Oggi discuteremo a seguito dell’assegno di mantenimento dovuto al divorzio. Vediamo insieme i criteri da utilizzare per calcolare l’ammontare.
La corte di cassazione a sezioni unite ha finalmente riscritto le regole per definire la sua attribuzione e la relativa quantificazione. Storicamente nel nostro ordinamento giuridico il sistema di calcolo è sempre stato quello del mantenimento del tenore di vita ha avuto in costanza di matrimonio. In favore del coniuge più debole, ossia del coniuge richiedente privo di propri redditi adeguati.
La famosa sentenza del 2017 al contrario, aveva in qualche modo decretato la fine del concetto di matrimonio inteso come sistemazione economica per la vita, l’assegno di mantenimento costituisce spesso un evidente ostacolo alla costruzione di una nuova famiglia. In quest’ottica il criterio per determinare l’assegno di mantenimento era diventato l’indipendenza o l’autosufficienza economica del coniuge richiedente, il quale ad esempio, doveva dimostrare l’impossibilità di trovare lavoro che lo rendesse economicamente autonomo, anche in relazione alla sua salute, l’età, al sesso e alle condizioni di mercato di lavoro o di non possedere un significativo patrimonio immobiliare.
La soluzione individuata dalle sessioni unite con la sentenza numero 18.287 del 2018 a definizione del famoso contrasto giurisprudenziale, può essere definita mista o composita, occorre quindi tenere in considerazione non solo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio ma anche altri e diversi fattori.
Il presupposto è che, non esiste una regola universale da applicare in modo neutrale, non tutti i divorzi sono uguali, ed il giudice deve valutare caso per caso.
Assegno di Mantenimento: La decisione delle sessioni unite
A cambiare e di molto, possono essere vari fattori: ricordiamo ad esempio, la durata del matrimonio oppure la nascita di figli. Le sessioni unite hanno escluso quindi una graduatoria tre criteri da utilizzare, sottolineando che non si può limitare né a quello strettamente esistenziale, né a quello dettato dal raffronto oggettivo delle condizioni economiche patrimoniale delle parti. L’elemento contributivo compensativo deve coniugarsi con quello esistenziale, perché, entrambi sono finalizzati a ristabilire una situazione di equilibrio che con lo scioglimento del vincolo è venuta a mancare.
La funzione equilibratrice dell’assegno non è quindi finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita coniugale, ma soltanto riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole, alla realizzazione della situazione comparativa attuale. Ne deriva che se coniuge richiedente dimostra di avere comunque contribuito alla crescita sociale ed economica dell’altro coniuge, avrà diritto all’assegno di divorzio. Questo però, non andrà più calcolato sul precedente tenore di vita in circostanze di matrimonio, ma sul concreto apporto fornito nella realizzazione della vita familiare, tenendo conto poi, delle aspettative economiche professionali sacrificate, in relazione dell’età del richiedente della durata del matrimonio.
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