Juventus Fiorentina è il match della 13esima giornata del Campionato di Serie A 2020-21 in programma per martedì 22 dicembre 2020 alle ore 20:45. I riflettori sono puntati sulla squadra guidata da Andrea Pirlo in ripresa dopo un inizio di campionato altalenante.
Dove guardare Juventus Fiorentina in TV
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In versione Sergio Leone. Fabio Capello prefigura un bel triello da lotta scudetto: Milan, Inter e Juventus a giocarsela sino alla fine. Non specifica chi sia il buono, chi il brutto e chi invece il cattivo – Don Fabio – tra Stefano Pioli, Antonio Conte e Andrea Pirlo. Tuttavia non lesina riflessioni e approfondimenti sul tema e, probabilmente, lascia trasparire in particolar modo un po’ di sana ammirazione per quanto stia facendo il Milan, fors’anche inaspettatamente epperò di sicuro godibilmente assai.
«Per lo scudetto è una corsa a tre. Le squadre sono convinte della loro forza, hanno trovato un’identità e una quadratura – il parere del tecnico, intervistato da Xavier Jacobelli, direttore di Tuttosport, durante “La Politica nel pallone” , la trasmissione in onda ogni lunedì su Gr Rai Parlamento e condotto da Emilio Mancuso -. Fra i rossoneri c’è serenità, la mancanza del pubblico ha di fatto aiutato la squadra a crescere, i giocatori hanno più convinzione.
Il pubblico di San Siro è molto esigente e mette in difficoltà chi non ha molta personalità. Ma adesso anche i tifosi si divertirebbero. E’ una squadra di giovani che gioca con la spensieratezza dell’Ajax, una cosa molto bella da vedere. La spensieratezza ti fa esprimere tutto quello che hai dentro. Il Milan gioca bene, diverte e fa risultato. Ibrahimovic è stato fondamentale nel far crescere tutti quanti, la mentalità. Li ha supportati nel momento in cui è rimasto fuori. Vederlo stimolare i ragazzi è più che mai positivo, significa che è un piacere per lui insegnare e far vedere quello che ha imparato mettendolo a disposizione della squadra. E lui in campo fa la differenza. Ma grande merito va a Pioli».
Altra sponda: « Quanto all’Inter, beh, è tornata a giocare come faceva l’anno scorso: aveva provato a fare qualcosa di nuovo all’inizio con il pressing alto, ma non ha dato risultati, i nerazzurri subivano molti gol. Ora che è tornata al vecchio sistema, segna e subisce poco».
«La Juventus ha ritrovato se stessa. Pirlo ha fatto degli esperimenti, poi ha individuato la squadra e il sistema giusto. Tutti hanno capito cosa devono fare, la qualità è alta e si vede in partita. Morata fa le due fasi molto bene, ha una generosità unica, si integra perfettamente con Ronaldo. E Cristiano quando è in area è come un pesce in acqua, sente dove va la palla, è un giocatore importantissimo». A proposito di miti viventi: «Buffon? Mi fa piacere che Pirlo gli faccia giocare delle partite importanti, si è mostrato reattivo. Complimenti a lui e a Pirlo. Non so se sia l’anno buono per la Champions, ma la squadra ha trovato un buon equilibrio a centrocampo, che è il motore di tutto. McKennie è molto importante per dinamismo e attività. Davanti poi hanno due giocatori pericolosissimi in area. La difesa però evidenzia qualche difficoltà di troppo, li vedo a volte un po’ sorpresi in area. Forse l’unico punto debole della squadra, per modo di dire, mi sembra questo».
Due giudizi, infine, su due nuemeri 10 che ultimamente fanno discutere. Chi meno e chi più, ma entrambi al momento sono senza lode. «Le qualità di Dybala non si discutono, ma il bianconero deve correre di più e deve essere più partecipe all’azione e alle due fasi». Ancora più netto il giudizio sul caso Gomez-Atalanta, che ha catalizzato l’attenzione: «La società non poteva che essere dalla parte dell’allenatore. L’allenatore deve dimostare che tutti i giocatori sono importanti, ma non così importanti da rompere l’equilibrio. Il Papu non si è comportato da capitano e Gasperini ha dovuto prendere una decisione che porterà meno qualità. Ma il punto è che se l’equilibrio e la mentalità vengono rovinate, anche la bravura di uno come Gomez non è sufficiente».
