L’attesa è finita. Il Diabolik dei Manetti Bros. è finalmente nelle sale. Parliamo del «Re del Terrore” (il soprannome che accompagna il personaggio fin dal primissimo numero, uscito nel novembre 1962) con Loris Cantarelli, che segue i fumetti e tutta la cultura pop praticamente fin dall’infanzia (ha imparato a leggere su Topolino prima ancora di iniziare le elementari).
Dal 1995 sul mensile Fumo di China (del quale dal 2012 è anche direttore editoriale) scrive di fumetti e di riflesso anche di film e serie tv (sue anche alcune incursioni nella musica con biografie diEricClapton,U2 e Bono, tra i tanti). Qual è stato il potere contrattuale di Marco e Antonio Manetti, registi del film, nel bloccare ogni ipotesi di far uscire il film in streaming durante la pandemia? «In realtà sembra sia stata una scelta condivisa un po’ da tutti, anche se certo la loro decisione ha avuto il suo peso.
Insieme a quella dell’editore e co-sceneggiatore Mario Gomboli. Il quale da oltre vent’anni si occupa come meglio non si potrebbe di amministrare le iniziative del fumetto anche negli altri media, comprese le iniziative promozionali di arredo e design. Oltre alle collane ‘collaterali’, a settimanali e quotidiani che mantengono ben salda la vitalità del personaggio. Per non parlare del mensile di inediti, che ha abbondantemente superato gli 800 numeri».
Il film s’intitola Diabolik, ma Eva Kant a quanto pare ha grande importanza nella trama… «L’occasione è sempre apparsa troppo ghiotta per non incentrarla sul primo incontro fra Diabolik ed Eva Kant. Ricalcando seppur non in maniera pedissequa il terzo albo della serie, uscito nel marzo del 1963.
Cosa ancora più insolita per l’epoca (anche se purtroppo non è cambiato poi molto), il personaggio femminile era tutt’altro che la “damigella da salvare”. Entrando in scena salva lei la vita al protagonista e diventa immediatamente a tutti gli effetti contitolare della serie! Forse è vero che solo due donne della Milano bene anni ‘60, le sorelle Angela e Luciana Giussani, potevano inventare un personaggio forte e sfaccettato come Eva Kant. A sua volta l’unico capace di tener testa al criminale dai mille volti».
L’agguerrita schiera dei fan di Diabolik come si prepara al film? «La scelta di Luca Marinelli per Diabolik, Miriam Leone per Eva e Valerio Mastandrea per Ginko, insieme alla cura dei registi e dell’editore nello scrivere la sceneggiatura, consente di aspettarsi un’opera rispettosa. All’altezza dell’unico fumetto italiano ben noto anche a chi non ne ha mai letto le storie. A parte forse il Tex di G.L.Bonelli&Galep e la Valentina di Guido Crepax, di cui però al massimo il grande pubblico sa che lui è un cowboy e lei una fotografa disinibita.
Invece di Diabolik quasi tutti sanno che è un ladro, che ha una compagna di cui si conosce il nome e perfino che auto guida, una Jaguar E-Type del 1961». Quali le impressioni dal suo punto di vista? «Inutile dire che l’attesa è enorme, anche per gli oltre vent’anni di tentativi abortiti.
Compresa una serie tv per Raidue, una sceneggiatura di Carlo Lucarelli e un interesse di Sky con tanto di trailer… L’impressione è che la perizia degli autori, l’amore per il personaggio e la consapevolezza di poter far bene a patto di giocarsi bene le carte abbiano creato un circolo virtuoso. A vantaggio di tutti. Tant’è vero che sono già annunciati due sequel».
Diabolik, specie prima dell’ingresso in scena di Eva Kant, era ed è del tutto spietato e amorale. Piaceva e piace per quello? «Senz’altro è sempre stato un personaggio di rottura: degli schemi e delle
convenzioni, anzitutto nel fumetto italiano. Il quale non aveva mai avuto un protagonista negativo che la faceva franca. E perfino inventando il formato tascabile. Che fu poi adottato da oltre un centinaio di concorrenti oggi tutti scomparsi (per il loro puntare su sesso e violenza, anziché sulle storie).
