Senza paura. Il Toro va a Napoli con un atteggiamento coraggioso. Attenzione, però: coraggioso non significa spavaldo. Nell’ultima settimana Moreno Longo, oltre che sull’aspetto fisico, ha martellato sulle teste dei suoi giocatori. «A Napoli – ha spiegato il tecnico a Torino Channel, non potendo sostenere la conferenza stampa causa ordinanze da Coronavirus – arriviamo con una settimana in più di lavoro, stiamo migliorando la condizione generale.
Nell’ultimo periodo ho visto un Napoli in grande condizione che ha superato il suo momento difficile grazie al grande lavoro di Gattuso. Ho rivisto una squadra umile con i suoi giocatori che si aiutavano l’un l’altro e curavano anche i più piccoli dettagli. Si vede che il gruppo sta rispecchiando il carattere del suo allenatore. Quindi ci aspettiamo un Napoli desideroso di continuare a fare bene ma nessuno in questo momento ha più voglia di noi. Di andare a far punti a casa loro, naturalmente». Sarà un Toro da corsa, almeno nelle intenzioni, figlie delle necessità.
E in effetti, numeri alla mano, questo era il principale problema della squadra granata che rispetto alle avversarie correva meno (di chiunque) e alla distanza crollava inesorabilmente. Quindi gli allenamenti sono stati moltiplicati sotto l’aspetto dell’intensità tant’è che alcuni giocatori sono usciti perfino malconci dal Fila. Ricordate la foto postata da Rincon in settimana con i polpacci ammaccati? E i mal di schiena di alcuni? Segnali di grande determinazione, se non altro.
Urge cominciare a fare risultati per lasciare le posizioni di classifica pericolose visto che i punti dalla terz’ultima (il Genoa) sono appena 5 con ancora tante partite da disputare. Il Toro, però, rispetto ai rossoblù, il Lecce, la Spal e il Brescia deve recuperare il match contro il Parma e non è un dettaglio di poco conto.
Carta canta: e in quel libro bianco, nel quale sono custoditi i «segreti» del Napoli, ci sono dati che inducono ad avvicinarsi con cautela al Torino, per non ritrovarsi «affogato» nell’acido lattico. Il tour de force è cominciato un bel po’ di tempo fa – per la precisione dopo la sosta di gennaio – e nei 54 giorni che vanno dall’Epifania ad oggi il Napoli ci ha infilato 12 partite.
E altre ne arriveranno, sul breve. Cambiare è una necessità, si direbbe un’esigenza, e Gattuso interviene come può e dove può, un pochino in difesa, probabilmente in maniera massiccia a centrocampo, e mediamente in attacco.
E’ un’altra squadra, quella che stasera affronta il Toro, e nella «rivoluzione» che sembra si intraveda, spiando i «fratini», ci sono almeno sei innesti freschi: il calendario non fa sconti, giovedì propone il ritorno della semifinale con l’Inter e poi ci sarà la trasferta di Verona, e val la pena intervenire ora che affiora la stanchezza. E allora: in porta Ospina è in lievissimo vantaggio su Meret; in difesa, Mario Rui va a riffiatare e Hysaj gli prende in posto; in mezzo, fuori tre su tre (nell’ordine: Fabian, Demme e Zielinski) e dentro Allan, Lobotka ed Elmas; Politano a destra sembra possa consentire a Callejon di vivere una serata in tranquillità e davanti più Milik che Mertens. Così pare e (forse) così è.
Prevale l’ansia in questa vigilia. E non la nasconde, Rino Gattuso. Perché la sfida col Torino dovrà dargli delle risposte che sta attendendo da tempo e che la squadra tarda a dargli. Ovvio che non sono in discussione gli ultimi risultati, perché quelli potrebbero cambiare la storia di questa stagione. Quello che vuole capire, l’allenatore, e cosa può dare il suo Napoli sul piano del gioco e del rendimento quando affronta squadre di media classifica. Non è casuale che abbia perso quattro delle cinque partite giocate al San Paolo contro formazioni che rispondono a questo target, ovvero, Parma, Bologna, Fiorentina e Lecce.
