Chi ha il terrore delle malattie non si sarà divertito guardando lo scherzo che la trasmissione televisiva Le Iene ha fatto a Ultimo, noto ipocondriaco. Nel servizio andato in onda a metà febbraio, si vede il cantante affiancato da un finto cameraman che gli tossisce e starnutisce in faccia per tutto il tempo.
Il giorno dopo, Ultimo riceve l’allarme: l’uomo è stato ricoverato per una malattia grave e contagiosa. Il giovane musicista va nel panico: l’ansia sale e si crede già malato. Lo scherzo continua: il manager lo convince ad andare in una clinica e a bere un medicinale sperimentale per bloccare il virus. Ma lui, sempre più agitato, decide di scappare, fino a che, finalmente, non gli viene rivelato lo scherzo. Come Ultimo, un italiano su cinque è terrorizzato da patologie o infezioni, e tende ad attribuire una normale sensazione fisica a uno stato di malattia. Non ha caso il termine ipocondria è una delle parole più ricercate su google negli ultimi anni.
INTERNET AUMENTA L’ANSIA «Sembra una vera epidemia psicologica », ammette Alessandro Bartoletti, psicoterapeuta, direttore dell’Istituto di psicologia e psicoterapia strategica e autore, insieme a Giorgio Nardone, del saggio La paura delle malattie. Psicoterapia breve strategica dell’ipocondria (Ponte alle Grazie, 17 €). «Il disturbo è cresciuto in parallelo con l’avanzamento delle tecnologie. Rispetto all’epoca preinternet, oggi si parla di cybercondria, cioè di ipocondria digitale». Al dottor Google si rivolge il 41% degli italiani. Lo ha svelato un sondaggio di Aviva del 2017. Certo, non tutti quelli che cercano notizie mediche e chiarimenti scientifici sul web possono essere classificati come ipocondriaci. «Ma avere a portata di smartphone una molteplicità di informazioni rende tutti più compulsivi, e cercare on line una diagnosi in genere non fa altro che amplificare dubbi e paure», commenta ancora Bartoletti.
LE RESPONSABILITÀ DEI MEDICI Tuttavia gli ipocondriaci, o malati immaginari come si diceva una volta, non sembrano interessare troppo a medici e ricercatori. «Ci sono pochi dati sull’incidenza reale del disturbo», conferma Antonella Montano, psicoterapeuta dell’Istituto di terapia cognitivo comportamentale A.T. Beck di Roma. «Il problema è molto sottovalutato dai professionisti della salute. Spesso i medici di base non “vedono” il disturbo psicologico che si cela dietro le continue richieste di visite ed esami di un paziente». E invece di aiutare “il malato immaginario” a prendere consapevolezza del suo malessere psichico e della necessità di rivolgersi a uno psichiatra, spesso assecondano la sua paura rinviandolo ad altri specialisti o prescrivendo test diagnostici superflui. Alcuni studi internazionali hanno fotografato questa tendenza: il 60% delle prescrizioni diagnostiche sono inutili. E così, al costo psicologico, si aggiunge anche quello economico dei continui controlli.
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