La crescita del collettivo, iniziata con la sfida contro il Barcellona e culminata con la prestazione di Parma, ha soddisfatto Andrea Pirlo. Il salto di qualità della Juventus è passato soprattutto dal centrocampo, meglio organizzato, più solido e compatto, dove il tecnico bianconero ha abbondonato il principio di un centrocampo a due in favore di meccanismi e movimenti che prevedono la presenza di un elemento in più. E tra i centrocampisti, si sta ritagliando uno spazio sempre più fondamentale Rodrigo Bentancur: sabato a Parma ha svolto il ruolo di vertice basso, davanti alla difesa, offrendo una prestazione di altissimo livello sia a livello difensivo sia dal punto di vista tecnico.
Il percorso dell’uruguaiano è andato di pari passo con il centrocampo juventino: un inizio in salita, condizionato anche da problemi fisici, poi la progressione fino a diventare un elemento indispensabile per l’undici di Pirlo. La conferma arriva dai numeri: nelle prime sei gare di campionato (escludendo ovviamente Juventus-Napoli), cioè fino alla trasferta di Roma contro la Lazio, ha giocato titolare soltanto in tre partite, in una è riamasto in panchina e in due è subentrato per un totale di 276’ in campo; nelle successive sei partite, invece, è subentrato contro Cagliari e Benevento, ma dal derby in avanti Bentancur è sempre stato schierato dal primo minuto, per un totale di 399 minuti in campo. Non sorprende quindi che l’uruguaiano, insieme con Juan Cuadrado e Danilo, sia lo stakanovista della Juventus con 17 presenze complessive in stagione, includendo anche le sei su sei in Champions League, dove Pirlo non ha mai rinunciato a lui, sia che partisse titolare o dalla panchina.
Al Tardini l’uruguaiano è stato uno dei migliori in campo, agendo al meglio in cabina di regia, senza tralasciare il lavoro da incontrista, pronto a far ripartire l’azione come a contrastare gli avversari. Non a caso dai suoi piedi, sradicando il pallone a Sohm, è stata innescata l’azione che ha portato la Juventus allla doppietta di Cristiano Ronaldo. Uomo ovunque, Rodrigo, come mostrano le heat map, ma non solo: primo nei passaggi riusciti (17 su 19), primo nei cambi gioco riusciti (5 su 5), primo nei takle vinti (5 su 6), primo nei chilometri percorsi (12,355), primo nei palloni recuperati nell’ultima mezzora (2) e secondo nei palloni recuperati complessivamente (7), dietro a Hernani e Bruno Alves. Insomma, Bentancur si è rivelato uno dei giocatori più dinamici e ha svolto una ruolo fondamentale, assimilando i principi di Pirlo e applicandoli sul campo.
Con la continuità ritrovata Bentancur cancella anche uno dei suoi limiti, cioè prestazioni a intermittenza: sarà difficile per Pirlo tenerlo adesso in panchina, ma con le tante partite che aspettano la Juventus dal 3 gennaio in poi, avrà bisogno di riposare di tanto in tanto.
La Juventus insiste nella conquista dell’America. Merito di Weston McKennie, subito protagonista in bianconero, ma soprattutto di una nuova generazione di talenti statunitensi che sta esplodendo grazie anche alla crescita della Major League Soccer (Mls), il campionato locale. Il 22enne centrocampista juventino, primo americano nella storia del club e miglior giocatore Usa del 2020, si sta rivelando una delle novità più interessanti dei campioni d’Italia e di tutta la Serie A. Tra campionato e Champions League, Weston ha già collezionato 14 presenze, 2 assist e 2 gol (contro Torino e Barcellona). Il rodaggio dell’ex Schalke 04 è stato veloce. Questione di atteggiamento, sempre positivo, e di caratteristiche. McKennie è un esemplare unico nella rosa di Andrea Pirlo. Dinamite pura al servizio dei compagni. Preziosissimo nella riconquista della palla e devastante quando si inserisce in area con tempismo perfetto. L’impatto tecnico di McKennie è stato ottimo. E il suo sorriso, contagioso, sicuramente aiuterà l’espansione commerciale dei bianconeri negli Usa. Il numero 14 ha aperto la porta dell’America alla Juventus e alla Continassa ne stanno approfittando.