In pratica, quando s’è trattato di prendere l’iniziativa e d’imporre il gioco, il Napoli è andato in difficoltà, finendo poi per subire il ritorno degli avversari. Ed è questo il motivo per cui Gattuso si dice preoccupato. «Col Torino finalmente capiremo se siamo guariti. E’ l’avversario perfetto per renderci conto della nostra situazione. In campo manderò soltanto chi mi potrà garantire il 100 per cento», ha spiegato l’allenatore del Napoli che si aspetta dalla squadra un’inversione di tendenza sia per quanto riguarda l’approccio alla partita, sia per quanto riguarda il rendimento nei 90 minuti e, non ultimo, il risultato. «Se riusciamo ad affrontare il Toro con lo stesso spirito mostrato contro il Barcellona, facciamo un passo avanti dal punto di vista della mentalità. Questo significa essere campioni», ha spiegato l’allenatore..
I rischi Ne parla, Gattuso, con la consapevolezza di chi sa che questo è il momento cruciale della stagione. Col suo Napoli potrebbe conquistare la finale di coppa Italia, raggiungere il sesto posto e, quindi, garantirsi l’Europa League per la prossima stagione e, perché no?, tenere in piedi il sogno di conquistare Barcellona e raggiungere i quarti di finale di Champions League. E in quel caso entrerebbe di diritto nella storia del club, perché i quarti sarebbero un inedito per il Napoli. Gattuso, però, pone come condizione la gara di questa sera, che ritiene una sorta di crocevia per le ambizioni in campionato. «Il Torino non sta attraversando un buon momento, ma è una squadra forte fisicamente e con dei valori importanti. Ci sarà da battagliare e da soffrire, non dobbiamo tirarci indietro. Sono realista, a me piacerebbe fare un pressing ultra-offensivo, ma non possiamo farlo, quindi serve il giusto equilibrio. A me piace giocare a calcio ma senza tralasciare la fase difensiva e noi così dobbiamo continuare », ha osservato il tecnico napoletano. Gattusismo E’ il neologismo del momento. Che non piace all’interessato, però. Gli ultimi risultati gli hanno dato forza, ma lui non crede di aver inventato qualcosa di nuovo. «Lasciamo perdere. Restiamo concentrati sulla partita.
Il gruppo si sta sacrificando tanto, me ne sono accorto dall’atteggiamento di alcuni attaccanti come Insigne che non si tirano mai indietro. Dobbiamo essere un gruppo, non pensiamo agli affari personali, ci sarà tempo per affrontare tutte le questioni, come i rinnovi contrattuali. Non pensiamo che il momento difficile sia alle spalle. Non siamo diventati alti e biondi come Brad Pitt, mi auguro che i miei giocatori si considerino ancora brutti come me», ha detto serioso, l’allenatore. Il contratto E’ impensabile che in questo periodo non si parli del suo futuro. E’ opinione comune che potrebbe essere proprio Gattuso l’allenatore del nuovo progetto. Una conferma che il tecnico si sta meritando sul campo, coi risultati, certo, ma si deve a lui il risveglio di coloro che stanno rilanciando questo Napoli, ovvero Insigne, Mertens, Zielinski, Fabian Ruiz. Ma, quando si parla di futuro, Gattuso non va oltre il presente. «Mi piacerebbe restare qua e cominciare la preparazione estiva a Dimaro. Ho un contratto fino al 2021, ho una clausola d’uscita al 30 aprile, parlerò con il presidente e valuteremo. Adesso non è questa la priorità. Sapevo che sarebbe stato più difficile, ma sono in un grande club e ci sono tutti i presupposti per fare bene. Ho trovato tanto, ma ora pensiamo soltanto a questo finale di stagione», ha concluso l’allenatore del Napoli.
