Carla Fracci è stata una ballerina italiana riconosciuta a livello internazionale ed è stata la protagonista principale del teatro alla Scala di Milano. Oggi i media italiani confermano la sua morte. È stata la prima ballerina della Scala per molti e nel 1981 è stata insignita del titolo di “prima ballerina” dal New York Times. Nato nel 1936 a Milano. Studiò alla scuola di danza della Scala, dove debuttò nel 1955 e da cui rimase la prima ballerina. Divenne anche consulente culturale in Provincia di Firenze.
I suoi ruoli più importanti erano romantici e drammatici, ballava con i ballerini più illustri del mondo della danza: dai russi Rudolf Nureyev e Vladimir Vassiliev. Le sue memorabili esibizioni includono: Giselle, La Sylphide, Giulietta, Swanilda, Francesca da Rimini e Medea. La sua causa di morte è stata il cancro, una malattia che combatte da molto tempo.
Francesco Menegatti è il figlio di Peppe e della famosa ballerina, la più famosa di tutti i tempi Carla Fracci. Purtroppo quest’ultima è venuta a mancare proprio nelle scorse ore. Pare che da qualche tempo la ballerina più famosa d’Italia e non solo stesse particolarmente male, anche se in realtà non si sa che cosa abbia avuto. Poi nella notte scorsa le sue condizioni di salute sarebbero peggiorate fino a quando pochi minuti fa non è arrivata la notizia della sua morte.
Carla Fracci, muore la ballerina più famosa di tutti i tempi
Il mondo della danza ma in generale il mondo dello spettacolo, sembra essere rimasto particolarmente sconvolto da questa notizia. Fino a poco tempo fa l’ abbiamo vista in televisione e sembrava stesse piuttosto bene. Come abbiamo già avuto modo di anticipare, purtroppo non abbiamo notizie riguardo la sua situazione e non sappiamo quindi qual è stata la causa della sua morte. A piangere la scomparsa di Carla Fracci è sicuramente il figlio Francesco Menegatti, oggi un noto architetto. Ma cosa conosciamo di lui?
Francesco Menegatti, chi è il figlio di Carla Fracci
È nato nel 1969 ed è figlio di Carla Fracci e di Beppe Menegatti. La prima, come tutti sappiamo è una celebre ballerina conosciuta non soltanto in Italia, ma anche all’estero. Il padre di Francesco invece è un noto regista. I due si sono conosciuti intorno alla fine degli anni 50 e si sono sposati poi nel 1964. Il loro è stato un amore piuttosto importante e longevo, durato infatti tanti anni. Sembra che nel corso di un’intervista rilasciata dalla stessa Carla Fracci nel salotto di Serena Bortone A oggi Un altro giorno, questa avesse dichiarato come il loro è stato da sempre un grande amore. “Ci amiamo come il primo giorno, e si discute anche come il primo giorno”. Questo quanto raccontato un po’ di tempo fa dalla stessa étoile con il suo classico sorriso stampato sulle labbra.
Carriera e vita privata
Come abbiamo già avuto modo di anticipare, il figlio di Carla Fracci ovvero Francesco Menegatti ha deciso di non seguire la strada dei genitori. Ha studiato, si è specializzato ed è diventato un architetto. Per quanto riguarda la sua vita privata, sappiamo che si è sposato con Dina Nencini una donna dalla quale ha avuto due figli. Anche in questo caso così come i suoi genitori, Francesco condivide con la moglie non soltanto una relazione dal punto di vista sentimentale ma lavorano anche insieme. Sembra che Francesco abbia seguito tanto la madre nel corso della sua carriera e si sia tanto emozionato nel vederla esibirsi sui più grandi palchi.
La morte non seppellisce una stella anzi la porta in cielo. Così è e sarà per Carla Fracci. Resterà, al pari di Rudy Nureyev sul versante maschile, tra le divinità dell’arte che più somiglia alla trasfigurazione della materia corporale: la danza.
Siccome è immortale ne approfitto, da nanetto che parla male di Garibaldi, (per raccontarla da viva. Incantato dalla sua Giselle, diafana e leggiadra anche in età da osteoporosi perché il talento e il lavoro fanno balzare oltre gli anni, bisognerà pure che qualcuno scivoli al di là della danza, e discuta la sua figura pubblica, e quale parte abbia avuto nella cultura italiana. Pessima, divisiva, archetipo della superiorità morale ed estetica della sinistra.
Ne è stata una protagonista definibile con tre aggettivi in rima: coraggiosa, bizzosa, lagnosa. Si è appoggiata a quella parte politica convinta che l’avrebbe sostenuta, tipo Eleonora Duncan, nella sua volontà di promuovere il balletto, niente da fare. Si è rivolta violentemente contro governi e sindaci di centrodestra chiedendo la stessa cosa, e giustamente, purché però fosse lei e solo lei a fondare, dirigere, comandare. Ha perso.
Le sue interpretazioni, ormai solo da gustare con la memoria e con video bidimensionali, senza l’elettricità della sua presenza, sono storia. Ma è anche storia il suo non aver germinato frutti durevoli, ma solo rimpianti. Si di- Ciràcheè stato il destino di tanti artisti sommi.