La Mls non è più soltanto un campionato per vecchie glorie e il dg Fabio Paratici, che ha un fiuto particolare per i talenti come ha dimostrato anche con l’intuizione McKennie, ha messo nel mirino diversi giovani che stanno decollando confrontandosi ogni settimana con giocatori del calibro di Higuain, Matuidi… Uno è Bryan Reynolds, 19enne di Dallas. Ma occhio anche Julian Araujo, coetaneo dei Los Angeles Galaxy. Sott’osservazione, stando a quanto filtra da fonti Usa, ci sono anche i giovanissimi Caden Clark (centrocampista 2003 dei New York Red Bulls) e Ricardo Pepi, attaccante del 2003 di Dallas.
Reynolds e Araujo sono entrambi del 2001: il primo è texano come McKennie, il secondo californiano. Quest’ultimo ha già esordito nella Nazionale maggiore del ct Gregg Berhalter. Laterali esuberanti e tecnici. In questo momento la pista più calda è quella per Reynolds. La Juventus c’è e fa sul serio, ma ovviamente non è l’unica in corsa per questi gioielli americani. Nel caso del terzino di Dallas è in corso un derby italiano con la Roma degli americani. I giallorossi del patron Friedkin si sono mossi concretamente, ma alla Continassa sono tutt’altro che rassegnati. I contatti sono continui.
Se McKennie, protagonista nella Juventus di Cristiano Ronaldo, è sicuramente un modello per i connazionali e di conseguenza rappresenta un bel jolly per i dirigenti bianconeri, il rovescio della medaglia è rappresentato dal fatto che con l’ingaggio di Weston (operazione da 30 milioni tra prestito, riscatto e bonus) i campioni d’Italia hanno esaurito i posti liberi per l’acquisto di giocatori extracomunitari. Ecco perché alla Continassa stanno valutando un’operazione Reynolds in sinergia con qualche club di Serie A, un po’ come successe nel gennaio 2019 con il Sassuolo per Merih Demiral.
Non solo viaggiatori che prendono d’assalto treni e autostrade per anticipare il lockdown. C’è anche un’altra fuga di Natale: quella di Milan, Inter e Juve. Nulla di clamoroso e definitivo, con due terzi di strada ancora da percorrere e inseguitori di valore che possono rientrare. Ma non succedeva da 11 anni che le tre squadre a strisce chiudessero l’anno in cima al campionato, davanti alle altre. Allora, stagione 2009-10, l’ordine era questo: Inter 39, Milan 31, Juve 30. Ora sono raccolte in quattro punti: Milan 31, Inter 30, Juve 27. Un fossato di 3 lunghezze le separa dal resto del gruppo. Vediamo come stanno.
MILAN Il gol lampo al Sassuolo (6” e 76 centesimi) racconta bene la ferocia con cui la squadra di Pioli aggredisce i match: 7 gol segnati nei primo 20’, contro i 4 dell’Inter e i 3 della Juve. De Zerbi è rimasto impressionato dall’impennata di autostima dei rossoneri che aveva affrontato pochi mesi prima. Ecco: entusiasmo e presa di coscienza della propria forza, dopo la rinascita di primavera, sono i propellenti che hanno spinto in cielo il Diavolo, oltre a una sempre più solida identità di gioco che ha consentito di attutire assenze pesanti, a cominciare da quella di Ibra. Si spiegano così i 25 risultati utili consecutivi. Le 33 partite di fila con almeno un gol (15 con almeno un paio) raccontano invece la qualità di un gioco coraggioso. Il rovescio della medaglia di una squadra giovane ed entusiasta è il rischio di pagare l’inesperienza, quando, nelle ore decisive, le responsabilità cominceranno a pesare. Anche se il carisma di Ibra, il Signore degli scudetti, compenserà. Bravo finora il Milan amascherare le assenze,ma, alla lunga, senza interventi di mercato, la differenza d’organico potrebbe farsi sentire. Il turno scorso è stato esemplare, con il solo Leao in campo a rispondere ai gol di Morata, CR7, Lukaku, Dzeko, Zapata, Immobile. E così pure il 20enne Kalulu, titolare per forza. Punti di forza: Entusiasmo, gioco. Punti deboli: Organico, inesperienza.
