Controcopertina

Terence Hill dice addio a Don Matteo, quella del 2020 sarà l’ultima stagione



E’ sempre lo stesso il fascino degli occhi azzurri di Terence Hill, anche a 80 anni. A spasso per Roma, l’attore catalizza l’attenzione di una misteriosa amica, che lui saluta con un tenero bacio. Niente di compromettente, per carità. La vita sentimentale del protagonista di Don Matteo – il personaggio tivù che l’ha fatto conoscere anche alle nuove generazioni – è molto tranquilla rispetto a quella avventurosa vissuta sul set di tanti “spaghetti western” recitati a fianco dell’amico Bud Spencer (scomparso nel 2016).



La coppia, tra scazzottate e duelli, è stata protagonista di ben diciotto pellicole. Mentre da oltre mezzo secolo il cuore di Hill palpita per la stessa donna: è Lori Zwicklbauer, ex attrice americana di origini tedesche conosciuta sul set di Dio perdona… io no! (1967), primo successo della premiata ditta Hill-Spencer.

Un doppio incontro fortunato, perché in quella pellicola Terence non avrebbe dovuto recitare, come lui stesso ha raccontato: «L’attore che doveva essere il protagonista, Peter Martell, litigò con la fidanzata, le tirò un calcio ma prese il muro e si ruppe un piede». Insomma, un’altissima concentrazione di fortuna, visto che sempre in quel film ha scelto il nome d’arte Terence Hill, che lo ha poi accompagnato per 52 anni di carriera.

Il destino, però, non ha solo dato, ma anche preso: gli ha portato via nel 1990 il figlio adottivo Ross, che aveva solo sedici anni. È morto in un incidente stradale, mentre tornava al college dopo un fine settimana trascorso in famiglia.

Un dolore enorme che ha superato lentamente grazie al primogenito Jess, ma soprattutto alla moglie. È stata Lori che lo ha obbligato a trasferirsi dagli Stati Uniti in Umbria e poi ad accettare il ruolo di don Matteo Bondini, che a giorni festeggia vent’anni: tanto infatti è passato dal 7 gennaio 2000, quando il prete detective ha fatto il suo esordio su Raiuno. I beninformati dicono che la nuova serie – la dodicesima – potrebbe essere l’ultima per la popolare fiction. E sarebbe un peccato.



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