Controcopertina

Paris Hilton, piangevo sempre e avevo attacchi di panico



L’abbiamo sempre pensata così: ricca, viziata e cresciuta nella bambagia, un guardaroba sconfinato come il plafond delle sue carte di credito. Ma non è tutto oro quel che luccica. E Paris Hilton, la spregiudicata ereditiera, nipote del fondatore degli Hilton hotel, oggi racconta – nel documentario autobiografico This is Paris, in onda dal 14 settembre sul suo canale YouTube – di quando, a 17 anni, visse una delle esperienze peggiori della sua vita, bullizzata nel collegio dove i genitori l’avevano spedita per placare il suo animo ribelle.



Ai tempi viveva con mamma, papà e i fratelli al Waldorf Astoria, uno degli alberghi più lussuosi di New York: usciva di nascosto, faceva le ore piccole alle feste e in discoteca, spendeva un sacco di soldi. I suoi erano disperati, non sapevano più come domarla. Quindi decisero di mandarla alla Provo Canyon School, un istituto per ragazzi “irrequieti” nello Utah. «Capii subito che sarebbe stato orribile », ricorda Paris. E poi scende nei dettagli: «Avrebbe dovuto essere una scuola, ma alle lezioni non veniva dato peso. Dal momento in cui mi svegliavo al mattimo a quello di andare a letto la sera, c’era qualcuno che mi urlava in faccia, minacciandomi e dicendomi cose terribili. Era una tortura continua».

Come se non bastasse, gli insegnanti erano violenti, colpivano i ragazzi, mettevano loro le mani attorno al collo come per strangolarli. «Lo scopo era quello di farci crollare, di terrorizzarci affinché non disobbedissimo». Inutile cercare di comunicarlo a casa: i contatti con l’esterno erano limitati, i telefoni venivano sequestrati, le lettere stracciate. «Ripetevano che nessuno ci avrebbe creduto», accusa la Hilton. E quando qualcuno la faceva grossa, scattava l’isolamento: fino a venti ore chiusi in camera, come in prigione. «Ero a pezzi. Piangevo in continuazione, ero preda di attacchi di panico».

Durò undici mesi, poi Paris compì 18 anni e fu libera di andarsene. Ma una volta tornata a casa, non chiese giustizia. «Ero troppo felice di essere libera», ammette. «Provavo vergogna, volevo solo dimenticare ». Così tacque, si tenne tutto dentro. Fino ad oggi. A 39 anni, Paris non è più la ragazzina spaventata di un tempo, ma una donna forte e con le idee chiare. Non le interessa intraprendere azioni legali contro i suoi aguzzini, tanto più che all’inizio degli Anni 2000 la scuola è passata in altre mani e ora la gestione è differente. «Ma è giusto che si sappia cosa succedeva. Voglio che posti come questo vengano chiusi per sempre, e voglio essere la voce di chi ha subito abusi simili ». Tra qualche settimana, a guardare l’anteprima del documentario con lei, ci saranno anche mamma e papà. «L’incubo è finito. Ormai non ci sono più segreti».



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