Soffriamo di mal di testa, dormiamo male e respiriamo peggio: ma non è il virus, è l’effetto della quarantena, che da molti giorni, ormai abbiamo perso il conto, ci tiene reclusi nelle nostre case. «Si può trattare di demotivazione, tristezza, insonnia, senso di stanchezza o debolezza, stato continuo di allerta e tensione per la paura di essere contagiato o per la paura che i propri cari stiano male», ci spiega Patrizio Paoletti, presidente dell’omonima Fondazione che, grazie a un team di neuroscienziati, psicologi e pedagogisti, propone progetti che promuovono la salute globale.
«Sono sintomi», prosegue Paoletti, «alimentati dai principali fattori di stress psicologico, che, come suggerito dalla neuroscienziata Wendy Suzuki, vengono dall’idea di non avere il controllo della situazione, dalla convinzione di non poter prevedere gli eventi, dalla mancanza di vita sociale e di svago e dalla sensazione che le cose vadano peggiorando. Quando abbiamo paura e si è sotto stress in modo continuativo, il nostro corpo è sempre in allerta.
In questo stato si producono in modo costante adrenalina, noradrenalina e cortisolo in eccesso, sostanze che indeboliscono il sistema immunitario, aumentano ansia e tensione, danneggiano il corpo, deviando i pensieri e le emozioni verso la depressione, stati di ansia e panico. Tra l’altro, più ci si trova in questo stato più, paradossalmente, ci si espone al rischio di contrarre malattie». È una catena da spezzare subito. Ma come? «Impedendo che paura, rabbia e tristezza prendano il sopravvento e cambiando il punto di vista sulla realtà», dice Paoletti. «Queste emozioni, che consumano la nostra energia e la capacità di guardare al futuro, non devono essere negate, ma riconosciute e superate: scegliere di cambiare l’interpretazione che diamo agli eventi, concentrandoci sul bene che c’è nel male, ci mette su una strada verso il benessere fisico ed emotivo».
Fare costante attività fisica, ascoltare la nostra musica preferita, leggere un libro che ci incuriosisce, imparare a parlare una lingua o a fare una crostata non sono piccole cose. «Queste attività offrono al cervello stimoli che attivano la produzione dei neurotrasmettitori che ci permettono di essere felici, ottimisti e in forma: serotonina, endorfina, dopamina, ossitocina». E, ancora, suggerisce Patrizio Paoletti, no all’assorbimento continuo delle stesse notizie che vanno a rullo in Tv, sì a stimoli, letture, programmi di informazione attendibili che non creino allarmismo o confusione. «Perché più ci preoccupiamo e stiamo in tensione, più siamo alla mercé degli effetti della paura».
Funziona, che si trascorra la quarantena da soli o con la famiglia. «Tantissime persone stanno affrontando questa situazione in solitudine», dice Paoletti, «e in questo caso è facile che si insinuino tristezza, pensieri negativi e mancanza di fiducia nel futuro, o che riaffiorino vecchie ferite, sensi di colpa o rimpianti. Non siamo abituati a stare da soli e l’esservi costretti ci può mettere in difficoltà perché ci restituisce le nostre scelte come sotto una lente di ingrandimento. Chi invece è in famiglia avrà visto la propria casa trasformarsi in ufficio, asilo, scuola, parco giochi e palestra. Vita familiare, lavorativa e scolastica non sono più separate, condividono stanze e orari.
Allora eccoci tutti alle prese con la sfida di creare una nuova routine, grande amica nei momenti di incertezza, perché quando decidiamo in quali attività saremo impegnati utilizziamo aree del nostro cervello specifiche, quelle coinvolte nei processi decisionali e nel pensiero esecutivo, riducendo il numero di variabili che la nostra corteccia cerebrale deve valutare. Questo processo fa crescere la percezione della fiducia in noi stessi facendo diminuire ansia e preoccupazione ».
In altre parole, stabilire una routine non serve solo a evitare che i figli litighino perché uno ascolta la musica quando l’altro deve fare i compiti, ma anche a farci sentire più sereni. «Bisogna che questo diventi per i bambini un momento in cui possono imparare, e non un evento che ne blocchi crescita e sviluppo», aggiunge Tania Di Giuseppe, psicologa della Fondazione Patrizio Paoletti. «Per questo abbiamo realizzato un vademecum, in collaborazione con la Protezione civile, che si rivolge ai genitori, guida dei bambini e unico filtro della realtà per loro in questo momento». Poi ci sono gli anziani, vittime dell’emergenza anche dal punto di vista psicologico, come raccontano loro stessi al numero verde 800 858440 attivato dalla Fondazione Paoletti. «Chiamano da tutta Italia», racconta la psicologa. «Molti hanno figli e nipoti lontani e hanno visto la loro quotidianità ridotta al minimo.
Spesso soffrono di non poter andare al cimitero a trovare i loro cari, provano tristezza, dubbi sul futuro. Ma è anche vero che quando si lasciano guidare riescono a comprendere che, se in passato sono stati capaci di affrontare tante difficoltà, riusciranno a superare anche queste». Per loro, e per tutti, ribadisce Patrizio Paoletti, la parola magica è “scelta”. «Solo trasformando i condizionamenti in condizioni e le condizioni in opportunità riusciamo a non subire ciò che accade, ma a usarlo per andare dove vogliamo». Anche partendo dalla clausura: rinchiusa in casa, non per una pandemia ma per le leggi razziali del 1938, era anche Rita Levi Montalcini. Da lì cominciò a fare ricerca nel laboratorio clandestino creato nella sua camera da letto, iniziando il cammino verso le scoperte che 45 anni dopo le fecero vincere il Nobel.
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