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E’ una partita che vale 5 milioni, cioè lo stipendio annuale lordo di un ottimo calciatore. C’è anche una motivazione economica dunque a spingere la Roma in Belgio, dove basta perdere con un gol di scarto purché si segni almeno una volta.



Peraltro, storicamente la Roma si trova a suo agio dopo le vittorie per 1-0 all’andata: su 12 precedenti, si è qualificata 11 volte. L’unica eliminazione risale ai quarti di Coppa Uefa del 1992/93, quando il Borussia Dortmund riuscì a ribaltare il risultato dell’Olimpico vincendo 2-0 al ritorno.

DISTRIBUZIONE. I 5 milioni sono frutto del premio dell’Uefa, 1,1 milioni, a cui si aggiungerebbe prevedibilmente nel prossimo turno un buon incasso al botteghino dell’Olimpico (1 milione) più la fetta di market pool che la Roma dovrà dividere da ora in poi con l’Inter. Per una società che deve far quadrare i conti con grande attenzione, è liquidità preziosa che alimenterà il fatturato. Passando il primo turno, intanto, il club si è già garantito circa 10 milioni, escluso il market pool spettante a ciascun Paese: quello andrà calcolato alla fine della stagione.

CLASSIFICA. E siccome nel resoconto economico ha un peso il ranking Uefa, conviene fare più partite possibile anche per la classifica europea dei club. Con la vittoria contro il Gent, Fonseca ha consegnato 2 punti che hanno portato la Roma provvisoriamente al quindicesimo posto, appena davanti al Napoli. Tra le squadre di Europa League, soltanto Arsenal, Manchester United e Siviglia sono più in alto. Il ranking conta ovviamente pure nei sorteggi: se la Roma dovesse riconquistare la Champions League attraverso il campionato, finirebbe nella seconda fascia. Se ricominciasse dall’Europa League invece andrebbe nell’urna delle teste di serie, dando per scontato che molte delle squadre che la precedono parteciperanno alla Champions.

Da queste parti Fonseca ci è già stato nel 2016, quando con il suo Shakthar Donetsk vinse per 5-3 (dopo il 5-0 dell’andata) nella fase a gironi di Europa League. A conti fatti, oggi si accontenterebbe anche di molto di meno, seppur è consapevole che sarà una gara complicata, per alcuni versi difficilissima. «Affronteremo una squadra fortissima, anche dal punto di vista fisico – dice l’allenatore della Roma -. Una squadra molto concreta e con buoni giocatori, come abbiamo avuto modo di constatare già nella sfida d’andata a Roma. Ma noi siamo qui per vincere, consapevoli che sarà importante segnare almeno un gol». Chi sa come si fa Ecco, il punto è proprio questo.

Il Gent in casa in questa stagione non ha mai perso e in Europa è imbattuto alla Ghelamco Arena da 11 partite (7 vittorie e 4 pareggi). L’ultima squadra straniera a batterlo è stato proprio lo Shakthar, poi a passare da queste parti sono stati solo i connazionali del Genk tre anni fa. Dopodiché più niente. Ecco anche perché stasera Fonseca si affiderà soprattutto all’esperienza, mettendo la Roma nelle mano di chi la differenza gliela può fare in ogni frangente: Dzeko per i gol, Mkhitaryan per la fantasia e Smalling per la tenuta difensiva. A loro tre l’allenatore portoghese chiederà uno sforzo in più, quello di prendere per mano la Roma e di portarla fino agli ottavi di finale.

Che poi sarebbe solo il primo passo verso il sogno di arrivare fino in fondo. «Ma noi non dobbiamo pensare al futuro, solo a questa partita. Posso dire con certezza dire che la squadra ha l’ambizione di vincere questa sfida e di andare avanti nella competizione. E per me è questo che conta ». Anche perché due di quei tre lì (Smalling e Mkhitaryan) questa coppa l’hanno già vinta con il Manchester United nel 2017 (e l’armeno ha sfiorato il bis lo scorso anno con l’Arsenal), mentre Dzeko nello stesso anno è diventato capocannoniere della competizione europea (privilegio toccato prima solo ad altri tre romanisti: Manfredini, Lojacono e Voeller).

A caccia di gol Ci sarà quindi da soffrire, ma questo lo sanno anche i giocatori. A iniziare proprio da chi dovrà trascinare il gruppo. Proprio come i vari Dzeko, Smalling e Mkhitaryan. «Per noi è una gara molto importante – continua Fonseca -. Dobbiamo giocare per vincerla, ma per riuscirci dovremo ragionare come se si partisse da 0-0. Il Gent in casa non ha mai perso e ha sempre segnato a ogni avversaria che è venuta a giocate da queste parti. E questo basta per capire quanto sarà complicata questa partita. Dovremo essere concentrati al massimo, perché vogliamo ovviamente passare il turno».

E per riuscirci sarà appunto fondamentale segnare almeno un gol. Ecco perché, con Pastore e Pellegrini ai box per infortunio, Fonseca sposterà Mkhitaryan alle spalle di Dzeko, in posizione di trequartista centrale. Al portoghese stasera servirà qualità, gli servirà di avere uno dai piedi raffinati alle spalle del centravanti bosniaco. Per costruire e inventare, proprio per essere pericolosi e segnare quel gol che costringerebbe il Gent a farne almeno tre per poter pensare di poter passare. «Sappiamo che sarà molto importante segnare un gol e giocheremo per questo – chiude l’allenatore romanista -.

Dovessimo pensare solo a difenderci non sarebbe la strategia giusta, questo lo sappiamo già in partenza. E per segnare dovremo avere ambizione, giocando con coraggio nella loro metà campo. Come sempre». Poi al resto, eventualmente, ci penserà proprio Smalling, che già nella sfida d’andata si è reso protagonista di un paio di chiusure decisive. Lì Depoitre e David non sono stati velenosi come potevano essere, ma probabilmente stavolta sarà tutto diverso. Ed allora servirà anche il miglior Smalling, quello che agli avversari di solito regala appena le briciole.

