Narrano le cronache di quell’unica volta in cui Mario Draghi rimase spiazzato. La Banca centrale europea potrebbe mai trovarsi a corto di soldi?, gli chiese l’inviato di una televisione svedese durante una conferenza stampa a Bruxelles nel 2014.
E lui, sorriso un po’ imbarazzato e qualche attimo di silenzio, tentennò: «Beh… Ecco, tecnicamente no… Noi… Noi non possiamo restare a corto di soldi. Credo che questa sia l’unica risposta che posso darle».
Leggenda metropolitana o no, l’allora presidente dell’Eurotower era già “SuperMario”, titolo guadagnato sul campo per aver salvato euro ed Europa schierando la banca centrale a scudo della moneta unica messa a rischio da una feroce crisi, come aveva annunciato a Londra il 26 luglio 2012.
Whatever it takes, a ogni costo, aveva detto. E così fu, difese l’euro a ogni costo. Oggi quella frase entrata persino nella Treccani diventa una dedica d’amore e finisce scritta su un muro cittadino e da lì rimbalza sui social network che l’uomo a cui il presidente Sergio Mattarella ha chiesto un altro miracolo non frequenta: “Sei bella come il whatever it takes di Draghi”.
Incoronato uomo dell’anno 2012 da entrambe le bibbie dell’editoria britannica, il Financial Times e The Times, Draghi, romano, classe 1947, è dovuto crescere in fretta. Aveva 15 anni quando ha perso il padre Carlo, padovano, dipendente prima di Banca d’Italia e poi di Bnl, e qualche mese di più quando è morta anche la madre, Giulia Mancini, farmacista originaria di Monteverde Irpino, nell’Avellinese.
A occuparsi di lui e dei suoi due fratelli più piccoli, Andreina, oggi storica dell’arte, e Marcello, imprenditore, è stata Giuseppina Draghi, sorella del padre. Per loro, zia Mimma. Studi dai gesuiti, al Liceo Massimiliano Massimo di Roma, assieme a Luca Cordero di Montezemolo, Luigi Abete e Giancarlo Magalli; laurea alla Sapienza con il maestro Federico Caffè; master al Massachusetts Institute of Technology di Boston con Franco Modigliani.
Era l’estate del 1971 e l’economista del Mit era in visita alla Banca d’Italia di Guido Carli: il neo laureato Draghi aspettò che l’incontro finisse, fermò Modigliani e gli chiese senza troppi giri di parole di ammetterlo al dottorato del Mit. Il futuro premio Nobel scosse la testa, perché le iscrizioni erano già chiuse ma soprattutto perché allora le borse di studio ottenute in Italia non si potevano utilizzare all’estero.
Ma Draghi voleva specializzarsi al Mit, “a ogni costo”. E, indovinate? La legge cambiò e lui partì per Boston. Due anni dopo Mario Draghi torna in Italia, ma questa volta l’economia non c’entra: la ragione si chiama Maria Seretelli na Cappello, natali a Noventa Padovana e sangue blu nelle vene per via della discendenza da Bianca Cappello, moglie del Granduca di Toscana Francesco de’ Medici. Si sposano nel 1973, nella sontuosa Villa Morosini Antonibon, dimora del secondo Cinquecento della famiglia di lei che sorge sulla riva sinistra del Brenta, ma si erano innamorati ben sette anni prima.
Mario trascorreva le estati nella villa della zia Mimma a Stra, in piena Riviera del Brenta, e una sera incontrò Serenella, come la chiamano tutti, a casa di comuni amici. Fu amore a prima vista, ma anche solido e immune alla distanza che fino a metà degli anni Settanta terrà Draghi oltreoceano. Il professore torna in Italia per insegnare all’università, a Trento, a Padova, a Firenze; nel 1983 va a Roma, come consigliere del ministro del Tesoro Giovanni Goria nel governo Craxi, e poi nel 1991 arriva alla direzione generale del Tesoro indicato dal governatore di Bankitalia Carlo Azeglio Ciampi. Perché prima di diventare “SuperMario”, Draghi è il numero uno tra i “Ciampi boys”.
L’artefice di quella mission impossibile che parevano essere le privatizzazioni italiane, salpate a partire dagli Anni 90 con la crociera del Britannia, il panfilo della regina Elisabetta II affittato per presentare ai banchieri d’affari inglesi i nostri gioielli di Stato. Nel frattempo i Draghi, che hanno due figli, Federica, che oggi si occupa di investimenti e strategie di sviluppo in un gruppo biotech, e Giacomo, banchiere d’affari in un hedge fund, vivono ai Parioli.
Spesa insieme il sabato mattina: lui, giornali sottobraccio, a far la fila dal verduraio e dal macellaio, lei seduta in auto, perché dove lo trovate un parcheggio all’ora di punta? Normalità e riserbo, della quale dicono anche i weekend al casale di Città della Pieve, in Umbria, o le vacanze nelle proprietà di famiglia nel Brenta o nella casa di Lavinio, sul litorale laziale.
Nel 2005 Draghi, tifoso della Roma, appassionato di golf e di scacchi, che pratica partecipando a tornei online con vari nickname, dopo una parentesi alla Goldman Sachs diventa il nono governatore della Banca d’Italia: a Palazzo Koch resterà fino al 2011, per trasferirsi il 1° novembre dello stesso anno a Bruxelles, alla Banca centrale europea. Ne uscirà otto anni dopo, consegnando le chiavi della Bce all’attuale presidente Christine Lagarde, prima donna nella storia a ricoprire questo incarico. A chi quel giorno chiese a Mario Draghi di un suo possibile futuro in politica, il presidente dimissionario rispose alzando le mani e sorridendo. «Non so, chiedete a mia moglie». E in cuor suo, certamente, Serenella sapeva già come sarebbe andata.
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