La pensione di vecchiaia, che è il trattamento pensionistico più classico e ricorrente, è una prestazione economica erogata, a domanda, ai lavoratori dipendenti e autonomi, in presenza di 2 distinti requisiti:
• il raggiungimento dell’età prevista per il diritto alla prestazione (l’età pensionabile);
• l’accredito di un determinato numero di anni di contributi versati (la cosiddetta
anzianità contributiva).
Questi requisiti variano a seconda della tipologia di attività lavorativa svolta (da dipendente, da parasubordinato o da autonomo) o dell’anno in cui si sia iniziata l’attività lavorativa. Per coloro che hanno incominciato a lavorare prima del primo gennaio del 1996, le regole da applicare sono quelle del sistema retributivo o misto, previsto dalla L. 335/1995. Per chi, invece, può far valere
solo contributi (non importa se da effettiva attività lavorativa o da riscatto oppure da contribuzione figurativa) versati dopo il 1995, i requisiti previsti sono quelli del sistema contributivo. L’evoluzione della normativa in materia di pensioni di vecchiaia ha fatto sì che oggi vi siano diverse tipologie di pensione di vecchiaia:
• la pensione di vecchiaia nel sistema retributivo o misto;
• la pensione di vecchiaia nel sistema contributivo, che si distingue a sua volta in: contributiva “pura” e contributiva a seguito di opzione;
• la pensione di vecchiaia nella Gestione Separata;
• la pensione di vecchiaia in regime di totalizzazione;
• la pensione di vecchiaia in regime di “cumulo” dei contributi accreditati in più fondi previdenziali pubblici o nelle Casse di Previdenza dei liberi professionisti.
A tali prestazioni la L. 232/2016 ne ha aggiunto altre due che, sotto il nome di “anticipo pensionistico”, meglio conosciute con l’acronimo “APE”, consentono a chi ha maturato i 63 anni di età di ritirarsi in anticipo per raggiungere la pensione. Si tratta di un progetto sperimentale, valido dal primo maggio 2017 e sino al 31 dicembre 2019, che si realizza attraverso due strumenti: l’APE
volontario e l’APE sociale.
Il primo è attuato con prestiti, erogati da parte di Istituti di credito tramite l’INPS, che dovranno essere restituiti, una volta ottenuta la pensione, in venti anni; il secondo, invece, è un sussidio, che non va restituito, erogato dallo Stato e rivolto ai soggetti in particolari situazioni di difficolta.
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