La pagina merita un refresh: nell’ultimo sedicesimo di finale giocato in carriera, Edin Dzeko ha segnato addirittura una tripletta. La Roma, in quel caso, vinse 4-0 in casa del Villarreal ottenendo la qualifi cazione: era la squadra di Salah e Alisson, che poi sarebbe stata scacciata dalle due coppe in pochi giorni, complici Lione e Lazio, con Spalletti concentrato soprattutto sul campionato. Stavolta Dzeko si accontenterebbe di un solo gol purché determinante per liquidare il Gent.

Uno per tutti, tutti per uno. In fondo, il suo contributo positivo si è già avvertito la settimana scorsa nella partita d’andata: l’assist per Carles Perez, una palla addomesticata e guidata con affetto paterno, è una giocata da grande trequartista, più che da centravanti. Nel calcio di Fonseca, in cui il singolo dovrebbe esaltare il collettivo, non è necessario esporsi in prima persona per attirare la gloria.

SPRONE. Del resto Dzeko è un capitano, prima ancora di un finalizzatore. Per questo, ragionando con i termini e i toni di un leader, ha raccomandato ai compagni di dimenticare la bella vittoria con il Lecce, invitandoli a dare continuità alle prestazioni per tornare a pensare in grande. Le parole pronunciate dopo Sassuolo-Roma, di critica all’atteggiamento dei giovani del gruppo che tendevano ad accontentarsi di un evento favorevole per poi ricacciarsi nei guai, sono state recepite nel senso buono dal gruppo (un po’ meno dalla società). Dzeko è un campione ambizioso, che il 17 marzo compirà 34 anni ma non ha ancora rinunciato all’idea di vincere un trofeo con la Roma. L’Europa League, un bel sogno per il momento, costituisce un’occasione.

RECORD. Gli obiettivi personali adesso sono un pensiero collaterale. Dzeko ha apprezzato il messaggio di congratulazioni per i 102 gol che gli è arrivato da Montella, al quale ha risposto in privato da buon vicino di casa, abitando nella stessa via del predecessore. Ma adesso nella sua testa c’è la volontà di sospingere la squadra, non la bulimia da gol. Più avanti tirerà le somme per capire dove sia riuscito ad arrivare: con 15 reti stagionali ha già superato il totale dell’anno scorso (14) e fissa nel mirino il podio dei marcatori romanisti di tutti i tempi. Dovrà scavalcare nell’ordine Pedro Manfredini (104), Rodolfo Volk (106) e Amedeo Amadei (111): per diventare medaglia di bronzo dietro a Totti e Pruzzo entro la fine della stagione dovrà dunque segnare 9 gol nelle partite che restano (almeno 14). Ma gli basterà superare il centravanti argentino per diventare il più prolifico cannoniere straniero della Roma. E pensare che nel suo primo anno in Italia, Dzeko era sembrato a molti un acquisto sbagliato.

CARICA. Il rinnovo del contratto, 7,5 milioni netti più bonus fino al 2022, lo ha responsabilizzato, ancora più della fascia di capitano ereditata da Florenzi. Ma è curioso constatare che nel periodo peggiore della squadra la sua efficienza realizzativa sia cresciuta: nelle ultime 7 partite ha prodotto 5 gol e 2 assist, mentre nelle precedenti 24 aveva erogato 10 reti e 3 passaggi vincenti. Di questo passo non sarà complicato per lui toccare quota 300: sono i gol segnati in carriera con i club. Grazie al punto contro il Lecce, offertogli a titolo di risarcimento dal Var dopo un fuorigioco mal segnalato, il suo score parla di 288 gol. Una discreta base su cui costruire.

Tutto scorre normalmente, nelle Fiandre, dove il Coronavirus è ancora una notizia lontana. Nessun controllo particolare all’aeroporto di Bruxelles, nessuno sguardo diffidente per le strade della città. E gli aerei erano pieni di tifosi della Roma: al netto di qualche rinunciatario, saranno oltre 1.000 a spingere la squadra nella nuovissima (e assordante) Ghelamco Arena. L’incognita è rappresentata dal meteo, che alterna spicchi di sole a precipitazioni con grandine. L’inverno a Gent non è ancora finito. SERENITÀ. Anche la squadra ha vissuto in leggerezza il viaggio verso il Belgio: due ore scarse di volo più un trasferimento in pullman di un’altra ora fino a Gent. I giocatori sono stati rassicurati sui pericoli del Corona-virus e hanno dunque affrontato la trasferta senza grattacapi particolari. Nell’allenamento di rifi nitura a Trigoria anzi gli animi erano piuttosto leggeri: si rideva e si scherzava durante il torello. Con la squadra hanno viaggiato anche diversi dirigenti: Baldissoni, Petrachi, De Sanctis, Zubiria e Bruno Conti. Petrachi in precedenza aveva assistito all’allenamento in solitudine, a bordo campo. L’amministratore delegato Fienga dovrebbe arrivare stamattina per il tradizionale pranzo con la delegazione del club avversario.

LA SPERANZA. In conferenza stampa, invece, è stato Justin Kluivert ad affi ancare Fonseca grazie alla conoscenza della lingua olandese che è di casa a Gent: «Sto imparando ogni giorno dai compagni più esperti: gioco in modo diverso rispetto all’Ajax ma per me è meglio, perché mi aiuta a crescere. Spero di migliorarmi sempre di più con la Roma, sono ancora giovane. Ho molta fi ducia in questa squadra e spero di aiutarla già a Gent a passare il turno»



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