La misura pensionistica quota 100 che è stata introdotta per il triennio 2019-2021 sembra che alla sua scadenza non sarà rinnovata. Da diversi mesi si parla ormai di questa misura e di quanto effettivamente sia stata una delusione, confermata dal basso numero di domande pervenute in questo 2019. Ricordiamo che Quota 100 è quella misura pensionistica che da la possibilità ai lavoratori di poter uscire anticipatamente dal mondo del lavoro una volta compiuti 62 anni di età e maturato 38 anni di contributi. A partire dal 2022, la misura quindi non esisterà più, a meno che non si decida diversamente. A confermare ciò è stato nelle scorse ore Pasquale Tridico, ovvero il presidente dell’INPS il quale si è detto piuttosto in sintonia con il pensiero del ministro dell’economia Gualtieri il quale già precedentemente aveva sottolineato che non vi era alcuna volontà di rinnovare questa misura una volta scaduta a fine 2021.
“Quota 100 ha una data di scadenza definitiva”, ha ribadito Tridico. Poi lo stesso aggiunge: “La misura deve concludersi nel triennio e poi finire lì, nel 2021. Sono d’accordo con il ministro dell’Economia Gualtieri”. Secondo le previsioni ad usufruirne saranno circa 300.000 persone, ma saranno 200 mila in meno. “Questo dimostra che le stime sono prudenti, e che chi diceva che sarebbe costato 15-20 miliardi faceva stime tendenziose. Così risparmiamo un miliardo, siamo contenti”, ha aggiunto Tridico.
Dietro l’addio di Quota 100, fregatura per gli esclusi
Ciò che invece non tutti sanno è che dietro l’addio a quota 100 ci potrebbe essere una fregatura nei confronti degli esclusi. A tal riguardo va detto che alla fine del 2021, una volta terminata la sperimentazione e nel caso in cui non dovesse esserci un proseguo, ci sarebbe il rischio piuttosto concreto che gli esclusi da quota 100 si ritrovino con la necessità di 5 oppure 6 anni aggiuntivi di contributi per poter accedere alla pensione. Tutti coloro che matureranno i requisiti a partire dal 2022, dovranno comunque attendere altri anni per poter uscire dal mondo del lavoro.
Il sole24ore sembra che abbia fatto un esempio piuttosto concreto prendendo in considerazione due lavoratori che hanno lavorato nella stessa azienda per 38 anni. Il primo sarebbe nato nel dicembre del 1959, mentre il secondo del gennaio 1960. Nel caso in cui i due decidano di uscire dal mondo del lavoro anticipatamente, il primo se lo vorrà potrà andrà in pensione a 62 anni, mentre il secondo dovrà optare o per un pensionamento anticipato con 42 anni e 10 mesi nel 2026, oppure un pensionamento di vecchiaia a 67 anni e 9 mesi nel 2029. In quest’ultimo caso ovviamente la sua pensione sarà più ricca di circa il 22%.
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