massimo ranieri il dolore

Massimo Ranieri, arriva l’album “Erba di casa mia”



Massimo Ranieri torna con un nuovo album Qui e adesso, che ha il medesimo titolo dello show andato in onda nelle scorse settimane su Rai Tre dal teatro Sistina a Roma, in cui il cantante e attore si è raccontato tra passato, presente e futuro senza filtri.



Con 17 canzoni, frutto della collaborazione con Gino Vannelli, l’intento del cantante partenopeo è stato quello di raccogliere brani inediti e non, recuperando alcune canzoni pubblicate negli anni ’70 lasciate un po’ in ombra.

L’album era stato preceduto, ormai molti mesi fa, dal singolo Mia ragione, che Ranieri aveva presentato da super ospite, alla 70° edizione del Festival di Sanremo.

In questa intervista, da grande vero artista, che però sa anche restare umile, Ranieri ci regala qualche ricordo del suo passato, dal padre che svenne per la sua vittoria a Sanremo del 1998 con Perdere Tumore, alle sue grandi amici zie, e ai suoi giudizi sulla nuova generazione di cantautori, tra cui Mahmood, Ghali, Irama e Achille Lauro.

E ci parla anche di un suo sogno particolare che riguarda il Festival di Sanremo. Ranieri, in Qui e adesso ha voluto riproporre alcuni suoi brani degli anni ’70. Da dove nasce questa esigenza?

«E una raccolta di brani inediti e non, che rendono finalmente onore ad alcune perle pubblicate negli anni ’70 che non avevano trovato spazio nella promozione discografica di allora. Ho lasciato la musica a 24 anni per fare nuove esperienze.

Quelle canzoni, come Ti ruberei e Via del Conservatorio, le ho sempre amate e reputate all’altezza di altri successi come Erba di casa mia. Mi sono sentito in colpa di averle lasciate, come dire, per strada, orfane e ho deciso di riscattarle e restituirle al mio pubblico con la pennellata artistica di Gino Vannelli.

Negli anni ’70 avevo una meravigliosa squadra, dotata di grande creatività. Fu un periodo meraviglioso. Tra gli inediti invece propongo una canzone, Quando il sogno diventa inutile, che il leggendario Charles Aznavour mi regalò prima di morire: era il mio maestro.

Qui e adesso non è solo l’album, ma anche il titolo del suo show su Rai Tre, dove si è raccontato tra passato, presente e futuro senza filtri. Ha avuto uno share lusinghiero per la rete, il 6 per cento. Lei che giudizio ne dà? «E stata una bella occasione per portare sul palco amici come Gianni Morandi, Gianna Nannini e Francesco De Gregori e tanti altri, da cui mi sono fatto raccontare degli aspetti inediti della loro vita. Momenti di tristezza, amori, speranze e sogni».

Quante puntate sarebbero servite per raccontare aneddoti della sua vita. «Infinite. Da Luchino Visconti che mi disse di essere un mio grande ammiratore a Renato Zero ha arbitrato una partita di calcio con mantello nero e piume in testa, alla mia grande amicizia con Gianni Morandi e Al Bano, ci chiamiamo a vicenda il napoletano, il bolognese e il pugliese e da tanto cerchiamo di fare un progetto insieme.

E per non parlare di quando, nel 1969 a Caserta al Festival dei Festival, ero nel retropalco con Claudio Villa, e fui colpito in fronte da un sasso di teppisti che volevano entrare senza biglietto, cantai ugualmente, poi andai all’ospedale». L’avvio del suo programma su Rai Tre è stato posticipato di una settimana in omaggio alla scomparsa di Maradona. Decisione sua o unanime?
«Il lutto per Maradona non ha colpito non solo, e la decisione di rinviare è stata condivisa da tutti, a partire dal direttore di rete Franco Di Mare.

Non era il caso, ed è stato un gesto importante per dimostrare il nostro affetto sincero a un campione immortale. Una notizia scioccante, tanto che all’inizio pensavo fosse una fake news. Non ce la facevo proprio di andare in onda». Torniamo al disco. Come è cambiato cantare l’amore tra ieri e oggi? «Del confronto con la musica di ieri e di oggi ne abbiamo parlato nello show con Gianni Morandi. Oggi i rapper e i trapper lo cantano con rabbia, con disperazione, perché forse sentono sulle spalle il peso di questo tempo. Noi invece correvamo nei prati, le ragazze le baciavamo, nella nostra mente erano le future mamme dei nostri figli».

Che rapporto ha con la nuova generazione di musicisti? «Mi piace molto come si esprimono. Ho un istinto paterno nei loro confronti, mi fa molto male sentire questa disperazione che hanno dentro, mi piacerebbe incontrarli e parlarci. Ascolto con interesse Mahmood, Ghali, Achille Lauro perché hanno una coscienza sociale e politica e mi ha stupito molto trama, che ho avuto ospite in trasmissione.

Ha una passione per Fabrizio De André, abbiamo cantato insieme La canzone di Marinella e parlato di conflitti generazionali. Mi ha colpito per il suo candore, il suo sorriso solare, è una persona semplice e dolce. Pensavo fosse un po’ ‘‘montate! lo”, come del resto lo ero io alla sua età, e invece mi sono dovuto ricredere.

Lei di Sanremo ne ha fatti sei, ma che ricordo ha di quello del 1988 in cui vinse con Perdere l’amorei «Non me lo dimenticherò mai e non solo per la vittoria. Mi ero iscritto al Festival con un altro brano, Pierina, ma cambiai idea all’ultimo minuto.

Non so cosa accadde, forse fu Dio a mettermi una mano sulla testa, Pierina era molto bella, ma non aveva la potenza di Perdere Pamore. Fu un trionfo, una serata pazzesca, finii le interviste alle 4 del mattino, presi un caffè e la notte stessa scappai subito a Napoli.

Mio padre era svenuto davanti alla Tv per la vittoria. Arrivato a Napoli scoppiò un secondo Capodanno tra brindisi e fuochi d’artificio. Il giorno dopo ero già in teatro col Rinaldo in campo. Credo di essere stato l’unico cantante nella storia del Festival a non andare a Domenica In il giorno successivo».

Ormai, per il Sanremo 2021 i giochi sono fatti. Ma le piacerebbe tornare in futuro al Festival? «Lo scorso anno Amadeus ha ascoltato il primo inedito di questo nuovo album Mia ragione e mi ha invitato a partecipare in gara ma ho risposto No grazie sono troppo vecchio.

Poi ci fu la proposta di duettare con Tiziano Ferro ed è stato molto bello. Però se al Festival mi chiamassero a fare il conduttore, quello sì, mi piacerebbe, ma il direttore artistico no, ha più responsabilità e non me la sentirei di giudicare le canzoni di colleghi».

Tiziano Ferro ha un grande attaccamento a lei. Che rapporto avete? «Con Tiziano al Festival di Sanremo è scoccata la scintilla. Lui spesso ha detto che ha deciso di fare il cantante da ragazzino proprio vendendomi cantare Perdere Pamore al Festival. Lo considero un mio fratellino ed è incredibile quello che lui sente per me. Avremmo dovuto cantare insieme, nella tappa di Napoli del suo tour, Reginella, che non eseguo da più di quindici anni. Poi è scoppiata la pandemia».

«Quando riapriranno i teatri terminerò il mio tour teatrale interrotto dall’emergenza sanitaria, in cui porto II gabbiano di Cechov e poi concluderò i lavori del prossimo disco di inediti pronto per settembre 2021. Ci sarà un brano firmato da Domenico Modugno e uno da Ivano Fossati, anticipo solo questo».



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