Senza voler dare messaggi, ma come ogni opera creativa diventando inevitabilmente spia dei tempi… Un’impostazione che ha proseguito nel tempo, ad esempio con una pagina in cui dichiarava il suo appoggio al divorzio ai tempi del referendum. E, negli anni più recenti, senza temere di affrontare temi come la mafia o la violenza sui minori. Guadagnandosi una credibilità addirittura in grado di farlo testimonial per campagne sociali contro l’abbandono degli animali e per la sicurezza stradale».
Quanto vendeva e quanto vende oggi Diabolik? «Del fumetto italiano non esistono storicamente dati ufficiali di vendita se non quelli dichiarati da ogni singolo editore. Tuttavia è ragionevole pensare che negli anni ’60 e ’70 le copie vendute, tra inediti e ristampe, superassero tranquillamente il milione ogni mese.
Oggi è ancora più difficile saperlo, perché oltre alla serie regolare e alle due collane di ristampe (tutte e tremensili) esistono speciali e fuori serie più le iniziative editoriali allegate ai quotidiani. Soprattutto colpisce la vitalità del personaggio che non è mai venutameno, un caso pressoché unico in Italia». Il primo numero di Diabolik uscì nel novembre 1962. Un successo con mistero incorporato: il primo disegnatore scomparve nel nulla dopo l’uscita del primo albo… «Di primo acchito sembra davvero una storia da romanzo. Dato che già il cognome, Zarcone, è stato citato dalle Giussani molti anni dopo e non è proprio sicurissimo, figuriamoci il nome, Angelo.
Lo sceneggiatore Davide Barzi ha scritto la biografia delle sorelle Giussani in Le regine del terrore. E il regista Giancarlo Soldi ha perfino girato il docu-film Diabolik sono io (2019), ma la questione è ancora aperta. Infatti, pensandoci bene, è tutto molto plausibile. In pratica, pur non essendo il disegnatore noto per la puntualità nelle consegne, dopo aver portato le tavole in redazione non si fece più trovare e perfino una ricerca commissionata vent’anni dopo all’investigatore Tom Ponzi non portò ad alcun risultato.
D’altra parte, chi poteva pensare che dopo quasi sessant’anni saremmo stati ancora stati qui a parlare dell’opera di due editrici principianti assolute, che si erano buttate con passione e intraprendenza in un’avventura editoriale che sembrava non molto diversa da tante altre?». Il film dei Manetti ha un lontano predecessore: Diabolik, uscito nel 1968, diretto da un maestro come Mario Bava e prodotto da Dino De Laurentiis.
Catherine Deneuve doveva essere Eva Kant, ma lasciò dopo una settimana. Cosa ci racconta di quel film, ormai di culto? «Anzitutto che le Giussani non lo sopportavano! Peraltro giustamente, dal loro punto di vista: la produzione guardava più al fenomeno James Bond. E il risultato è innegabilmente più una variazione sul tema 007 che un adattamento veramente rispettoso del fumetto. Ciò non toglie che negli anni la bravura di Bava a sopperire alle mancanze di budget e l’atmosfera pienamente anni ’60 abbiano creato un pubblico affezionato in tutto il mondo». Esiste anche Arriva Dorellik diSteno (1967) con Johnny Dorelli. Quante volte è stato parodiato Diabolik? «Un’infinità.
Nei fumetti contando anche gli imitatori (che son durati pochissimi anni, a parte Kriminal e Satanik) almeno un centinaio di volte. Ma quelli davvero riusciti sono pochissimi e solo con un blando riferimento». Un’ultima domanda: Diabolik o Ginko? «Per le storie servono entrambi. Sono da ammirare tutti e due per la costanza instancabile. Altrimenti non potremmo leggere niente di nuovo!».
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