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E’ la messa in pratica – calcistica – del «ci vorrebbe un amico ». Una sicurezza. Cesare Prandelli che è tornato ad allenare la Fiorentina è come quando Sinisa Mihajlovic decise di rianimare il Bologna che in quel gennaio 2019 era terz’ultimo e squassato dalle incertezze.
Cesare ha risposto alla chiamata di Commisso così come Sinisa rispose alla telefonata di Saputo: entrambi, fra l’altro, l’hanno fatto 10 anni dopo quella loro prima volta in città. Amori che ritornano. Ed è anche per questo che Fiorentina-Bologna di oggi è il derby degli amanti nostalgici: gli amici che chiami quando hai bisogno di quattro parole in più, anche brusche. Cesare, Lollo e Franck Cesare Prandelli lasciò la Fiorentina nel 2010 per andare in Nazionale e vivere momenti belli (quasi bellissimi) e anche difficili (o molto difficili).
Ma prima, in viola, aveva aperto un ciclo fantastico sotto la guida della famiglia Della Valle e con addosso gioielli tipo Mutu e Gilardino, Pazzini e Liverani, Toni, Jovetic, Vieri e altra gente di livello. Cesare, che poi ha preso casa sopra Piazzale Michelangelo diventando di fatto un cittadino fiorentino, a Firenze ha vissuto momenti di vita duri ma anche di completezza, crescita, il raggiungimento del sogno per due annate di fila (la Champions League), la semifinale di Coppa Uefa, la crescita di giocatori importanti e quasi fondamentali, cinque anni in cui la Fiorentina diventava sempre (anche quando penalizzata) un fastidio per gli altri e mai per i suoi tifosi che ricominciarono a sognare e girare l’Europa.
Firenze come l’ombelico del suo mondo. In cui Commisso l’ha richiamato per salvare la squadra di oggi. In quella Fiorentina, Cesare prese dalla Lazio Lorenzo De Silvestri e durante quella doppia sfida contro il Bayern Monaco in Champions – che fu incredibilmente stravolta da un fuorigioco chilometrico non visto dall’arbitro Ovrebo – lo mise addosso a Ribery. De Silvestri oggi (scudiero di Sinisa) è un «bolognese» al Franchi: contro Ribery. Intrecci del destino. Sinisa, Nicolò e i serbi Cesare, poi, lasciò lo scettro viola al suo avversario di oggi: Pantaleo Corvino per la Fiorentina del post-Prandelli scelse Sinisa Mihajlovic, che in viola ha pagato due k.o. notevoli (Jovetic, «Il più grande talento che abbia mai allenato» disse Sinisa, la squalifica di Mutu) e anche diversi strali che via via arrivarono da parte della tifoseria, perché «sia che vincessimo – ha detto spesso Mihajlovic – o che perdessimo, il bersaglio ero io». Ecco, ancora una volta Sinisa entra al Franchi da… bolognese dopo quel Fiorentina-Bologna 4-0, addì 29 luglio 2020, un campionato fa.
«Non sono arrabbiato ma deluso, che è peggio» disse Sinisa. In lui, oggi e con una squadra che ha fatto 8 dei 15 punti in rimonta, ci sarà voglia di rivincita: sotto vari aspetti.Mail tema, ora, è un altro: Sinisa venne chiamato da Joey Saputo nel gennaio 2019 ovvero 10 anni dopo quella stagione 2008-09 in cui esordì da allenatore di Serie A, proprio in rossoblù. Venne chiamato per ristrutturare la casa: dal terz’ultimo posto il Bologna finì decimo. Nel suo staff, proprio in quei giorni, entrava per meriti professionali il già tesserato Nicolò Prandelli, figlio di Cesare, oggi ancora rossoblù nel settore della preparazione atletica. «Il rapporto tra padre e figlio è profondo – dice oggi Cesare –, ci sentiamo spesso ma questa settimana un po’ meno per rispetto reciproco. A fine gara lo consolerò. D’ora in avanti, e ha ragione Biraghi, saremo giudicati in base alla partita contro la Juventus: dovremo avere la stessa determinazione. Il Bologna è la squadra che verticalizza di più nel calcio italiano. Il mercato? Prima dobbiamo sfoltire». E Sinisa: «Sul mercato di gennaio non vogliamo prendere giocatori da valorizzare per gli altri: vogliamo gente per il nostro futuro. La Fiorentina? Squadra molto tecnica, Vlahovic è una forza della natura anche perché è serbo. Lì ci sono due serbi, caratterialmente per questo sono loro in vantaggio ma anche il mio Bologna sta diventando molto serbo…». Questione di carattere quindi. E di guide… innamorate delle città.
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