Angelo Licheri chi è il volontario che tentò di salvare Alfredino Rampi



Angelo Licheri è un operaio sardo nato a Gavoi (Nuoro) il 20 agosto 1944. Licheri è noto come l’eroe di Vermicino per via del suo disperato tentativo di salvare la vita al piccolo Alfredino Rampi, il bambino di 6 anni precipitato in un pozzo artesiano il 10 giugno 1981. Angelo, padre di tre figli, oggi è quasi cieco a causa  del diabete che gli ha causato anche l’amputazione di una gamba. Il dolore più grande però resta ancora sempre quello di non aver potuto salvare la vita al piccolo Alfredo.



Quanti fra noi avrebbe il coraggio di palazzi a testa in giù in un posto Largo 30 cm e Profondo 80 m? Sono passati 40 anni da quando, il 12 giugno 1981, Angelo Licheri, tipografo di origine Sarda, piccolo grande uomo del peso di 41 kg, ti offri volontario per questa impresa, nel disperato tentativo di salvare la vita al piccolo Alfredino Rampi, caduto in un pozzo artesiano presso Vermicino, vicino Roma. È giunto il momento perché il destino attraverso la buona volontà della persona forse ricompensare Angelo, per questo gesto eroico.

Una vicenda Che cosa è terribilmente L’Italia intera, che ancora rimane estremamente vivida nella memoria di tutti, quella del piccolo Alfredo. Mentre era a passeggio in campagna con il padre Ferdinando, verso le 19 del giorno 10 giugno 1981, il bambino chiese di poter e tornare a casa da solo a casa, che era poco distante. Durante il ritorno, Alfredo card in un pozzo profondissimo, aperto al lato della strada, come un trabocchetto, che era stato coperto con pochi pezzi di legno leggero dal proprietario di un terreno limitrofo.

Una trappola vera e propria, involontariamente creata da quelli incuria e approssimazione che sono spesso all’origine dei più tragici incidenti. Dopo circa mezz’ora i genitori cominciano a cercare il bimbo, ma invano. Alle 21:30. Le ricerche iniziano subito dopo, anche con l’ausilio di unità cinofile, ma solo verso le 24 un poliziotto si accorge dei flebili lamenti provenienti dall’interno di quel buco, coperto da un pezzo di lamiera.

In seguito si seppe, infatti, il proprietario del pozzo, quando la copertura disegno sfasciata, aveva coperto il posto con il bandone intorno alle 21, non immaginando che potesse esservi qualcuno dentro. Una prudenza decisamente tardiva. La vicenda di Alfredino fu seguita, in diretta, dalle telecamere per le successive 18 ore, e questa cronaca giornalistica continua Resi il fatto di grandissima notorietà presso l’opinione pubblica di tutto il mondo. Angelo Licheri, anche lui come tanti cittadini Italia, era incollato davanti al teleschermo. Non ce la faceva più a sentire quel ritornello ” ecco, quasi vicini al salvataggio di Alfredino ”, mentre quel bambino non saliva mai. ” vado a prendere le sigarette e qua sotto e torno ”, disse a sua moglie, in macchina e si presentò a Vermicino. Angelo e forse del padre morale di tutti i nostri volontari, perché fu proprio in seguito al tragico epilogo della vicenda di Alfredino che il presidente Pertini vuole istituire la Protezione Civile. Oggi ha 80 anni vive a Nettuno in una casa vecchia è piena di spifferi, con l’affitto che deve sostenere grazie alla pensione minima. È invalido al 100% negli ultimi due anni le sue condizioni di salute sono precipitate.

Il diabete gli ha già portato via una gamba e, per evitare di perdere l’altra, sottoporsi da poco un intervento di angioplastica. Dopo di labirintite continui capogiri, per questo devi uscire sempre accompagnato dalla moglie. Anche la vista è seriamente compromessa, vedo solo delle ombre e non può più leggere. Parlando con Angelo Licheri, ciò che più colpisce nella tua unità:

” io sono una persona paurosa, ci credi? Davvero! Quando una strada di notte è troppo scura, io non mi avventuro. Eppure quel giorno di tanti anni fa, senti una forza dentro di me che mi spingeva ad andare. Temo di essere stato licenziato non presentando nel lavoro, per il come temevo l’eventuale divisione della gente se avessi fallito., tuttavia la mia disponibilità su accettata, mi legarono come un salame e mi calare nel Po, che all’imperatore era Largo 40 cm, e che si sentiva sempre di più. Quando arriva in fondo, Alfredo rannicchiato, con le ginocchia contro il petto. Io ero strizzato in un buco di 28 cm. Ero riuscito a toccarlo, a tirargli sulle braccine che erano piegate sotto le ginocchia e dietro la schiena.

