L’effetto Mourinho si è già visto con ManChester United e Crotone. Non fosse altro perché i giocatori della Roma sanno bene che Mou è lì, davanti alla tv, a studiare bene qualsiasi cosa: movimenti, profili, qualità tecniche e capacità tattiche. Insomma, ogni partita è un esame, in grado però di regalare qualche motivazione extra in un finale di stagione che altrimenti sarebbe stato piatto. Ed allora anche stasera saranno in tanti quelli che devono dimostrare qualcosa, per cercare di convincere il portoghese a puntare ancora su di loro.
Il primo della lista è Edin Dzeko, che archiviata la parentesi Fonseca (con cui ha rapporti tesi da quasi un anno…) vuole dimostrare a Mourinho che può essere il centravanti della prossima stagione. Nonostante i 35 anni e nonostante quei 13 gol (di cui appena 7 in campionato) che sembrano una miseria per una punta. Dzeko, però, sente di aver avuto tante attenuanti ed è convinto che con un allenatore di carattere e personalità come Mou possa tornare ad avere anche quelle motivazioni massimali del passato.
Tra l’altro, stasera ci sarà anche la sfida a distanza con Lukaku, un altro che è legato a doppio filo con Mou: perché prima ci è andato in contrapposizione (al Chelsea, quando venne ceduto al-l’Everton perché voleva giocare di più) e poi ha trovato l’idillio giusto, al Manchester United. Già, proprio lì, dove Mou ha avuto anche Mkhitaryan, che come Dzeko deve dimostrare qualcosa. Non sulle qualità tecniche, ma sulla fame, la voglia e la motivazione sì. A Manchester tra i due ci fu qualche scintilla anche per questo. E prima di firmare il rinnovo con la Roma Micki vuole essere sicuro che Mou abbia cambiato idea sul suo conto. Come Pedro, che con il portoghese ha avuto un buon feeling al Chelsea e da quando ha saputo che sarà lui l’allenatore del futuro, ha ripreso a giocare come ad inizio stagione: con smalto e fantasia. Sarà un caso?
Ma sono anche altri i giocatori che devono convincere Mou, ad iniziare dal giovane Darboe, che partirà titolare anche stasera. Mou in lui vede tante qualità, la sfida è convincerlo che può far parte del progetto da subito, senza passare dalla strada del prestito altrove. Cristante (che è uno dei leader dello spogliatoio) è tornato a giocare a centrocampo e lì vuole dimostrare tutte le sue qualità. Esattamente come Karsdorp vuole allontanare le tante voci sui terzini destri e assicurare a Mou che può essere ancora lui il titolare del ruolo. Insomma, il portoghese sarà lì, con occhio attento. Toccherà ai giocatori far sì che quell’occhio sia anche altamente interessato.
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Quando il 3 novembre 1993 il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfa-ro fece il famoso discorso del «Io non ci sto», Romelu Lukaku era nato da pochi mesi, mentre Lautaro Martinez non era ancora neanche nei pensieri dei suoi genitori. Ma oggi quel «non ci sto» è sulla bocca di molti giocatori dell’Inter e in particolare dei due bomber nerazzurri. La piega presa nell’ultima settimana ha guastato le feste per uno scudetto atteso undici anni. Prima rincontro del presidente Steven Zhang con i dirigenti in sede (giovedì 6 maggio), quindi i rumors di quanto uscito fuori dal summit giunti ad Appiano il giorno successivo ai calciatori, confermati lunedì dal discorso del numero uno cinese alla squadra nel quale ha chiesto la rinuncia a due mensilità. Zhang ha spiegato le difficoltà della proprietà riscontrabili in altre big del calcio europeo, ma le sue parole hanno lasciato un senso di vuoto all’interno della squadra. Perché al di là della richiesta, che verrà rifiutata dalla squadra e che quindi costringerà la proprietà a cercare la soluzione alternativa, ovvero un accordo caso per caso per lo slittamento dei pagamenti al prossimo anno (se i giocatori aderiranno…), quello che è mancato è stato un ragionamento sul futuro. Cosa aspetta l’Inter? Quali sono i programmi di Suning per mantenere la squadra al livello raggiunto in questa stagione? Ecco, queste domande a cui Zhang non ha risposto (o meglio, non ha accennato a nessun argomento sul domani), hanno innervosito ulteriormente un gruppo che da mesi si sente abbandonato dalla proprietà e che si è cementificato fra le mura di Appiano sotto la guida di Antonio Conte.
