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Dopo la delusione di Coppa Italia è scivolata via un’altra settimana di perplessità e lavoro. Stavolta silenziosa: Urbano Cairo, che al termine del match contro la Fiorentina aveva lasciato lo stadio Grande Torino più arrabbiato che mai, addirittura furibondo, in questi giorni non ha parlato con nessuno. Di solito regalava frasi di incoraggiamento e fiducia, elogi reiterati a Mazzarri, appariva con piacere qua e là, stavolta ha preferito evitare qualsiasi tipo di commento e di esposizione mediatica.



Sfiduciato? Deluso? Demotivato? Ancora troppo incavolato? Chissà: però in testa ha sempre l’Europa. Almeno stando a quanto dichiarato da Silvano Benedetti, dal 2001 apprezzatissima colonna del settore giovanile granata, responsabile delle scuole calcio, intervenuto alla trasmissione Maracanà di RMC Sport. «Il presidente negli anni ha fatto crescere la squadra, siamo sempre arrivati vicino all’Europa (frase troppo ottimistica, aggiungiamo noi, visto che negli ultimi anni i granata non sono mai stati realmente in corsa per un posto che conta). La squadra è ben attrezzata e ha sempre cercato di fare le spese giuste. E’ un presidente che vuole l’Europa, lo ha ribadito nella cena di Natale». Insomma, Cairo non parla ma c’è chi lo fa per lui. Come a dire: vietato mollare, il Toro non può essere quello visto domenica scorsa. Una sorta di indiretto avviso ai naviganti, mentre tira un’aria un po’ così, di quelle che possono diventare di colpo un venticello caldo come un vento gelido di tramontana. 

 E l’’Europa, inutile nasconderlo, passa da Roma. Dove il Toro si appresta a giocare una difficilissima partita con molti giocatori indisponibili: non ci saranno gli squalificati Meité (respinto il ricorso contro le due giornate) e Izzo, gli infortunati Baselli (che ha visto naufragare l’ultimo tentativo di recupero)e Moretti. Con Lukic che si è allenato con i compagni solo un giorno e, quindi, non sta al massimo della condizione. Quadro che costringe Mazzarri a cambiare sistema di gioco. «Ci mancheranno Izzo, Moretti, Meité e Baselli. Lukic lo abbiamo convocato ma ha fatto il primo allenamento giovedì, vedremo in che condizioni è. Se il sistema di gioco sarà lo stesso? Non è detto. Non dico nulla, non voglio concedere vantaggi a un tecnico bravo come Di Francesco». Possibile che il tecnico livornese punti sul 3-4-2-1 se il serbo non verrà schierato. Quindi Lyanco,Nkoulou e Djidji davanti a Sirigu. Poi De Silvestri, Ansaldi, Rincon e Aina. Iago e Parigini più avanti e Belotti unica punta. 

«A volte il calcio ti porta ad avere delusioni come l’eliminazione della Coppa – prosegue Mazzarri -, bisogna subito riscattarsi. In settimana ha parlato anche Rincon, uno dei giocatori che incarna di più lo spirito della squadra e il mio: ha detto che siamo tutti arrabbiati. Spero che quella che ha dentro, che ho dentro anche io, si possa trasformare in qualcosa di importante. Affrontare subito squadre forti non è un vantaggio ma non bisogna fare calcoli. Dovremo giocarla al 90% come nell’andata, ma migliorare il 10% che ci ha portato a commettere certe ingenuità (Dzeko firmò il gol beffa nel finale, ndr). La Roma è forte, in ripresa. Noi però dobbiamo pensare a noi stessi, se stiamo ben messi in campo ce la possiamo giocare contro tutte, ma dobbiamo essere più concreti quando sviluppiamo gioco. Abbiamo lavorato su questo aspetto. Mi aspetto una prestazione importante». 

 Mazzarri ha poi parlato senza scaldarsi troppo di Zaza (probabilmente di nuovo in panchina, di sicuro non di buonumore) e di Iago Falque: «Zaza l’abbiamo recuperato, mi sembra stia bene, è a disposizione. Se mi aspetto qualcosa di particolare da lui in questo ritorno? No, mi aspetto che come tutti dia il massimo quando lo chiamerò in causa. Falque? Anche contro la Fiorentina stava facendo bene, nel primo tempo ha sofferto un po’ ma comunque nella ripresa ha fatto giocate importante. In campo ci sono anche gli avversari che a volte non ti fanno fare quello che vuoi». Ah certo: è tutta una questione di volere e di potere.  