Qualcosa cambierà, Rino Gattuso. E’ previsto il turnover per la sfida di questa sera col Torino. Il ritorno della semifinale di coppa Italia, in programma al SanPaolo, giovedì, gli impone di distribuire per bene le energie. Resterà in panchina, Dries Mertens. Ma nel suo caso si tratta di una costrizione, perché l’attaccante belga sta recuperando dall’infortunio patito contro il Barcellona, nella gara di Champions League. L’entrata di Busquets gli ha procurato un forte trauma contusivo alla caviglia destra e l’allenatore preferisce non rischiarlo per averlo al meglio in coppa Italia. Dentro Milik A sostituire Mertens sarà Arek Milik che ritorna titolare dopo un periodo vissuto in panchina. L’ultima volta che l’attaccante polacco è andato in gol è stato a Genova, contro la Sampdoria, e Gattuso si affiderà a luiper scardinare la resistenza del Torino.
Centrocampo inedito E’ inmezzo che dovrebbe esserci la vera rivoluzione, nel senso che Gattuso dovrebbe tenere fuori i tre che fino ad oggi sono stati i titolari, ovvero Fabian Ruiz, Demme e Zielinski, per fare spazio a Allan, Lobotka e Elmas. Ovviamente, si tratta di supposizioni, suggerite dagli ultimi allenamenti. Proprio a centrocampo è più facile l’avvicendamento, perché i tre sono già stati collaudati, magari mai insieme,maa turno hanno dato un contributo importante agli ultimi risultati. Riecco Politano L’ex interista avrà a disposizione una nuova opportunità per dimostrare l’utilità del suo acquisto. Finora, ha convinto poco o niente, Gattuso lo ha utilizzato di tanto in tanto, senza avere avuto però risposte confortanti. Stasera, sostituirà José Callejon, mentre l’unico del tridente offensivo che dovrebbe essere confermato è Lorenzo Insigne. Una decisione che esclude ancora una volta Lozano, l’acquisto più costoso dell’era De Laurentiis (50 milioni). mi.mal.
La notte è fatta per segnare. Non è mai un dettaglio, non lo è ancora di più di questi tempi: il Toro è in cammino per ritrovare il feeling con il gol dopo cinque sconfitte di fila in campionato. A Longo la missione non spaventa, al punto che questa sera si presenterà a Napoli con la cavalleria pesante. E allora, rieccoli: Andrea Belotti e Simone Zaza insieme dall’inizio. A quattro mesi da quell’ultima volta in campionato, era il 30 ottobre, epoca di Lazio-Torino. Ritornano i “Gemelli”, dunque, in un Toro atteso sul palcoscenico del San Paolo in una versione che sa tanto di ritorno alle origini. Un paio di estati fa, questo Toro era stato pensato e progettato proprio intorno alla coppia di centravanti. Lungo la navigazione dell’ultimo biennio Simone e Andrea si sono un po’ persi di visti: tra infortuni e una filosofia che non ne prevedeva più la fusione. Filosofia che si era rimodellata strada facendo intorno al doppio trequartista. Ora è tutta un’altra storia, e la riproposizione dei due sarà il primovero segnale della gestione Longo. Zaza è la novità, Belotti il più atteso: la missione di riaccendere il Toro è nelle loro mani. Amici per la pelle Sono un po’ l’alfa e l’omega dell’attacco del Toro. Andrea e Simone da due anni condividono spogliatoio, esperienze, sono amici per la pelle eppure sono così diversi. Il Gallo sempre freddo, anche neimomenti di burrasca; Simone con un carattere più passionale e quell’ansia di voler dimostrare che lo divora continuamente. Potevano condividere anche il percorso in Nazionale, ma se Belotti è riuscito a inserirsi nei progetti del c.t. Mancini, Zaza un po’ alla volta si è allontanato da Coverciano. C’è adesso un aspetto che li unisce, ed è quella voglia matta di spezzare il lungo digiuno che entrambi stanno attraversando. Belotti è a secco da otto partite di fila (tra SerieAe Coppa Italia), dalla trasferta dell’Olimpico in casa della Roma di inizio anno, in tutto sono 780 minuti di astinenza: è la sua peggiore mini serie dal 2015. L’ultima volta di Zaza è addirittura precedente: era l’otto dicembre, storia di Torino-Fiorentina (poi finita 2-1). Ottantadue giorni fa, anche se in un mezzo Simone ha dovuto smaltire anche un infortunio che lo ha tenuto lontano dai campi per un paio di mesi. Resta sempre un’eternità per un centravanti.