INTER Conte ha dovuto aspettare invece quasi un’ora per riuscire a segnare allo Spezia che ha avuto più possesso palla a San Siro, come lo aveva avuto il Napoli quattro giorni prima, sconfitto con il 60% di palla tra i piedi. Questa è la fotografia dell’Inter attuale: lascia il pallone e si prende i punti. Così ha piazzato un filotto di 6 vittorie che l’ha portata a un punto dalla vetta. Fallito il tentativo di spettacolarizzare il gioco, con pressing feroce e trequartista, Conte è rinculato nelle certezze del suo amato 3-5-2 che gli permette di spendere al meglio la fisicità di una rosa ricca che il mercato potrebbe ulteriormente ritoccare. Il prezzo da pagare è stata una riduzione della qualità di gioco, notata soprattutto negli scontri diretti: vinto solo quello col Napoli (di rimessa), pari con Atalanta e Lazio, sconfitta col Milan. Dal momento che, in un campionato così schiacciato al vertice, gli scontri diretti saranno decisivi, Conte è chiamato ad aumentare la ricerca di dominio, la fantasia creativa e il coraggio offensivo. Anche perché la squadra sa andare in gol con facilità: al momento ha il migliore attacco (32 gol). Lukaku (11) e Lautaro (5), che ne hanno firmati la metà, restano un’arma letale. La traumatica esclusione dalle coppe diventa l’asso nella manica di Conte per la corsa scudetto: avrà riposo e allenamenti che la concorrenza si sogna. L’Inter ha bruciato spesso energie esagerate in polemiche: dalle tensioni della stagione scorsa Conte-club, al caso Eriksen, alle scintille mediatiche sul Piano B. Ora il tecnico, pur senza coppe, pretende altro mercato. Il sogno scudetto passerà anche dalla giusta serenità. Punti di forza: Organico, niente coppe. Punti deboli: Gioco, tensioni.
JUVENTUS Non è vero che Pirlo ha cancellato Sarri, è vero il contrario. A Parma ha realizzato ciò che voleva il predecessore: una squadra capace di pressare e dominare dal primo all’ultimo minuto e di cercare il gol anche sul 4-0. Lo ha fatto nel giorno in cui il Liverpool ne ha segnati 7 al Crystal Palace, perché le grandi d’Europa fanno così, suonano a ritmo indemoniato la loro musica senza pause. Per cercare di adeguarsi ai parametri di Champions, la Juve rinunciò al «corto muso» dello speculativo Allegri e scelse un maestro di gioco. Sarri non fu accettato in spogliatoio. Pirlo, un amico, ha ottenuto altra disponibilità e con altri principi sta provando a europeizzare la Juve. A centrocampo ha scelto: McKennie, Ramsey, Bentancur. Se la Juve sarà sempre quella di Parma, arriverà il 10° scudetto, perché per individualità e panca non ha rivali. La sfida si gioca sulla continuità, che finora è mancata, e sulle distrazioni che potrà imporre la Champions League, forse non un’ossessione, ma di sicuro un desiderio ossessivo. Punti di forza: individualità, panchina. Punti deboli: continuità, distrazione Champions.
Se proprio dovessimo trovare un aspetto positivo in questa tristissima assenza di pubblico, non ci sarebbero dubbi: nessuno sente la mancanza di insulti e cori offensivi. E così, questa sera, nel settore ospiti dell’Allianz Stadium, non ci saranno “accoglienze particolari” per Federico Chiesa. Probabilmente (vogliamo sperarlo) non ce ne sarebbero state nemmeno con il passionale pubblico viola presente, ma considerando le recenti offese al fratello Lorenzo («Famiglia di mercenari, accidenti a tuo babbo e tuo fratello… », così i “leoni da tastiera” quando, a ottobre, passò all Juventus), diventa difficile mettere la mano sul fuoco sull’eventualità opposta. In ogni caso, non ci pensiamo.
