Principe Filippo ricoverato, la regina Elisabetta è sola



Hanno parlato, gli occhi di Carlo. Lo sguardo grave, commosso, preoccupato ha manifestato un groviglio di sentimenti che si agitavano nel suo cuore: così, pur sporgenti da una mascherina, da quegli occhi il mondo ha capito la portata del dramma che si è abbattuto sulla famiglia reale britannica. Sabato 20 febbraio l’erede al trono d’Inghilterra è stato fotografato mentre in auto varcava l’ingresso del King Edward VII hospital di Londra dove suo padre, il principe Filippo, era stato ricoverato tre giorni prima.



Un ricovero “ampiamente precauzionale”, ha scritto Buckingham Palace in un comunicato, ma deciso dei medici “a seguito di un’infezione, non connessa a Covid”, a causa della quale è stato preferibile, visti i 99 anni di sua altezza, il monitoraggio in una struttura ospedaliera. Mentre scriviamo, le condizioni di Filippo vengono definite stabili ma di dimissioni non si parla. Dunque, anche qualora il principe consorte dovesse tornare a Windsor, la famiglia sa bene che non avrà più a che fare con l’acuto e sagace nonno, così come la regina non potrà più contare su una compagnia serena e a tratti ridanciana.

Insomma, niente sarà più come prima. Ma del duca di Edimburgo – titolo conferitogli prima delle nozze dal suocero Giorgio VI – mancherà soprattutto l’autorità teutonica (dopotutto il suo cognome originario è Schleswig-Holstein-Sonderburg- Glücksburg), machista, brillante e amorevole al tempo stesso che ha sempre esercitato sul clan reale.

Dalle scelte sull’educazione dei figli alle decisioni più recenti e dolorose – vedi l’allontanamento di Andrea dalla scena pubblica dopo la deflagrazione dello scandalo Epstein e minorenni che è stato sì formalmente deciso da Carlo, ma sotto la regia del padre – Filippo ha dettato la sua linea.

Non in politica, ma tra le mura domestiche. Alternando pugno di ferro e guanto di velluto. Quello con il primogenito, per esempio, non è mai stato un rapporto lineare: distante nella giovinezza, impositivo nell’adolescenza e nell’età adulta, tanto che fu il padre a motivare fortemente il figlio nel prendere in moglie una donna non amata, Diana, invece di quella desiderata, Camilla. Un rapporto che però ha scoperto una sua intimità con il passare degli anni.

Lo dimostra l’abitudine inaugurata da Carlo di far visita al genitore quasi una volta a settimana a Wood Farm, la fattoria di Sandringham dove Filippo si è ritirato dagli impegni ufficiali, nel 2017. Ma alla vigilia dei suoi 95 anni, di cui oltre 73 trascorsi con lo stesso uomo, è Elisabetta la persona che più d’ogni altra si sente persa, in questi giorni. Perché anche l’animo robusto della sovrana, commovente contraltare di un corpicino sempre più ricurvo, non può che vacillare, soprattutto in un momento familiare reso tanto complicato dal recente strappo finale di Harry e Meghan dalla casa reale.

Chissà se la regina negli ultimi giorni ha riavvolto il nastro della memoria, ricordando i moniti di sua madre, alla quale quello spilungone biondo con il ghigno laterale proprio non andava giù. Lo chiamava l’Unno, date le sue origini tedesche. Sintetizzò: «Bello è bello, ma non è un buon partito». E aveva ragione. Filippo era un principe apolide e squattrinato. Della Grecia – dove naque il 10 giugno 1921 – ha conservato la città natale sulla carta d’identità, Corfù, che però abbandonò a soli 18 mesi, quando la famiglia reale ellenica fu deposta dopo il primo colpo di Stato. Il padre Andrea si trasferì a Montecarlo, le sorelle sposarono principi tedeschi, sua madre Alice, che trascorse gli ultimi mesi di vita a Buckingham Palace nel 1969, si dedicò a malati e derelitti. Dunque Filippo si fece da solo e optò per una carriera nella Marina britannica. La prima volta che vide la donna con cui avrebbe trascorso il resto dei suoi giorni fu nel 1934, alle nozze del duca di Kent con Marina di Grecia. Lei aveva 8 anni, lui 13. Erano cugini – entrambi discendenti dalla regina Vittoria – benché poggiati su diversi livelli dinastici.

Nonostante le fu subito chiaro, dall’ascesa al trono di Giorgio VI, che sarebbe diventata sovrana, Elisabetta non tradì mai quel suo primo innamoramento: decise di volere accanto il principe apolide e squattrinato, che smontò l’ultima tiara rimasta a sua madre per ricavare l’anello di fidanzamento e accettò di rinnegare il cognome tedesco per assumere quello materno (Battenberg), in versione inglesizzata: Mountbatten.

Settantuno anni di unione è più di una vita insieme, è un’era. Gli inizi – esclusi i periodi spensierati trascorsi insieme a Malta, dove lui era stato assegnato – furono burrascosi quanto l’improvvisocherzo del destino che portò la corona sul capo di una ragazza neanche ventiseienne, il 6 febbraio 1952. Lei, soprannominata nell’intimità di coppia cabbage – una sorta di “piccolo cavolo” – fuori dalla camera da letto era il capo di Stato. Lui, il marito incapace di dare il proprio cognome alla dinastia, come invece era riuscito ad Albert, marito dell’ava Vittoria. Da queste frustrazioni sono nate le voci dei ripetuti tradimenti consumati all’ombra di un ruolo negletto. Le tensioni cominciarono a ricomporsi a partire dal 1957, quando Filippo ottene dalla moglie il titolo di principe del Regno Unito e arrivarono Andrea ed Edoardo, nel 1960 e nel ’64, nell’allevare i quali la coppia reale si diede una seconda possibilità genitoriale. Filippo è stato anche un modernizzatore: grazie a lui la Tv entrò a corte, in occasione del messaggio di Natale della regina. Si sono sempre compensati, marito e moglie. Glorie e disgrazie cadenzano ogni regno, ma tali vicende li hanno sempre colti inseparabili, come un monolite. Per Elisabetta lui è sempre stato la roccia, la «forza costante e duratura”, come lo definì nel 2012. L’altra metà del cielo



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