Controcopertina

Vasco Rossi: ”Siamo in un periodo teso in cui le paure sono risvegliate da politici senza scrupoli”



Vasco Rossi sale in cattedra a Bologna e spiega durante un incontro del suo fan club che cos’è la verità: «C’è bisogno di spiegare che cos’è la verità perchè c’è un po’ di confusione in giro», ha spiegato Vasco che aveva affrontato il tema della verità anche nel suo ultimo disco “Sono Innocente” nel 2014. Davanti al suo pubblico, Vasco riconosce di avere la dote di saper spiegare le cose della vita con semplicità e schiettezza, in particolare durante i live dove è sempre applauditissimo e idolatrato.



«Dopo Modena Park avevo pensato di smettere, perché dopo che hai fatto un concerto così, cosa vuoi fare di più? Tanto vale chiudere lì», ha detto a “Robinson” supplemento domenicale de “La Repubblica”, ma poi è tornato a cantare davanti ai suoi tantissimi ammiratori con altri tour negli stadi anche se da un po’ sta cominciando a pensare anche ad una versione un po’ più intimistica, alla Springsteen e alla De Gregori: «quella cosa lì è fantastica e anche io la desidererei.

Sia chiaro fare gli stadi mi piace, ma mi piacerebbe anche tornare a quella dimensione». In fondo lui ha cominciato suonando nei locali e sarebbe un ritorno alla magia delle origini. I suoi fan però chiedono ancora tanti live e sono cosi tanti che anche gli stadi non sono sufficienti.

Fan che nelle sue canzoni riescono a trovare un momento di svago e di ribellione da una società basata sull’esclusione e sulla disperazione che i giovani provano oggi, o almeno è la sua opinione: «La disperazione che c’è oggi in Italia io la sento. Poi magari mi sbaglio, la maggioranza della gente è felice, ma di sicuro c’è una minoranza come me che è molto preoccupata. C’è una sola cosa che posso fare per combattere la disperazione: suonare, portare della gioia con la musica. Almeno per una sera, che lo so, non è molto, ma è meglio di niente. La musica per me è sempre stata una consolazione. La musica ci salva sempre».

E a “Il Corriere della Sera” è stato ancora più preciso trovando anche dei colpevoli: «Viviamo in un periodo teso in cui le paure sono risvegliate da politici senza scrupoli. Non sopporto questa strumentalizzazione, con gli anni sempre meno. Chi mi fa più schifo è chi specula su questo per fare degli affari politici. Stanno creando una guerra tra poveri, ma non si può
pensare che noi siamo nati in paradiso e se loro sono nati all’inferno la cosa non ci riguarda. Oltre al fatto che vengono dette cose non vere, siamo influenzati dai mezzi di comunicazione di massa che fanno una lettura non reale della situazione».

Ha poi ricordato il suo passato: «Ho vissuto sulla mia pelle la sensazione di venire escluso e ne ho sofferto moltissimo. Ero un montanaro, venivo da Zocca… Mi sono scontrato contro un muro di benpensanti. Anche se quasi li capivo quelli che col loro cashmirino ascoltavano me che dicevo “sensazioni, sensazioni, vogliamo godere godere godere” e restavano un po’ così…». Senza peli sulla lingua Vasco non ha mai avuto problemi nel parlare del suo rapporto con le droghe. «I\ dicevano che ero un drogato, non lo sono mai stato. – ha ricordato – Mi definisco un tossico indipendente. Le sostanze le ho provate tutte, perché volevo farlo. Tranne l’eroina.

E chi dice che sono tutte uguali è un criminale. La marijuana ha anche effetti terapeutici… infatti ne faccio un uso medico». Ha poi aggiunto scherzando che «mi toccherà chiedere asilo politico in California, dove è legale, come in tutti i Paesi civili… mi veniva da ridere quando dicevano che influenzavo i giovani, lo, caso mai, ero espressione dei giovani». Agli inizi della sua carriera sua mamma non poteva credere che volesse fare il cantante piuttosto che avere un mestiere sicuro, come quello di chiunque altro, ma le cose per lui andarono bene anche se, come ha ammesso non ci credeva tanto e pensava che il suo sarebbe stato un pubblico di nicchia. E invece… Molto attento e quasi puntiglioso nei confronti della sua musica ha detto: «Ogni volta che scrivo una nuova canzone non so mai se riesco ad arrivare alla fine… va beh ormai ho un po’ più fiducia di farcela. Però resto molto critico, perché non sono solo il primo che le sente, ma sono anche un po’ un fan, di quelli severi».

