Tito Boeri, uno dei più sanguigni presidenti dell’Inps, saluta e se ne va. A dirla tutta l’incarico dell’economista scadrà a metà febbraio ma Boeri si “porta avanti” e comincia a salutare. E a dire la sua. Alla vigilia del varo del Reddito di cittadinanza – che secondo il governo interesserà 4.916.786 persone, vale a dire 1,73 milioni di nuclei familiari – e del lancio di Quota 100 (platea potenziale 350mila persone), Boeri si affretta a passare il testimone. Tramite l’Inps passeranno milioni di nuove operazioni.
Manca ancora la convenzione con i Centri di assistenza fiscale (Caf), che dovrebbero fare da primo vaglio per le richieste di Reddito. Le domande di pensionamento poi peseranno interamente sull’Istituto. Boeri – salutando il Consiglio di vigilanza – avverte che il lavoro per l’Isituto sarà più che impegnativo. E che il governo deve affrettarsi a nominare un nuovo presidente per dare all’Inps quella guida che serve in momenti simili.
La scelta di una figura di raccordo tra l’anima grillina e quella leghista non è operazione facile. Basta considerare il pantano in cui è finita la maggioranza nel caso Consob, che da oltre 3 mesi non ha un presidente nonostante le rassicurazioni. Se la nomina del numero uno dell’autorità di vigilanza sulle società e la borsa ha provocato tanti problemi, bisogna immaginare quanti ne sorgeranno per la nomina del vertice Inps. L’Istituto ogni anno gestisce contributi, redditi e pensioni per oltre un quarto degli italiani (18milioni di trattamenti), e registra spese per oltre 280 miliardi di euro con un incasso contributivo vicino ai 180 miliardi.
Insomma, si tratta di una multinazionale complessa che adesso dovrà farsi carico di gestire pure il Reddito di cittadinanza. Boeri sottolinea l’importanza di garantire per l’Ente «l’autonomia» che «non deve essere mai calpestata». Un affettuoso appello alla «stabilità dell’istituto», che ne ha quanto mai bisogno «in un momento come questo in cui nuove sfide si pongono all’orizzonte». Boeri teme che invece di avviare la procedura per eleggere un nuovo presidente nel pieno dei suoi poteri (e un consiglio di amministrazione), possa fare breccia l’idea di nominare in fretta e furia un commissario pro tempore.
«Il futuro di un Paese », ha ammonito, «è determinato in gran parte dalla qualità delle sue istituzioni. Ci possono essere errori nella politica economica e sociale, ci possono essere cattivi governi. Sono errori ed eredità cui, pure a fatica, si può porre rimedio. Ma quando si cambiano le istituzioni, quando le si rende “dipendenti”dalla politica o dalle burocrazie allora si fa un danno quasi irreparabile ad un Paese». Per il futuro il governo pensa a reintrodurre un cda con quattro membri più il presidente: un cambio della governance che però potrebbe complicare l’adozione di una soluzione rapida.
Negli ultimi 7 mesi le frizioni tra Boeri e il governo non sono mancate. L’ultima tirata d’orecchi è sempre al governo per rinvio (a novembre 2019), delle assunzioni che potrebbe avere come impatto diretto sulla pubblica amministrazione. Il professore dellaBocconi stima in «15 mila lavoratori in meno», il posticipo a fine anno delle assunzioni. Boeri assicura che tornerà a «fare ricerca». Resta da vedere a chi spetterà la grana di gestire un pachiderma finanziario miliardario e chi gestirà la nascita del Reddito. I tecnici di via Ciro il Grande sanno bene che sarà un miracolo scrivere – entro aprile – i decreti attuativi per il lancio di Quota 100.
Nel corso dell’intervista Luigi Di Maio ha affermato che al momento la cosa più importante è quella di proseguire sulla linea dettata dal contratto di governo, anche se effettivamente ci potranno essere dei disaccordi tra le parti oppure delle differenze, così come è stato fino ad oggi, ma ad andare avanti deve essere il contratto stipulato al momento della nascita del governo e quale deve essere la base dal quale partire e cercare così di appianare quelle che sono le divergenze e le differenze di veduta. ” Il contratto e ampio è strutturato per essere realizzato in 5 anni e abbiamo ancora tanti impegni da onorare. Io mi concentro su quelli. Realizzare i punti chiave del contratto è fondamentale per il bene del paese. Al momento non c’è necessità di integrare o di modificare”., ha dichiarato il leader del Movimento Cinque Stelle.
Ormai non ci sono più dubbi, il decreto con le prime modifiche alla Riforma Fornero e tutte le nuove misure di contrasto alla povertà, sembra essere ormai del tutto pronto e si attende soltanto l’approvazione da parte del Consiglio di ministri che arriverà al massimo entro la metà di gennaio. Questo decreto si compone di due titoli e 27 articoli e nel caso in cui non ci siano novità e ripensamenti, approderà in Consiglio dei ministri come già detto nei prossimi giorni.
