due sono appena diventati campioni d’Italia, categoria 35/44, Professional Division. «Però non stiamo insieme», mette in chiaro lei. Che ha un principio ben chiaro: Bailar es vivir. E il tango è ben più che bailar: come dicono in Argentina, è «un modo per scoprire di essere quel che non pensavamo di essere».
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