L’ultima volta che hanno cenato insieme, Tiziana indossava un vestito rosa. Era il 12 settembre del 2016. Il giorno dopo, alle 16.30, Maria Teresa Giglio, la madre, riceve al lavoro la telefonata di sua cognata Maria, che le chiede di tornare subito a casa. Lei esce dall’ufficio, si infila in macchina, guida con il cuore in gola finché imbocca il vialetto familiare.
Vede i carabinieri e un’ambulanza, scende dall’auto, comincia a correre, si toglie le scarpe per fare prima, si strappa gli orecchini dai lobi, si toglie la giacca, deve essere più leggera, correre più forte, ancora più forte. Tiziana è nella taverna, distesa a terra. Ha scelto di andarsene per sempre. Maria Teresa Giglio è la madre di Tiziana Cantone, la donna di 33 anni morta suicida dopo che le sue foto osé e sei video hard erano diventati virali sul web.
Un primo processo per diffamazione si è chiuso con l’archiviazione, un altro procedimento per istigazione al suicidio è stato archiviato. Si è aperto la scorsa settimana un nuovo processo, questa volta a carico di Sergio Di Palo, l’uomo con il quale Tiziana aveva una relazione sentimentale durante la diffusione del materiale pornografico, e che oggi è accusato di calunnia, falso e accesso abusivo a dati informatici. Questa è la verità processuale finora accertata. Ma ce n’è un’altra, che Maria Teresa Giglio prova a raccontare in Uccisa dal web. Tiziana Cantone. La vera storia di un femminicidio social (Jouvence, 118 pp., 12 euro), con l’aiuto dell’avvocatessa Romina Farace e del giornalista Luca Ribustini.
Maria Teresa vuole restituire dignità a una figlia «buona, altruista, decisamente empatica, piena di gioia di vivere e molto dolce». Lontana dalla «donna dai facili costumi, aspirante pornostar, usata in tutti i modi, derisa, oggetto di perversioni inimmaginabili ». Una giovane donna su cui ha pesato non poco l’essere stata abbandonata dal padre appena nata, nella ricerca di un compagno al quale affidare il suo futuro. Compagno che Tiziana incontra alla fine di aprile del 2014: «Lui». Maria Teresa assiste alla nascita di questo amore. «Mi ama e mi ha chiesto di sposarlo, subito. Ti rendi conto, mamma? Finalmente i miei sogni si realizzeranno ».
Un mese dopo anche lei lo incontrerà, senza però riconoscere la ragazza taciturna che sedeva al suo fianco: sua figlia. A settembre Tiziana decide di andare a convivere con lui. Maria Teresa non lo sa, ma in quei mesi Tiziana ha già girato i video osé con i quali sarà messa alla gogna. E «Lui» sapeva tutto. Lei, da madre, assiste impotente agli sbalzi di umore della figlia, alla necessità di prendere gli antidepressivi, al ritorno a casa per il periodo di assestamento dei farmaci. A maggio del 2015 Tiziana e «Lui» avvisano Maria Teresa della diffusione delle foto e dei video, «Lui» sistemerà ogni cosa. Partono le denunce, Tiziana non se la sente più di uscire di casa, i giudici dicono che lei ha girato quei video volontariamente.
Ma su questo Maria Teresa Giglio insiste molto per tutto il libro. Dove finisce la volontà e dove comincia il plagio? Davvero si può dire libera una donna fragile, che ha paura di perdere l’uomo che pensa di amare se non lo asseconderà? «Se ti fidi io mi fido di te», scrive Tiziana in uno degli oltre 26 mila messaggi che si è scambiata con «Lui» e di cui i carabinieri che hanno svolto l’indagine dopo la sua morte ne hanno presi in considerazione solo sessanta. Uccisa dal web è il punto di vista di una mamma. Che ammette: «Mia figlia percorse a folle velocità l’unica e drammatica strada che le sembrava possibile per non essere abbandonata ancora una volta da un uomo». Ha una sola speranza, adesso: «Che si riaprano le indagini e si faccia piena luca sulla storia di una giovane donna usata e abusata da chi non ebbe scrupoli a farne oggetto del proprio gioco pur sapendo, con diversi gradi di consapevolezza, della sua estrema fragilità».
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