Ecco una breve lista che potrebbe risultare utile ai fini delle ricerche:

  1. Portogallo con Rádio e Televisão de Portugal;
  2. Svizzera con Schweizer Radio und Fernsehen;
  3. Turchia con Turkish Radio and Television Corporation;
  4. Serbia con Radio-televizija Srbije;
  5. Paesi Bassi con Sanoma Media Netherlands;
  6. Paraguay con Sistema Nacional De Television;
  7. Slovacchia con Slovenská Televízia;
  8. Suriname con Surinaamse Televisie Stichting;
  9. Repubblica Ceca con Ceská Televize;
  10. Svezia con Modern Times Group.

DOVE VEDERE ROMA TORINO IN TV

Per vedere Roma –  Torino in TV hai bisogno di un abbonamento Sky con il pacchetto Sky Calcio. Se soddisfi questo requisito, la gara sarà visibile con ampio pre partita e post partita su Sky Sport HD e Sky Sport Champions League Serie A, canale 202.

Nel caso in cui non fossi un abbonato Sky purtroppo non potrai vedere la partita in TV ma puoi sempre usufruire di alcuni servizi alternativi per vedere Roma Torino in streaming. Altrimenti puoi approfittare dell’occasione per sottoscrivere un abbonamento Sky.

DOVE VEDERE ROMA TORINO IN STREAMING

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Strano destino quello di Simone Edera. Il Toro gioca a Roma e lui sa già che sarà ceduto in prestito. Pensare che all’Olimpico, un anno fa, è stato grande protagonista sia in Coppa Italia contro la Roma (qualificazione granata) sia in campionato contro la Lazio dove il Toro vinse per 3-1. In tutte e due le occasioni andò a segno. Sembrava l’inizio di una grandiosa esperienza granata e, invece, poi non ha più trovato lo spazio che sperava. E adesso andrà in prestito per giocare con continuità. Questa dovrebbe essere la settimana giusta. Il ragazzo, a meno di clamorose sorprese o ripensamenti, dovrebbe andare al Frosinone. Parma e Chievo, comunque, non hanno ancora perso le speranze. Anche Bremer dovrebbe lasciare il Toro. Su di lui alcuni club spagnoli, con il Celta Vigo avanti. Da segnalare che il giovane portiere Andrea Zaccagno è passato in prestito secco alla Vibonese. I calabresi hanno dato più garanzie della Pistoiese, altro club interessato a lui. E così il granata può dimenticare la brutta esperienza alla Pro Piacenza. 

 Monchi lo ha ammesso: «Belotti ci piace». La Roma lo corteggia, gli fa le coccole, gli lancia messaggi. Inutile nasconderlo, cercherà di prenderlo. E non solo il club giallorosso per volere del suo direttore sportivo. Il Gallo piace ancora a tanti nonostante in questo girone d’andata abbia messo a segno soltanto sette gol di cui quattro su calcio di rigore. Eppure intriga. Perché è uno che non molla mai. Un centravanti moderno e generoso che si batte e si sbatte. Corre e lotta dal primo all’ultimo minuto e spesso torna (anche) a fare il difensore. Pure in Premier lo hanno (ri)messo nel mirino: Il West Ham – che sta per perdere Arnautovic, destinato alla Cina – in queste ore avrebbe offerto 45 milioni (proposta rispedita al mittente). Belotti va sempre di moda. Anche se spende troppe energie in giro per il campo e in zona gol non riesce ad essere lucido. In avanti è quasi sempre solo, ogni tanto lo affianca Iago ma lo spagnolo non è un punto di riferimento vero e proprio. E palloni decenti a disposizione, il Gallo, ne ha sempre pochi. Sarebbe bello, per tutti, vederlo là davanti ad aspettare l’occasione giusta invece che rincorrere gli avversari e pedalare. Cosa che lui fa bene ma le reti, come detto prima, sono poche. E chiediamoci il perché. 

 Oggi all’Olimpico, come sempre, il Toro punta su di lui. Sul suo capitano. E l’attaccante ha la possibilità di convincere ulteriormente Monchi della bontà dei suoi gusti («Ho capito che è meglio prendere giocatori italian. Belotti? Mi piace»). Anche se il Toro – è bene precisarlo – non ha nessuna intenzione di darlo via, men che mai adesso. Così, almeno, sembra. Ancora pochi giorni fa Cairo, a Tele Radio Stereo, ha negato ogni contatto con il club capitolino. Il contratto del Gallo scadrà nel giugno 2021 e la società in questo anno solare cercherà il prolungamento per evitare manovre di disturbo degli altri club che, magari, puntano a prenderlo a parametro zero. Sarà un anno importante per il suo futuro. Il capitano sta bene al Toro. Ha capito che in maglia granata ha il posto assicurato e nessuno lo mette mai in discussione. Questo gli permette di giocare con continuità con l’obiettivo di riprendersi quella maglia azzurra che Mancini, chissà per quale misterioso motivo, gli ha sfilato via. Alla luce delle sue ultime prestazioni, impreziosite da anima e cuore, dovrebbe però tornare presto nel giro azzurro. Del resto la sua fase calante era cominciata dopo l’eliminazione dai mondiali targata Ventura. Quella mortificazione contro la Sveziaha avuto bisogno di molto tempo per essere metabolizzata. Il Gallo è fatto così. E solo dopo mesi, quasi un anno, ha ritrovato il sorriso e la voglia di giocare. 

