La villa di Roc Agel è l’epicentro della vita familiare dei Grimaldi. Assunse questo ruolo nel 1957, quando fu acquistata da Ranieri per offrire ai figli – Caroline era già nata, Alberto sarebbe arrivato l’anno successivo, Stéphanie nel 1965 – e alla consorte Grace un luogo immerso nel verde, al riparo dagli obiettivi dei fotografi, ideale per liberarsi dalla soffocante rigida etichetta di corte. Fu dunque scelta questa altura sopra Montecarlo, Agel appunto, raggiungibile dopo una serie di curve a gomito, la maggior parte delle quali non protette da guard rail.
Su questa strada, nel 1982, la principessa Grace perse il controllo della Rover su cui viaggiava con la figlia minore. Morì così. Una tragedia che ha segnato il cuore di tutti, famiglia e sudditi, e che poteva avere come conseguenza quella di dichiarare maledetta la residenza. Ma la storia ha deciso diversamente. I principi di Monaco hanno continuato a trovare in Roc Agel un luogo di conforto e protezione. E sta succedendo anche oggi, in piena emergenza coronavirus.
Perché qui si trovano in isolamento, assieme alla madre, Jacques e Gabriella, i gemellini di Alberto e Charlene. Il futuro di Monaco e della dinastia Grimaldi si trova in questa enclave, mentre Palais è in piena emergenza contagio. Alberto II è positivo al virus, primo capo di Stato in questa condizione. Il sovrano si è sottoposto al tampone lunedì 16 marzo, in forma anonima, «perché non volevo che l’attenzione dei medici privilegiasse me rispetto ad altri malati», ha detto. Sua altezza, appena avuto il responso, non ha esitato a informare i suoi 40 mila sudditi ma, soprattutto, ha immediatamente attuato un piano, forse già pronto da settimane, per allontanare da Montecarlo Charlene e i bambini. «Il 14 marzo ho festeggiato il mio compleanno. Eravamo in pochi e ho contattato direttamente le persone appena ho avuto il sospetto di essere infetto», ha raccontato Alberto. «I gemelli già non li vedevo da qualche giorno perché avevano accusato un principio di gastroenterite. Eravamo appena tornati dalla montagna [Courchevel, nella regione francese della Savoia, ndr] e li ho spediti nella casa di campagna per precauzione.
Non li bacio da molti giorni e sì, mi mancano, ma l’isolamento è necessario per garantire la sicurezza di tutti, la loro per prima». Alberto è isolato nei suoi appartamenti di Palais dal giorno del tampone. «Il primo sintomo che ho notato è stato un attacco di raffreddore, durato un paio di giorni. Mi sentivo costipato, ma niente di più. La febbre non era ancora comparsa, ma ho ritenuto necessario sottopormi al test perché un membro del governo con cui avevo avuto contatti stretti, come con tutti gli altri componenti del gabinetto, era risultato positivo. Dopo il tampone, però, l’attenzione dei medici sulle mie condizioni – e per questo li ringrazio – è stata massima e giustificata dal fatto che un paio di anni fa ho affrontato una seria polmonite. Appartengo dunque a una categoria a rischio: ho più di sessant’anni e ho accusato una patologia purtroppo assai comune a chi viene infettato dal virus».
Negli ultimi giorni il mondo scientifico sta sperimentando l’utilizzo combinato di diversi farmaci come la clorochina – principio attivo usato nel trattamento della malaria – che, alcuni sostengono, potrebbero giovare ai malati di coronavirus. «Ma i miei sintomi, che spero non peggiorino, oggi escludono che debba ricorrere a questi trattamenti. Ho un po’ di febbre, ma non troppa. Tossisco, ma non eccessivamente. Sto continuando il paracetamolo e assumendo molta vitamina C, oltre a una cura a base di eucalipto in pillole, che rafforza la resistenza polmonare». Ora l’attenzione del mondo monegasco e non solo è tutta concentrata sulla salute dei principini. I bimbi sembrano meno predisposti a sviluppare gravi sintomi. Ma Alberto ha ribadito, rivolgendosi ai sudditi: «Il virus non sceglie questa o quella categoria di persone. Chi gode di buona salute deve avere riguardo per chi è più fragile. Non si è invincibili mai, a nessuna età».
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