CITY E REAL
Il “non” progetto illustrato da Zhang ha avuto come logica conseguenza una sfiducia da parte dei giocatori nei confronti della proprietà, di Suning. Anche perché sono negli occhi di tutti le immagini di quanto successo in Cina allo Jiangsu, vittorioso in campionato e sparito dai radar pochi mesi dopo con i giocatori ancora in attesa di stipendio. Lukaku e Lautaro hanno sempre dichiarato il proprio amore per l’Inter, ma rimangono giocatori ambiziosi e non vogliono vivere in un limbo, andare incontro a eventuali sacrifici, senza però avere in cambio un progetto chiaro. Per questo tramite i loro entourage hanno fatto già arrivare un messaggio chiaro alla dirigenza: se quello che ci aspetta è un forte ridimensionamento (oltre al discorso economico legato agli ingaggi di cui parliamo nell’articolo in basso), allora prendete in considerazione le offerte che arriveranno per noi. L’Inter bisogno di abbassare il monte ingaggi e cedere al meno un big per rientrare, ma non vorrebbe privarsi di determinati elementi. E’ ovvio, però, che di fronte a determinate offerte tutto potrebbe mutare e i prezzi per i due sono già stati fatti: per Lukaku servono 120 milioni, 90 per Lautaro. E ci sono già due club pronti a parlarne, ovvero il Manchester City di Guardiola, che vorrebbe regalarsi il belga, soprattutto in caso di vittoria della Champions; il Real per Lautaro (che cambiando agente dopo che i suoi vecchi procuratori avevano trovato a inizio 2021 l’intesa per il rinnovo, ha fatto intuire quali propositi avesse per il proprio domani).
Come detto, i due bomber non vogliono lasciare l’In-ter, ma non rimarranno a dispetto dei santi. Vogliono certezze, quelle che da tempo reclama anche Conte. L’incontro che il tecnico avrà con Zhang, presumibilmente la prossima settimana dopo Juve-In-ter o addirittura al termine del campionato (dunque da lunedì 24 maggio), sarà determinante per capire quale indirizzo prenderà la prossima stagione dell’Inter e, di conseguenza, quali saranno le decisioni finali dei giocatori che vogliono ripartire da Conte. Se il tecnico accetterà il progetto che Zhang gli illustrerà, vorrà dire che avrà ricevuto quelle garanzie di cui aveva bisogno e i giocatori potranno sentirsi sicuri sul futuro. Ma se Conte – e con lui i dirigenti, leggi Marotta, Ausilio e Orlali – dovesse fare un passo indietro perché non convinto del ridimensionamento, della politica di austerity e di un mercato low-cost con l’addio di alcune pedine fondamentali, allora tutto potrebbe succedere con i giocatori a quel punto pronti a spingere per la cessione, da Lukaku e Lautaro fino ad altri elementi che non avrebbero difficoltà a trovare una squadra pronta ad accoglierli (Bastoni, per esempio, attende da mesi il rinnovo e non sarebbe felice di continuare ad aspettare; Hakimi ha molte richieste, vedi Bayem e Arsenal).