Vi prego, non chiamatemi “eroe”, non mi sento così, ho fatto solo un gesto di umanità. E poi non sono neanche riuscito a salvarlo quel povero bambino”. Per non dimenticare il suo gesto, per consentirgli di continuare le cure e sostenere una vita dignitosa, il Centro Alfredo Rampi Onlus, fondato 30 anni fa per volontà della signora Franca Rampi, mamma di Alfredo, ha recentemente organizzato una raccolta fondi (www.centrorampi.it, sezione ‘Sostienici’). Un anno fa anche l’Asso-ciazione Nazionale Vigili del Fuoco aveva versato direttamente dalle proprie casse un contributo per Angelo.

Tuttavia, quanto dureranno questi fondi raccolti grazie alla generosità dei comuni cittadini? Lichen, che pure è stato nominato Cavaliere al Merito della Repubblica, non riceve nessun aiuto dallo Stato, e lui, per nessun motivo al J mondo, lo chiederebbe. La legge £ Bacchelli non può aiutarlo, perché a quanto pare, essa è riservata a flg personaggi dello spettacolo. Non a  caso, recentemente, il cantautore Franco Califano ha deciso di chiederla per se, suscitando diverse polemiche).

La connaturata modestia di Angelo Lichen fa si che dalle sue parole non si possa percepire esattamente l’eroicità della sua impresa. La signora Rampi spiega obiettivamente le enormi difficoltà incontrate da quest’uomo nel suo tentativo: “Per poter imbracare Alfredino, Angelo Lichen si fece tirare ripetuta-mente su è giù dalle corde ferendosi tutta la gamba, continuamente sfregata sulla parete di roccia del pozzo, tanto do rimanere scorticata fino all’osso.

Angelo Lichen ha fatto il massimo, al di sopro di ogni soglia di sopportazione umana del dolore, ha rischiato la vita, è stato l’unica persona che è riuscito a toccarlo; è riuscito perfino a imbracarlo, ma non a portarlo in superficie perché le gambe di Alfredino erano piegate contro la parete, sollevate verso il bacino. Quando usci, Angelo era senza fiato. Non appena arrivai da lui, lo vidi così sfinito che non ebbi il coraggio di chiedergli nullo. Gli dissi solo: “Stai buono, stai tranquillo”. Desideravo con tutto me stessa sapere da lui cosa era successo, ma provavo per lui uno pena incredibile. Mesi dopo lo incontrai, mi raccontò che, forse Alfredo si sarebbe potuto salvare, scovando con un semplice attrezzo la parete del pozzo in modo che le gambe avessero avuto spazio sufficiente per scendere c permettere ai soccorritori di tirarlo in superficie. Dopo tre giorni di agonia, mi dissero che non c’era più nulla da fare, ci dissero che era morto”.

Il dolore di Franca Rampi è presto diventato dignità, per poi trasformarsi in coraggio e impegno. Il centro Rampi è stato per lei una nuova ragione di vita, che le ha donato la forza di andare avanti, affinchè non si ripetano più tragedie del genere e si possano salvare altre vite. “Dal 1981, nel nostro centro – spiega il vice presidente dell’associazione, Daniele Biondo – circa 240.000 bambini e  ragazzi partecipano o incontri con i professionisti della sicurezza, come Vigili del fuoco, volontari dello Protezione civile, speleologi e poliziotti.

L’obiettivo è quello di creare un villaggio della sicurezza dove simulare situazioni pericolose”. (Il Centro Rampi, nel 2011, c stato premiato con la Medaglia d’oro dal Presidente Napolitano per la sua attività). Le operazioni che, all’epoca, furono messe in pratica per Alfredo Rampi evidenziarono tutta l’inadeguatezza del sistema di soccorso di allora. Furono compiuti, involontariamente, errori madornali; fu scavato un secondo pozzo parallelo senza prima controllare la geomorfologia del terreno. Il secondo pozzo causò delle infiltrazioni d’acqua che fecero scivolare il bimbo ancora più giù. Altro grave errore fu quello di calare una tavoletta alla quale si sarebbe dovuto aggrappare il bambino. La tavola si incastrò a metà strada, complicando ancor più le operazioni. Per rimuoverla, prima di Angelo, un altro volontario di piccola corporatura si era offerto: Isidoro Mirabella, un piccolo muratore siciliano che fu battezzato, da allora, l”Uomo ragno’. Mirabella, una volta dentro al pozzo, cominciò ad avere dei problemi, secondo alcuni causati dalla difficoltà di respirare, secondo altri, dagli impacci provocati dal cavo del microfono che i tecnici Rai avevano calato nel pozzo. Fatto sta che gli fu impedito di proseguire. Isidoro è morto un anno fa. dimenticato da tutti e nella totale indigenza. Per evitare che anche Angelo Lichen venga dimenticato, la nostra rivista vuole offrire a tutti i lettori la possibilità di fare una donazione a favore di questa persona umile e coraggiosa, e vuole sollecitare il mondo politico a disporre per lui una forma di sussidio. Sarebbe un coerente riconoscimento per un cittadino realmente meritevole. un esempio per tutti i volontari italiani.



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