Effettivamente questa prima bozza del decreto, va a confermare quelle che sono state le anticipazioni arrivatE negli ultimi mesi. A debuttare sarà ufficialmente Quota 100, ovvero quella misura che darà la possibilità ai lavoratori di poter andare in pensione una volta maturati 2 requisiti, ovvero uno contributivo e l’altro anagrafico. Saranno previste le finestre mobili trimestrali e ci sarà anche la proroga delle misure Opzione donna e Ape sociale.
Ma vediamo quelle che sono le principali cose da sapere su questo decreto attuativo. Ci si chiede da quando si potrà fare domanda per poter accedere al pensionamento con Quota 100. La risposta è la seguente ovvero che la sperimentazione di Quota 100 vale per i prossimi tre anni e coloro che hanno già maturato i requisiti di 62 anni e 38 anni di contributi al 31 dicembre 2018 o chi li maturerà a partire dal primo gennaio, potrà fare domanda nel momento in cui la norma sarà in vigore e quindi operativa.
Per coloro che hanno già maturato i requisiti avranno la possibilità di andare in pensione, però già dal mese di aprile, mentre per i secondi la decorrenza scatterà tre mesi dopo la maturazione dei requisiti. Cosa accade invece per i dipendenti statali? Secondo quelle che sono le ultime notizie arrivate in queste ore, soltanto pochi dipendenti pubblici riusciranno a beneficiare di quota 100, come la prima finestra disponibile al primo di luglio 2019 visto che secondo quanto sancito nel decreto, per poter utilizzare questa finestra bisognerà avere maturato i requisiti entro il prossimo 31 marzo e avere presentato la domanda di pensionamento all’amministrazione di appartenenza con un preavviso di circa 6 mesi.
Riguardo invece Opzione donna, ci si chiede se davvero sarà davvero prorogata per un altro anno e la risposta è positiva. Sembra infatti che la bozza del decreto, preveda una proroga per tutto il 2019 di Opzione donna dando così la possibilità alle lavoratrici di poter accedere al pensionamento anticipato, una volta maturati 35 anni di contributi alle nate nel 1959 o 1958 nel caso si tratti di lavoratrici autonome. Ritornando a Quota 100 ci si chiede se per usufruire di questa misura, si verrà in qualche modo penalizzati. Effettivamente l’importo sarà è decisamente più basso perché proprio saranno meno gli anni di contributi versati così come anche l’età anagrafica. Ad ogni modo le fonti del governo hanno confermato che comunque l’importo sarà inferiore, ma non si può parlare di una vera e propria penalizzazione.
È notorio che Forza Italia sia in difficoltà, ridotta elettoralmente al lumicino e incapace per ora di trovare una linea politica utile per un rilancio, pur modesto, del partito. Berlusconi non è più un giovanotto pieno di idee, deve badare ai propri acciacchi, e non ha attorno a se un nutrito gruppo di collaboratori in grado di aiutarlo concretamente a uscire dal limbo. Eppure spazi di manovra non mancherebbero al Cavaliere non dico per risorgere, ma almeno per combattere con qualche probabilità di segnare alcuni gol. Suggeriamo a Silvio di raccogliere le firme per un referendum contro il Reddito di cittadinanza, che non piace a nessuno tranne a coloro che forse – non è sicuro – lo percepiranno, una minoranza seppur cospicua. Se gli italiani fossero chiamati alle urne sul punto, una massa di denaro destinato a lavoratori in nero e a fannulloni di varia specie, penso che si rivelerebbero ostili alla elargizione caotica e ingiusta di quattrini a chi non li merita, e la legge che la consente sarebbe bocciata. Difatti, l’unico modo per sconfiggere le follie del popolo grillino è metterle in contrasto con gli interessi concreti di coloro che si guadagnano il pane sgobbando in fabbrica, nel commercio e altrove. Sulla carta i numeri mi danno ragione. Sono assai più numerosi i compatrioti avversi alle mance di Stato che non i lazzaroni speranzosi di ricevere l’obolo promesso da Di Maio e compagni.Non lo dico io, ma lo dimostrano i sondaggi. Mi domando per quale motivo i berluscones, in crisi endemica, non si diano da fare allo scopo di ottenere adesioni onde porre fine alla sceneggiata napoletana basata sulla distribuzione di prebende a cani e porci. Un bel referendum sul tema in questione garantirebbe un successo clamoroso a Forza Italia tale da rinvigorirla, rendendola di nuovo protagonista della vita pubblica nazionale. Mariastella Gelmini, Mara Carfagna eAntonio Tajani, invece di piagnucolare, inseguendo irraggiungibili farfalle, si impegnino nella citata battaglia referendaria e saranno ampiamente retribuiti, spedendo nell’angolo gli illusi delle Cinque stelle fetenti. Purtroppo so che gli Azzurri non mi daranno retta e seguiteranno a confidare in Berlusconi, alle sue magie (esaurite), per essere confermati sulle poltroncine della Camera e del Senato. Non so se siano più ingenui o più stupidi, forse entrambe le cose. Speriamo si sveglino.
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