Napoli, ti ricordi? Di coincidenze si riempiono le storie dei calciatori. Così, l’azzurro è anche un dolce ricordo per Simone Zaza: al Napoli ha segnato il gol che diede il primo punto in Serie A al Sassuolo. Era il 25 settembre 2013, in un mercoledì sera, al San Paolo: Zaza riprese il vantaggio di Dzemaili e la sfida finì uno a uno. Il 13 febbraio 2016 all’allora Napoli di Sarri, Zaza segnò allo scadere il più ricordato gol-scudetto della Juventus allo Stadium. Negli ultimi dieci giorni, Zaza si è allenato al Filadelfia con una voglia vista raramente. Ha convinto Longo. Ha mostrato quella voglia che è simile alla grinta mostrata ieri proprio da Longo nel dire: «Nessuno ha più voglia di noi di fare punti al San Paolo», il suo comento a Torino Channel prima di partire in una viglia anomala, senza conferenza causa emergenza coronavirus. Belotti giocherà la sua duecentesima in Serie A: Longo chiede a loro i gol per i primi punti della sua gestione. Anche perché la notte è fatta per segnare.
Sono trascorse dieci partite: e c’è un momento in cui, anche brutalmente, bisogna mettersi dinnanzi allo specchio e interrogarsi. E’ una domenica dolente e feroce, in cui non c’è nulla che valga la pena di assaporare: c’è veleno che scorre nelle vene e domande che restano inevase. E’ un tarlo che s’intrufola nel cervello, rovista fino al più spettinato dei pensieri, inquieta perché sembra cancelli anche il domani: quando Napoli-Lecce è finita, Gattuso rimane solo con se stesso, con le proprie ferite, che «sanguinano ».
Dieci partite su quella panchina, senza riuscire mai ad essere ciò che ha sempre voluto essere: un uomo – cioè un allenatore – assennato, accorto, saggio, capace di fronteggiare l’alta marea. E invece: quindici reti in dieci partite, come una provinciale qualsiasi, anzi peggio, e senza neanche recitare in quel modo. E’ in quella serata buia, ch’emerge completamente la frustrazione, che il Napoli esce dalla sua languida ossessione, si spoglia del 4-3-3, si dà una regolata in mezzo al campo, sistema una sagoma dinnanzi alla difesa e alle sue spalle, quelle di Demme, si lancia completamente tra le braccia dei nuovi corazzieri: di Maksimovic e Manolas conviene essere amici, osservateli bene, hanno un fisico con il quale è preferibile evitare d’incrociarsi e pure lo sguardo non è rassicurante. Ma non avevano (quasi) mai avuto modo di giocare uno a fianco all’altro: era successo con il Cagliari (ahia!), poi con il Brescia per un tempo e poi basta. Un po’ all’ombra del K2, e ci sta, assai vittime della sorte (infortuni sparsi, qua e là), fi no a Inter-Napoli: di là Lukaku, vuoi metter, e di qua un tandem (quasi) nuovo di zecca.
I NUMERI. Il Napoli di Gattuso, in campionato, ha sempre subito gol, tranne che a Cagliari; poi è rimasto imbattuto in coppa Italia, con Perugia e Lazio, e a san Siro ci ha aggiunto una dose di autostima, attraverso una partita di sacrificio, aggrappandosi a quei due Gulliver della propria difesa, che paiono come un ponte lanciato sul futuro, perché a giugno qualcosa accadrà, intorno a Koulibaly. Nelle ultime quattro partite, e Manolas e Maksimovic le hanno attraversate assieme, la media si è abbassata e la paura sembra essere sparita: gol (su angolo) a Brescia, poi la genialata sull’asse Busquets-Semedo- Griezman che ci sta, perché si può finire in Barça per una volta in un’ora e mezza.