Meglio riassumere il face to face con la Fiorentina come il suo primo e speciale di fronte a un passato che l’ha visto crescere, in altezza e nella testa, mettere i muscoli, affinare la tecnica e specializzarsi sulla fascia, dove oggi è un top in Italia. La piazza l’ha amato, tanti lo fanno tuttora, nonostante un “tradimento” che negli anni è diventato quasi una routine sull’asse Firenze-Torino. È l’imprevedibilità del calcio, dove spesso comandano denaro e, per fortuna, ambizione: quella di chi sogna di diventare grande scegliendo la squadra più forte degli ultimi nove anni.
E chi vuole realmente bene a Fede, questo l’ha capito. Gol tra Italia ed Europa Ieri Pirlo l’ha provato nell’undici titolare: dovrebbe iniziare a sinistra, largo nel 3-4-1-2, anche se non si escludono le classiche sorprese last minute. Comunque, nell’ottica di un turnover ragionato, dopo l’ottima prova di Parma dovrebbe partire dalla panchina Kulusevski con Cuadrado a destra, la coppia Bentancur- Rabiot centrale e McKennie incursore (così rifiaterebbe Ramsey) alle spalle di Morata e Ronaldo. Chiesa scalpita e dopo gli 8’ del Tardini vuole tornare protagonista. La testa è positivamente calda, idem un piede che ha rotto il ghiaccio pure in Serie A con la perla all’Atalanta di mercoledì scorso: dribbling secco sul diretto avversario e destro da applausi sotto la traversa con Gollini che ha potuto solo raccogliere. Nulla a che vedere con il colpo di testa del 2 dicembre, quando ha aperto il 3-0 sulla Dinamo Kiev con la complicità di un rivedibile Bushchan.
Allora andava bene così, ciò che contava era esultare per la prima volta con la nuova maglia e dare una soddisfazione enorme a papà Enrico. Quel giocatore era in fase di costruzione, diciamo così: oggi, invece, può essere già un qualcosa di più. Ricordi, crescita, sogni Il tecnico vuole il suo bene, non serve affrettare i tempi. Anche per questo finora l’ha utilizzato il giusto: 11 presenze in A (9 da titolare) e sei in Europa (4 dal 1’) per un totale di 1.082’ giocati. Se non è ancora una certezza, poco ci manca. Stasera Chiesa proverà a battere i sentimenti.Ok, arriviamo al dunque: esulterebbe in caso di gol? Più no che sì, dipenderà anche dal momento. Ma questo, nello sport attuale, conta relativamente. Federico è un ragazzo intelligente e l’epilogo amaro delle quattro stagioni in Prima Squadra non possono cancellare i ricordi: tra i tantissimiglianni conla Settignanese – dove ha iniziato -, quelli alla International School of Florence, grazie ai quali parla un ottimo inglese, l’amicizia con Bernardeschi e il rapporto speciale con Paulo Sousa, l’uomo che con Federico Guidi (suo mister conAllieviNazionali e Primavera) l’ha formato e lanciato nel calcio vero. Dicono che nei vari spogliatoi non abbia particolarmente legato con alcun compagno: potrebbe anche essere, forseperuncarattere pacato, riservato, allergico ai riflettori. È poco social, Fedex (il nickname su Instagram): la sua bacheca è un mix di viola, bianconero, azzurro e amore che lo porta alla sua Benedetta e a una famiglia bellissima formata da mamma Francesca e papà Enrico, dalla sorellaAdriana e dal fratello Lorenzo, attaccantemancino classe 2004 dell’Under-17 viola (tra l’altro, parecchio bravo a tennis). Federico lo segue sempre e sogna di vederlo tra i professionisti, magari per condividere anche la maglia della Nazionale. A Lori il talento non manca, tuttavia non sarà facile raggiungere il Fede di oggi. Lo stesso che, da ragazzino, faticava: pagava il fisico – dicevano -, capitava che facesse panchina per far spazio a gente che ha raggiunto almassimola D.Èilbello del calcio e delle sue storie: tra un po’, sarebbe bello raccontarne un’altra. Una come questa.
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