Ma nel caso della Fracci non è stato solo destino cinico e baro: lei ci ha messo del suo. Se sul palcoscenico della Scala, e di ogni teatro dell’universo, è stata meravigliosa, miracolo di equilibrio vibrante, appena scesa, dietro le quinte, ma anche sopra, ha danzato solo sul piede sinistro. Un balletto scazonte. Parlo da brianzolo, gente volgare e provinciale, noi milanesi del Nord. Abbiamo sempre ritenuto il Duomo un miracolo minore rispetto a una giornata di pioggia dopo la siccità. Ma accidenti che superbo birignao aveva la signora, e proprio in nome dell’amore al popolo, purché votasse da quella parte là.
Per certi versi è stata per Milano come Franca Valeri, ha interpretato l’anima profonda della metropoli lombarda, in specie di certi quartieri di sciùri, bastava sentire la sua parlata per capirlo. Ma a differenza della Valeri, di sinistra ma universale, la «prima ballerina assoluta» (New York Times) non ha smesso un momento di trasformare la protesta verso la politica culturale deficitaria, che riteneva colpa della destra, in un lamento permanente per il suo essere trascurata e negletta. Avere un corpo di ballo, un’Accademia sua proprio sua. Lo ripete in una delle ultime interviste. Dice: «Ne avevo il diritto».
Era un mito sin da giovane. Il problema comincia quando chi sa di esserlo – e lei ne era perfettamente consapevole – ritiene un diritto che il popolo sovrano si inchini alle sue idee. E come Salomè, avendo inondato il re di bellezza, doveva avere sul piatto d’argento la testa decollata del nemico, e in sovrappiù metà del regno, vale a dire le sue idee di politica culturale specie nel campo dei teatri d’opera. Ma anche oltre. Persino sulle politiche migratorie, concetti rispettabilissimi, ma non per forza divini come la sua morte del cigno.
Quando se n’è andata perla prima volta dalla Scala, negli anni 60, fu per un balletto cancellato, e dimostrò un temperamento eccezionale, si espose al vento del giudizio internazionale e vinse. Rientrò a Milano come portata da cavalli alati, dominò le scene con Claudio Abba-do, dopo di che alla partenza del maestro di Ferrara, grande direttore, ammiratore di Amadeus Mozart e di Fidel Castro, si sentì orfana, e considerò l’arrivo di Riccardo Muti come una mediocre parentesi, seminando zizzania da vestale dei salotti alti, lei che pure era nata dal popolo, e aveva una ti gna da operaia come la madre e la consapevolezza sociale del padre tranviere. Se ne andò dalla Scala sdegnata e sdegnosa nel 1999. Non aveva avuto il posto che riteneva le spettasse di diritto, ma non smise di influenzare la crème in chiave anti-Muti, ovvio.
Traslocò all’opera di Roma nel 2000, dove diresse il corpo di ballo per dieci anni. Nel 2005 fu la bandiera della battaglia contro il governo Berlusconi accusato di distruggere la cultura italiana. Non è che l’étoile si limitasse a ritenere sbagliate le decisioni dell’esecutivo, protestando legittimamente. Ma no. Pensava proprio che a destra non esistesse cultura, un po’ come di recente ha sostenuto Andrea Scanzi, sia pure senza tutù (e si scusi la digressione molto in basso). Fenomeno per lei tipico della dittatura fascista e vigente in Italia. Da qui il suo intervento a una manifestazione della Cgil, pubblicato solennemente dall’ Unità, dove proclamò con un citazione in milanese della nonna Argelide che «la cultura la fa cascà la dittatura» Per questo ieri come oggi «i dittatori sono stati sempre nemici della cultura, della libertà di cultura». Il problema è che a far da dittatrice voleva esser lei.
Quando divenne sindaco di Roma Gianni Alemanno, e cercò di sistemare i conti in rosso dell’Opera di Roma, Carla Fracci gli balzò letteralmente in testa, e lasciamo perdere gli insulti che si sentì in dovere di esibire nel delirio dei propri fan. Arrivò anche qui come sua maledizione personale Riccardo Muti. Ecco che cosa uscì a tutta prima pagina nel febbraio del 2012 su «Italia danza» rilanciato in inglese dal sito Granmilan».
Titolo: «Carla Fracci, Riccardo Muti e la distruzione del balletto in Italia». Testo: «Da quasi due anni – cioè dalla partenza di Carla Fracci come direttrice – il Balletto dell’Opera di Roma sembra essere caduto preda di spiriti maligni, o almeno incompetenti, che hanno ridotto drasticamente la quantità e la qualità degli spettacoli. Il tutto agli ordini del famoso direttore d’orchestra, notoriamente dispotico e notoriamente nemico della danza». Te capì? La gelida manina di Carla si sente, eccome. Di certo con lei, su e giù dal palcoscenico, era vietato dormire. Sublime sulle assi, lieve come libellula felice; ruggente e sdegnata fuori scena, come pantera offesa. Sempre inquieta. Adesso che gliene ho dette quattro, confesso: mi manca di già.
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