Era il 9 settembre del 1991 quando andava in onda la prima puntata di Non è la Rai. Per Canale 5, una vera e propria novità accolta con scetticismo iniziale che, puntata dopo puntata, si è trasformato in apprezzamento da giovani e meno giovani.
Quattro stagioni con tre conduttori diversi, Enrica Bonaccorti, Paolo Bonolis e Ambra Angiolini. E centinaia di ragazze, “le ragazze di Non è la Rai”. Che ancora oggi, a trent’anni di distanza, sono amatissime dal pubblico che non riesce a dimenticarle sebbene solo alcune di loro abbiano continuato a lavorare con successo nel mondo dello spettacolo. Tra loro, Laura Freddi.
Che nel 1991 aveva diciannove anni. «Non è la Rai mi ha cambiato la vita» conferma, nel caso qualcuno avesse dei dubbi. «Per me non ha rappresentato il debutto in Tv perché precedentemente avevo lavorato in un canale privato di Napoli, Canale 34, in un programma sportivo. Avevo vinto una fascia in un concorso di bellezza, Miss Teenager Italia, e da lì mi hanno chiamato per gestire l’interazione con il pubblico da casa.
All’epoca, dopo il diploma in ragioneria, volevo iscrivermi ad una scuola per interpreti e ho iniziato Non è la Rai per pagarmi gli studi. Invece il programma mi assorbito tantissimo: da subito è stato un impegno più serio di quanto potessi immaginare alla vigilia. Essere ricordata per quell’esperienza ancora oggi mi riempie di orgoglio perché vengo identificata come una ragazza “storica” di Non è la Rai, a dispetto del fatto che ho partecipato solo alle prime due stagioni».
Che ricordi ha di quei tempi ormai lontani? «È strano ma più che essere passati trent’anni sembra quasi che il programma sia andato in onda per trent’anni, perché puntualmente vanno in onda le repliche su Mediaset Extra. Il ricordo dunque è vivo e fresco perché l’affetto del pubblico è rimasto sempre costante: io me lo sono portato dietro nel corso del tempo e dunque Non è la Rai è come se fosse un tatuaggio sulla pelle. Di certo ricordo la spensieratezza che vivevo tutti i giorni.
E anche la responsabilità e, addirittura la fatica: tra prove e studio noi iniziavamo al mattino per finire la sera, con la diretta in mezzo. Grazie a Gianni Boncompagni ho iniziato a conoscere quello che poi è diventato il mio mestiere». Era già determinata a lavorare nel mondo dello spettacolo? «Assolutamente no! Ero molto timida, magari sembravo spigliata ma non lo ero. Ricordo che nello studio la scenografia richiamava le quattro stagioni quindi un giorno Gianni Boncompagni mi prese da parte e mi disse: “Quando uscirai dai cespugli?”.
Perché mi nascondevo dietro la scenografia degli alberi per non farmi notare. Il suo sprone mi ha aiutato, ma non sono mai diventata esibizionista. Però devo ammettere che quando ho capito come sentirmi più a mio agio davanti alla telecamera non ho più smesso». Chi sente ancora delle sue compagne di avventura? «Negli ultimi anni, grazie ai social network, ho recuperato il rapporto con quasi tutte. Già prima sentivo Pamela Petrarolo, Miriana Trevisan e Cristina Quaranta. Lei vive a Milano, ma quando viene a Roma ci vediamo sempre.
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