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l senso di AndreaPirlo per il calcio è racchiuso in poche righe che tutti possono trovare nella tesi discussa appena un mese fa a Coverciano: «La mia idea fondante è basata sulla volontà di un calcio propositivo, di possesso e di attacco, un calcio totale e collettivo, con undici giocatori attivi in fase offensiva e difensiva.



Manipolando spazi e tempi, abbiamo l’ambizione di comandare il gioco in ambedue le fasi». Stasera, quando risentirà dal vivo la musichetta che è stata la colonna sonora della sua prima vita, quella da calciatore, sicuramente al debuttante Andrea verrà un pizzico di malinconia, ma non durerà più di un secondo. Pirlo non ha tempo per distrarsi con ricordi e vecchie delizie, sa che la sfida di stasera conta tanto e sa anche qual è la sua missione: non solo vincere, com’è d’obbligo per chi siede sulla panchina di Madama, ma anche convincere, riuscendo dove hanno fallito i suoi predecessori.

Le certezze Andrea Agnelli gli ha chiesto esplicitamente lo scudetto, perché mancare il decimo dopo averne festeggiati nove di fila equivarrebbe a fermarsi a pochi metri da un record irripetibile, e di costruire una squadra che sia competitiva anche in Europa. Pirlo proverà a farlo a modo suo, ovvero senza rinunciare ai suoi principi.

Comandare il gioco resta la priorità, anche senza il migliore della truppa (Cristiano Ronaldo) e con una squadra che lavora insieme da poco e non ha ancora assimilato in toto i suoi concetti. Il Maestro è così, prendere o lasciare. Pronto ad assumersi i rischi e a esporsi alle critiche, ma sempre andando dritto per la sua strada. Il doppio pareggio di campionato non ha scalfito le sue certezze e neanche la Champions gli farà cambiare idea. A Kiev sarà ancora avanti tutta, con cinque giocatori offensivi, la difesa a tre in fase d’impostazione e il doppio mediano a centrocampo. Non cambierà il suo credo perché a Roma e a Crotone la squadra è sembrata ancora in costruzione e senza un’identità ben precisa.

Signora superstar «È importante vincere la prima partita, ma non c’è niente di facile, bisogna lavorare e riuscire a farlo nel poco tempo che abbiamo – ha spiegato ieri in conferenza stampa -. Solo con il lavoro e con la voglia si possono ottenere i risultati. Nessuno ha la bacchetta magica, ma i risultati portano una maggiore convinzione». A Kiev, indipendentemente da Paulo Dybala (uno dei dubbi che il tecnico scioglierà solo nella riunione pre partita), Pirlo non rinuncerà alle sue cinque stelle: Ramsey, recuperato dopo il problema muscolare accusato in nazionale, trequartista alle spalle di Morata e uno tra Kulusevski e l’argentino, il debuttante Chiesa sulla fascia destra con Cuadrado schierato a sinistra.

Cinque giocatori offensivi tra attacco e centrocampo per promuovere la sua idea di calcio propositivo e spregiudicato. Il ballottaggio A proposito dell’argentino, Pirlo ha spiegato: «Ho parlato con Dybala, era un po’ arrabbiato perché non è entrato sabato, domani sarà a disposizione, ma bisogna ricordarsi che viene da tre mesi di inattività. Inoltre è stato via gli ultimi 10 giorni, ha avuto un virus intestinale e ha dovuto prendere antibiotici. Sabato lo avevamo portato a Crotone per farlo giocare, poi siamo rimasti in dieci come a Roma. Ci sono situazioni e situazioni, comunque è qui e domani (oggi, ndr) decideremo. Prima o poi dovrà entrare in campo.

È un campione e un giocatore importante per noi. Può stare ovunque, se è vicino alla porta è meglio». Di sicuro il numero dieci (che è ancora a zero minuti in stagione) farà uno spezzone di partita, Pirlo dovrà decidere se è più utile mandarlo in campo dall’inizio o a gara in corso. L’allenatore e Dybala si sono chiariti a quattr’occhi dopo lo sfogo dell’argentino aCrotone.Il ragazzo si è scusato, ribadendo però la sua amarezza per non aver giocato e aver perso un giorno buono per allenarsi andando in trasferta. Pirlo stesso ha ricordato in conferenza che Paulo è tornato fiaccato dagli antibiotici e dai tanti voli, a maggior ragione forse sarebbe stato più saggio non convocarlo affatto. Dybalaonon Dybala, Pirlo ha un chiodo fisso in testa: comandare il gioco sempre, in Italia così come in Europa. Mircea Lucescu apprezzerà l’intraprendenza dell’allievo: il campo, e il tempo, ci diranno se è la strada giusta per vincere e convincere.



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