Ti avvicini a Inter-Roma e pensi a José Mourinho. È come fosse la sua partita, il passato contro il futuro, le vittorie contro le speranze. Ancora meglio: sarà certamente la sua partita, la prossima stagione. Non sarà più quella di Paulo Fonseca. E chissà se resterà quella di Antonio Conte, il cui futuro all’In-ter è incerto, appeso com’è l’allenatore alla capacità della proprietà nerazzurra di garantirgli un progetto sportivo ancora vincente. Mou invece c’è già, convitato di pietra a San Siro. E stasera si gusterà lo spettacolo dall’osservatorio di Londra.
Mourinho e l’Inter è la storia. È un Triplete ma soprattutto un confine: qualsiasi allenatore arriverà alla Pinetina, da qui all’eternità, è destinato ad essere confrontato con il portoghese. In tutto: nelle metodologie di lavoro, nei risultati, nel rapporto con i giocatori, con la stampa, con il mondo Inter in toto. Una gioia e forse pure una condanna, per chi è venuto dopo di lui, un peso infinito da sopportare. Conte è riuscito in questa impresa. Non ha certo un Triplete da sfoggiare, Antonio. E chissà se avrà mai l’opportunità di inseguire quel sogno: oggi sembra pura utopia. Nell’attesa, si è divertito a diventare l’allenatore con la miglior media gol in campionato dai tempi della Grande Inter. E quindi, meglio anche di Mourinho. Conte in 73 partite di Serie A ha prodotto 160 gol, 2,19 a partita. José, tra il 2008 e il 2010, si è fermato a 1,91: trattasi di sorpasso in vetta, nessun altro tecnico nerazzurro dell’epoca moderna ha fatto meglio di questi due. Siamo sempre lì, ai confronti. «Gli auguro il meglio, tranne quando affronterà l’Inter», ha detto Conte la scorsa settimana alle Iene a proposito di Mou. Lo farà davvero? Riuscirà a incrociarlo? Dipende dall’incontro che avrà con Zhang, probabilmente subito dopo la partita con l’Udinese, alla fine del campionato.
Conte è per natura ambizioso, questo s’è capito. Vuole esserlo pure stasera, figurarsi l’anno prossimo: «L’obiettivo deve essere sempre quello di dare il massimo. La vittoria deve essere fissa nel nostro cervello», ha detto al canale ufficiale del club. Nessuna domanda su stipendi e futuro. C’è un grande agitarsi di voci, intorno a Conte. C’è chi è pronto a giurare che il Tottenham si sia già lanciato su di lui. Quel che è certo che il tecnico ha dolci ricordi della Premier e la Premier ha dolci ricordi di lui. Ma Antonio ha pure ambizioni di successo. Vale per qualsiasi squadra: possono gli Spurs garantirgli subito la chance di vittoria? Certo, Londra è già stata casa di Antonio. Oggi, ancora per poco, è pure quella di Mourinho. Da lì stasera José studierà ancora una volta quella che sarà presto la sua Roma. Chissà, magari a fine partita arriverà l’ennesima interazione social, lui che da una settimana a questa è diventato non solo lo Special, ma anche il Social one.
Ci sperano un po’ tutti, perché vorrebbe dire che la Roma avrebbe fatto ancora risultato. Esattamente come con il Manchester United e il Crotone. Ieri, intanto, Mou ha chiarito la sua filosofia in un’intervista con il trading partner XTB. E sono parole che riempiono il cuore dei tifosi romanisti. «Non lascio mai che i rumors esterni influenzino ciò che facciamo all’interno. La pressione nel calcio c’è sempre, perché ogni partita ha un significato diverso: un derby, una semifinale, una finale o una gara che vale tre punti. Il modo migliore per tenere lontana la pressione è prepararsi con costanza, in modo che i giocatori non sentano nulla di diverso. Dopo il fischio di inizio mi concentro solo sulla partita. E quando prendo decisioni importanti, mi assicuro di avere tutte le informazioni di cui ho bisogno a portata di mano». Ecco, il passaggio chiave è proprio questo. come dire, Se Mourinho ha scelto la Roma vuol dire che è certo del futuro giallorosso…
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