Flavio si è fermato a Eboli. Nel paesino salernitano Insinna sta girando un reality che potrebbe intitolarsi il “Grande fardello”. Ovvero le tasse e come farne a meno. Protagonisti, gli abitanti di una via che hanno smesso di versarle e in totale autonomia provvedono alle spese pubbliche. Il progetto non ha nulla d’illegale, anzi, gode pure del sostegno dell’Agenzia delle entrate. Sarà interessante capire se funziona, ma per scoprirlo dovremo aspettare che vada in onda su Rai 3. Per ora è un mistero. E Insinna non aiuta a scioglierlo. Non risponde al telefono e col suo silenzio alimenta anche un secondo interrogativo su una vicenda più personale. Che fine ha fatto Roxana, che non è una donna, ma la sua barca di 15 metri? La domanda è legittima perché Flavio più di un anno fa aveva manifestato l’intenzione di donarla a Medici senza Frontiere per il soccorso ai migranti. Un bolide da 70 km l’ora, con tre cabine, interni in radica e velluto, non sembrava il mezzo più adatto per raccogliere disperati in fuga. Ma a inizio 2016 l’operazione sembrava conclusa, l’organizzazione aveva reso pubblica la donazione con tante grazie a chi l’aveva effettuata. Poi però deve essere successo qualcosa e Oggi ha scovato un documento che racconta un’altra storia. È un atto di vendita datato 4 ottobre 2016, quindi successivo alla donazione a Msf, in cui Flavio figura ancora proprietario della barca e la vende per 185 mila euro. Cosa vuol dire? Che Roxana non era mai stata donata? Ma come si spiega allora il ringraziamento di Msf? E perché Roxana è sparita dai radar e del suo destino non s’è più saputo nulla? Senza l’aiuto di Flavio, è stato necessario approfondire la questione su più fronti. E alla fine siamo riusciti a venire a capo di una vicenda piuttosto tortuosa. Che, meglio anticiparlo subito, conferma la generosità e l’altruismo del conduttore.
Il primo passaggio lo chiarisce Gabriele Eminente, direttore generale di Msf: «Quando Insinna ha deciso di darci la barca», racconta, «voleva aiutare i profughi siriani che rischiavano la vita nel tratto di mare tra Turchia e Grecia. Abbiamo accettato volentieri e abbiamo mandato Roxana in Egeo». È il mare in cui pochi mesi prima era annegato il piccolo Aylan Kurdi, il bimbo di tre anni che, riverso senza vita su una spiaggia, aveva rivelato al mondo il dramma dei profughi siriani. Il contesto è difficile, ma gli esperti di Msf sanno come utilizzare Roxana. È un mezzo veloce, può raggiungere rapidamente i gommoni dei migranti, affiancarli nella traversata e scortarli fino a destinazione. Il piano funziona, ma la missione non dura. «In quel periodo », continua Eminente, «le politiche dei muri e dei fili spinati hanno portato alla chiusura di quella rotta. Una barca con quelle caratteristiche non serviva più e l’abbiamo restituita a Insinna. Il suo gesto resta esemplare e speriamo sia d’ispirazione per chi ancora crede nella solidarietà». Ma perché Medici senza Frontiere non ha tenuto la barca, non l’ha destinata ad altri teatri di crisi umanitaria, o non l’ha venduta per ricavare fondi? «Insinna ha fatto una donazione modale», interviene un avvocato che conosce la vicenda e chiede di non apparire, «e cioè ha vincolato il dono a un impiego ben definito. Venendo meno l’impiego, decade anche la donazione». Dopo l’estate 2016 Flavio torna quindi in possesso di Roxana. Ma ormai ha deciso. Di un bene di lusso vuole fare un bene tout court, a vantaggio di chi è bisognoso. E ci riesce. Contatta la Comunità di Sant’Egidio che di Roxana non sa che farsene. Ma l’organizzazione umanitaria con base a Roma e ramificazioni in tutto il mondo, offre una soluzione alternativa: vendere la barca e utilizzare il ricavato per un corridoio umanitario dall’Italia al Libano per aiutare alcune famiglie siriane. «È stata un’operazione fulminea», racconta Stefano Carmenati, contabile di Sant’Egidio. «Il vostro documento è vero ma racconta solo una parte della storia. Flavio ha venduto la barca, e contestualmente ha donato il ricavato alla Comunità. Un gesto splendido che dopo un anno ha dato grandi frutti».
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