LA DIGA DA 61 MILIONI. Manolas e Maksimovic sono i difensori più costosi della storia del Napoli e il greco ha appena (si fa per dire) battuto il serbo: ci sono voluti trentasei milioni di
euro per portarlo via a giugno 2019, con pagamento della clausola,alla Roma, undici in più di quanti ne servirono per arrivare al suo «fresco» socio, divenuto«oggetto» di un braccio di ferro con il Torino, che casualmente ricompare proprio ora sul suo cammino.
E con sessantuno milioni di euro complessivi, è stato possibile costruire una diga, risistemarsi l’umore, mica soltanto la difesa, sentirsi più coperto, più impermeabile, più vicino alla propria
identità, che Gattuso sta ancora inseguendo: ma almeno adesso non sembra ci sia neanche più uno spiffero di vento, nonostante sia sparita quella parete montuosa
del K2, che in estate, e ci sta, potrebbe spostarsi altrove. E magari senza accorgersene, Napoli ha aperto ad un’altra era.
La gara di stasera al San Paolo contro il Napoli, inaugurerà per il Torino il mini ciclo di partite che daranno un indirizzo chiaro al finale di stagione della formazione di Moreno Longo. Reduce da cinque sconfitte consecutive in campionato (sei se si considera il quarto di finale di Coppa Italia perso contro il Milan), la squadra ha l’obbligo di invertire la tendenza: in questo senso, il calendario e l’emergenza Coronavirus, se possibile, hanno ulteriormente complicato i piani. Dopo la gara di stasera in cui Belotti e compagni sperano di portare a casa un risultato positivo, infatti, ci sarà il doppio impegno casalingo contro Udinese e Parma; poi Cagliari.
Tutto in una settimana. La partita contro i friulani, inizialmente prevista per lunedì 9 marzo alle ore 18.45, è stata anticipata a sabato 7 alle 15. Contro il Parma, invece, il Toro giocherà mercoledì 11 marzo alle 18.30 nel recupero della partita che si sarebbe dovuta disputare il 23 febbraio e che è stata rinviata dalla Lega serie A per lo sviluppo in Piemonte del virus che sta tenendo sotto scacco anche il calcio italiano.
Dopo una gara, quella di oggi, contro un avversario proibitivo in trasferta, i granata avranno quindi a disposizione due partite consecutive all’Olimpico Grande Torino: un’occasione troppo importante per fare punti (il Toro non vince in casa dalla gara contro il Bologna del 12 gennaio) e – approfittando possibilmente anche del successivo impegno ravvicinato di Cagliari (domenica 15) – avvicinarsi all’agognata soglia dei 40 punti, unico obiettivo stagionale dopo che i sogni di gloria europei e quelli di alta classifica sono svaniti inesorabilmente. Raggiunto l’obiettivo minimo, successivamente il Toro potrà anche pensare di scalare la classifica e garantirsi un finale di stagione sereno. Intanto la società ha reso noto sul proprio sito che i biglietti acquistati dai tifosi per la gara contro il Parma del 23 febbraio saranno validi anche per il recupero dell’11 marzo (al netto di una possibile disputa a porte chiuse del match in questione, per il momento scongiurata).
Capitolo rimborsi: chi ha acquistato il biglietto cartaceo dovrà recarsi alla biglietteria dello stadio o nei punti vendita Viva Ticket entro il 6 marzo; il medesimo termine vale anche per chi ha acquistato i biglietti online (direttamente dal sito del Torino Fc o tramite il circuito Viva Ticket), seguendo la proceduta indicata sul sito. I rimborsi verranno eseguiti dal 12 marzo.
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