Sono trascorsi poco più di sette anni dalla scomparsa di Roberta Ragusa. La Corte-di Cassazione ha posto la parola fine alla vicenda giudiziaria su questa triste vicenda ed ha confermato la sentenza di condanna a 20 anni di reclusione emessa nei confronti di Antonio Logli dalla Corte di appello di Firenze. Entro novanta giorni dalla [ lettura del dispositivo saranno rese pubbliche le motivazioni della decisione. Antonio Logli è stato condannato per l’omicidio e per la distruzione del cadavere di Roberta.
NON GLI HANNO CREDUTO
La scomparsa della donna è avvenuta nella notte tra il 13 e il 14 gennaio del 2012. È sparita uscendo dalla casa in cui abitava con il marito e i loro due figli a Gello di San Giuliano Terme, comune di 32mila abitanti a Sud dei Monti Pisani. Il marito aveva una relazione extraconiugale che Roberta quasi certamente aveva scoperto. Logli si è sempre detto estraneo ai fatti contestati, raccontando che la mattina del 14 gennaio, quando si è svegliato, sua moglie non era in casa, era svanita nel nulla. «Gli inquirenti – racconta Tonia Bardellino, psicoioga e criminologa – non gli hanno mai creduto e contro di lui sono state raccolte le dichiarazioni di almeno un testimone che smentisce il racconto dell’uomo a proposito della notte della scomparsa. Il Giudice dell’Udienza Preliminare di Pisa il 6 marzo del 2015 aveva stabilito che nei suoi confronti non c’erano i presupposti per poter aprire una fase processuale; ma a distanza di un anno la Corte di Cassazione ha annullato la Sentenza di non luogo a procedere emessa nei suoi confronti accogliendo i ricorsi, quelli della Procura di Pisa, della Procura generale di Firenze e da tre parti civili presentati contro il proscioglimento. Il ricorso della Procura di Pisa avverso le decisione di “non luogo a procedere” si basava su quattro pilastri che hanno smontato il proscioglimento di Logli».
GRAVI OMISSIONI
Per la Procura, infatti, il Gup aveva esorbitato dai suoi poteri, procedendo a una valutazione di merito del materiale probatorio acquisito e così esprimendo un giudizio di colpevolezza dell’imputato, anziché limitarsi a valutare se gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio.
C’è dell’altro, come ricorda Balzellino: «Per la Procura il Gup ha omesso una valutazione globale del compendio indiziario, limitandosi a un’analisi meramente parcellizzata e atomistica degli indizi, nonché omettendo, anche a causa di tale metodo errato, di verificare se le fonti di prova si prestassero a soluzioni alternative e aperte». Il ricorso contro il proscioglimento di Antonio Logli era stato presentato anche dai familiari della donna, dalla procura di Pisa e dalla procura generale di Firenze. Il perno dell’accusa è Loris Gozi, il giostralo che sostiene di aver visto Logli in auto la notte tra il 13 e il 14 gennaio in via Gigli. Il Gup di Pisa non gli aveva creduto. «Per l’accusa – spiega la criminologa Bardellino – Roberta è stata uccisa».
La tesi dell’accusa è stata accolta dai giudici. Per gli inquirenti, dopo la lite di via Gigli tra i coniugi, non si hanno più notizie, quantomeno dotate di una qualche, anche minima, affidabilità, dell’esistenza in vita di Roberta Ragusa. È inevitabile concludere che il Logli, dopo aver caricato in macchina la moglie, in diretta continuazione con quella condotta violenta iniziata a casa e proseguita in strada, l’abbia uccisa, occultandone poi il corpo nel corso della notte. Nella ricostruzione della Procura, non accolta dal primo Gup, viene descritto l’effetto scatenante che per l’accusa ebbe l’epilogo dell’omicidio. In casa Logli, dove erano presenti Antonio, la Ragusa e i due figli, scoppiò una lite violentissima, verosimilmente causata dalla scoperta, da parte della Ragusa, dell’identità dell’amante del marito, Sara Calzolaio, baby sitter di famiglia. La lite fu di tale violenza da indurre la donna a fuggire di casa, a piedi, così come si trovava vestita. Il Logli, uscì con la Ford Escort SW per raggiungerla, ma decise di cambiare macchina, accorgendosi di essere stato visto da Loris Gozi. Riuscito con la Citroen C3, intercettò la moglie in via Gigli, dove, nonostante la resistenza della donna e le sue urla, la costrinse a salire in macchina.
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