Benvenuti a Zocca, piccolo borgo dell’appennino modenese famoso per i suoi castagneti, ma soprattutto per avere dato i natali il 7 febbraio del 1952 a Vasco Rossi, alias il Blasco. Un comune di soli 4.500 abitanti, che si anima però in occasione delle festività e soprattutto in estate, quando scatta il pellegrinaggio dei fan del cantante.

Vasco ha infatti una casa nella frazione di Verucchia, che rappresenta un po’ il suo buen retiro, il rifugio dove scappa appena può per riprendere fiato fra un tour e l’altro. Ma qui vive anche la sua mamma, quindi qualche visita ogni tanto è d’obbligo. Le vie solitamente tranquille del paese si riempiono allora di una folla festante e curiosa, a caccia di un autografo o di un incontro ravvicinato con il Kom, l’abbreviazione di Komandante, come i fan hanno soprannominato il loro beniamino. Quest’anno però l’invasionè stata più numerosa del consueto, con un aumento stimato del 20- 30 per cento, al punto da indurre il sindaco di Zocca, Gianfranco Tanari, a chiedere rinforzi alla prefettura e alla questura di Modena per gestire lo straordinario afflusso degli ammiratori del cantante. «Non è un’invasione e nemmeno un’emergenza », butta poi acqua sul fuoco il sindaco, specificando che di norma, ogni volta che arriva Vasco, manda la comunicazione al prefetto e al questore per predisporre le misure di sicurezza e di organizzazione.

Il tutto in collaborazione con le guardie del corpo del cantante, che hanno il compito di tutelare la sua incolumità, ma non hanno potere sull’organizzazione del traffico locale Per quello è necessario indossare la divisa: ecco quindi la richiesta di maggiori risorse alle forze dell’ordine. Ma, per fronteggiare il fenomeno, anche i fan club sono stati coinvolti nel piano organizzativo, come ha sottolineato il prefetto di Modena, Maria Patrizia Paba: non per frenare gli entusiasmi, sia chiaro, ma per gestire al meglio quello che su un piccolo paese come Zocca assomiglia ormai a un grande evento, anche se ormai senza fine. «Sia chiaro che non consideriamo l’arrivo dei fan come una minaccia o un rischio», ha detto il prefetto, «è un evento bello che interessa la nostra provincia e in particolare il comune di Zocca. Anche perché gli ammiratori non si fermano solo un giorno, ma per un periodo piuttosto ampio, soggiornando in abitazioni o nelle strutture alberghiere ». Il turismo musicale dei fan, prima circoscritto al weekend, si sta infatti spalmando sempre più su tutta la settimana, come ha sottolineato il sindaco: «Lunedì mattina c’erano circa 200 persone».

I fan arrivano presto sotto casa di Vasco e vanno via tardi, non li fermano né il solleone né la pioggia: sono determinati a tornarsene a casa con un trofeo simbolico – il semplice avvistamento del Kom, lo scambio di alcune parole, un selfie per i più fortunati – ma in ogni caso ripartono contenti, anche solo per essersi avvicinati al loro idolo. Vengono da ogni parte d’Italia, giovani e meno giovani: ai concerti di Vasco capita di trovare fianco a fianco tre generazioni, dai supporter storici della fine degli Anni 70, l’epoca in cui il Blasco ha cominciato a cantare, alla generazione Z, cioè i nati dopo il 2000, che hanno imparato ad amarlo grazie ai genitori, ai nonni o ascoltando alla radio le hit intramontabili del Kom. Il rapporto di Vasco con i suoi sostenitori ha qualcosa di speciale, come ha spiegato lo stesso rocker: «Ognuno ha il pubblico che si merita, la parola fan è riduttiva del nostro rapporto. Con loro ho una relazione di affinità elettive iniziata nel 1977, noi siamo quelli che vivono di illusioni perché la realtà spesso è dura. Io racconto ciò che sento direttamente, loro si ritrovano nelle mie parole perché le hanno già dentro di loro. Sono la voce di chi non ha voce».

Vasco è uno di noi, insomma. Uno che agli inizi della sua carriera aveva davvero bisogno di sostegno, come dimostrato dalle sue prime esibizioni al Festival di Sanremo, diventate leggendarie proprio per il risultato negativo. Nel 1982 si presentò per la prima volta con Vado al massimo: arrivò in finale, ma si classificò ultimo; l’anno successivo ci riprovò con Vita spericolata e il verdetto non cambiò di molto, arrivò penultimo. Sembra incredibile, visto che quelle canzoni oggi fanno parte del patrimonio nazionale e Rossi è entrato nella storia della musica grazie al Modena Park del 2017, il concerto che ha avuto il maggior numero di spettatori paganti al mondo: erano 220 mila. Tutti lì a rendere omaggio al loro Komandante.



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