L’argomento del giorno, dunque, resta il coronavirus e il modo in cui la paura del contagio sta facendo cambiate i piani anche ai vip. Dopi le sorelle Ferragni, anche Carlo Verdone annuncia un cambiamento di programma a causa di quello che sta succedendo e l’arrivo nei cinema del film Si vive una volta sola viene cancellata?
Coronavirus la paura
Ebbene sì, ancora una volta siamo costretti a raccontare come la vita quotidiana delle persone sta cambiando a causa del coronavirus. La paura ha fatto sì che le persone svuotassero i supermercati per poter vivere in quarantena al fine di evitare così il contagio.
La paura del coronavirus ha invaso anche la vita quotidiana delle persone che lavorano nel mondo dello spettacolo, come dimostrato dal fatto che alcune trasmissioni hanno deciso di andare in diretta, ma senza il pubblico al fine di prevenire il contatto di folla in spazi ristretti. Ma il tutto non finisce qui, ed ecco che anche nel mondo del cinema le cose stanno cambiando.
Carlo Verdone, cancellato il film per via del coronavirus
Nel corso della giornata del 24 febbraio del 2020, l’attenzione mediatica si concentra sulla decisione presa da Elettra Lamborghini di cancellare due delle date del suo tour in store per evitate così la creazione di piccoli punti di aggregazione che, inevitabilmente, il Ministero della salute ha chiesto di fare nei dieci consigli da mettere in atto al fine di difendersi dal contagio.
Allo stesso modo ecco che alcuni impegni in ambito cinematografico cominciano a saltare, venendo momentaneamente cancellati. La stessa cosa è successa a Carlo Verdone per il film Si vive una volta sola il cui trailer era già stato fatto vedere non molto tempo fa sia sul web che in televisione.
“Non si sa quando esce”
A quanto pare, Carlo Verdone in occasione di una lunga intervista rilasciata a Mara Venier, ecco che l’attore parla del coronavirus e di come questo ha cambiato radicalmente i suoi impegni lavorativi.
In particolar modo, Carlo Verdone ha parlato di quello che sta accadendo alla promozione del film Si vive una volta sola e ha dichiarato: “Non si sa quando esce. Siamo nelle mani dei medici, virologi e infettivologi”. Successivamente, ecco che l’attore romano conclude il suo intervento fatto durante l’intervista rilasciata a Mara Venier affermando: “Comunque dobbiamo essere fiduciosi, sono sicuro che l’emergenza rientrerà e presto avremo anche un vaccino, le notizie che arrivano dall’Australia sono positive”.
Carlo Verdone torna al [cinema e lo fa con una commedia ricca di scherzi, equivoci, ma anche tanta tenerezza, dando grande valore al sentimento dell’amicizia. In Si vive una volta sola, l’attore e regista romano interpreta il chirurgo Umberto Gastaldi e torna alla commedia corale che tanto gli aveva dato in passato, nonostante anche il film Benedetta Follia con una grande coppia di protagonisti (lui e Ilenia Pastorelli), avesse convinto pubblico e critica.
Al suo fianco un cast eccezionale composto da Max Tortora, Anna Foglietta e Rocco Papaleo. Abbiamo avuto modo di chiacchierare con lui del nuovo film e di come sta cambiando il cinema italiano: ecco cosa ci ha raccontato.
Che sorpresa in sala operatoria!
Carlo, conosciamo ormai tutti le sue qualità di farmacista: come si è sentito a interpretare un medico chirurgo? «Lasciamo stare la passione-per la medicina, non ne posso più quando me lo ricordano! (Ride, ndr). È vero, non avevo mai interpretato questa professione in un film.
Avevo un medico vicino che mi dava le indicazioni sul set, ma poi ho scoperto in sala operatoria un vero e proprio mondo. I dottori parlano tra loro di cose normali come della Roma o di dove andare a cena, non me lo immaginavo così l’ambiente durante un intervento in sala operatoria. Ho assistito ad alcuni interventi ed è stato persino divertente. Vorrei poi chiudere qui una diceria che va avanti da anni: non sono ipocondriaco! Tutto quello che so l’ho appreso documentandomi, tutto qua».
Qual è il filo rosso che lega la narrazione in Si vive una volta sola? «Si vive una volta sola è un film sull’amicizia, su personaggi autorevoli nel lavoro e smarriti nella vita privata. Una équipe medica che coltiva l’amicizia anche fuori dell’ambiente di lavoro, questo stare troppo insieme consuma l’amicizia e la fa scadere nella goliardia».
Il suo personaggio è eccellente nella vita lavorativa, meno in quella privata. Pensa che in molti possano riconoscersi in questo film? «Capita a molti di sentirsi dei grandi manager sul lavoro, ma dei falliti nella gestione della vita privata, ne conosco tante di persone che vivono questa situazione. Questo film fa capire che in fondo siamo tutti sulla stessa barca».
Mi piace esaltare i miei attori
Dopo Benedetta Follia torna a dirigere un film corale in cui non è l’unico grande protagonista, come mai questa scelta? «Avevo bisogno di fare un film corale dopo due con una coppia di protagonisti, penso che questo sarà il comune denominatore dei miei prossimi lavori. E arrivato il momento di condividere i miei film con altri attori. Mi piace stare in mezzo agli altri ed esaltare qualcuno che sta percorrendo magari per la prima volta questo difficile percorso, aiutare un esordiente è gratificante. Io sono molto attento a custodire i miei attori, che in questo film sono stati particolarmente bravi e mi hanno aiutato a trovare il giusto equilibrio».
In Puglia ho trovato solidarietà
L’Anica ha diffuso i dati riguardanti il bilancio del pubblico in sala nel 2019: rispetto all’anno precedente c’è stato un incremento importante. Pensa che il cinema italiano sia in ripresa? E se sì, qual è il segreto di questa rinascita?
«La verità è che i film si scrivono e si fanno meglio. G’è stato uno scatto importante da parte nostra, una riflessione che ha portato a un approccio diverso e i risultati parlano chiaro. Non dico che il pubblico sia tornato interamente come quando il nostro cinema era il più bello del mondo, ma questo trend è molto importante.
Dobbiamo lavorare e dare il massimo, dobbiamo fare commedie intelligenti che lascino qualcosa al pubblico quando esce dalla sala. Dobbiamo creare un’occasione di confronto e condivisone».
In questo film va per la prima volta in Puglia, una terra che ha spesso lodato, salutando momentaneamente Roma. Come mai questa scelta? «Arriva un momento in cui fare i film con Roma co-protagonista diventa pesante, rischi di stare sempre nel solito clima e di fare come me per 40 anni.
Non ce la fai più a un certo punto e devi andare via. Penso che i miei film più belli io li abbia fatti fuori dalla Capitale, nonostante anche qui ne abbia fatti di belli. La Puglia mi ha dato una suggestione importante, dovevo fare qualcosa di particolare perché c’erano grosse aspettative. Certo, sono andato nelle masserie costose, però quella terra mi ha dato dei colori diversi e fatto scoprire una grande premura e solidarietà nelle persone. Abbiamo avuto anche lì una piccola Cinecittà».
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