 Chiaro che per restare in granata con ancora più convinzione e voglia ci vuole un Toro in Europa. Le Coppe, per uno come lui e per il Toro, devono diventare una consuetudine. Ecco perché oggi all’Olimpico il Gallo giocherà con ancora più determinazione. Inutile girarci attorno: se il Toro dovesse tornare a casa a mani vuote la situazione potrebbe cominciare a farsi molto difficile e se si pensa che nella prossima partita al Grande Torino arriverà l’Inter, gli scenari si farebbero cupi. Ci vuole una svolta. Decisa. I giocatori dalle parole (e promesse) devono passare ai fatti. Non c’è più tempo da perdere ed è finito pure il tempo dei rimpianti. Nessuno nega al Toro che nel girone d’andata ci siano state tante e troppe decisioni arbitrali davvero penalizzanti, ma bisogna guardare avanti. Andrea lo ha detto ai suoi compagni. Il suo modo di onorare la maglia deve essere preso d’esempio dal gruppo. Roma è una tappa fondamentale per le speranze e ambizioni granata. Cairo vuole l’Europa ma la vogliono soprattutto i tifosi che cominciano a perdere la pazienza. 

 Il girone del riscatto. È quello che si augura la Roma che ha chiuso quello di andata con appena 30 punti. Non accadeva dal torneo 2008-09, campionato poi concluso al sesto posto. Posizione che a Pallotta non può bastare. I giallorossi puntano decisamente almeno ad un piazzamento in zona Champions che nonostante tutto è lontana soltanto 2 punti. Che il periodo nero sia alle spalle, lo si evince da un Di Francesco molto più rilassato rispetto alle ultime uscite prima della sosta del campionato. A tal punto che il tecnico si concede una battuta su Pastore («Può stare tranquillo, per ora non tornerà a fare la mezzala»), scioglie i ballottaggi della vigilia («Dzeko favorito su Schick, è probabile che giochi Karsdorp, Kluivert è favorito rispetto ad El Shaarawy come Zaniolo su Pastore») e scherza quando gli viene chiesto di Belotti («Ti concedo un’altra domanda – rivolgendosi al giornalista che gli aveva chiesto un parere – tanto non parlo di giocatori di altre squadre»).  

Si fa serio invece quando gli chiedono del Torino. E in effetti c’è poco da scherzare con i granata che, seppur rimaneggiati per le numerose assenze, rimangono sempre una delle tre squadre in Europa (le altre due sono la Juventus e il Psg) a non aver mai perso in trasferta: «Mazzarri lo conosco bene, ci siamo affrontati diverse volte, è molto attento a preparare la partita. Ha una fase difensiva ottima, ha una buona squadra con degli ottimi elementi. Il Torino è una squadra temibile quando riparte, lo ha dimostrato specialmente fuori casa dove non è obbligato a fare la partita». Si attende un pomeriggio difficile. Anche perché la Roma in stagione è andata sempre in difficoltà quando ha dovuto affrontare mediane a cinque. Di Francesco, però, può contare sul fattore Olimpico (i giallorossi sono la squadra che ha segnato di più nelle gare casalinghe, 24 gol in tutto) e in una cabala che vede i granata sconfitti nelle ultime 4 gare in campionato contro i giallorossi (e nelle ultime tre non sono riusciti a segnare nemmeno un gol). La Roma, tra l’altro, ha vinto le ultime 8 sfide casalinghe di campionato contro il Torino, segnando in ognuna di queste almeno 2 gol. C’è però lo scivolone della scorsa stagione in coppa Italia che brucia ancora anche se, in serie A, il Torino non vince a Roma dal maggio 2007, con gol dell’ex Muzzi. 

Numeri e cabala che magari lasciano il tempo che trovano. Non invece l’obiettivo odierno di Di Francesco: i tre punti. Tecnico che, quando viene sollecitato sul mercato, gioca in difesa. Alcune sue considerazioni prima della sosta («Inevitabilmente faremo qualcosa») si scontrano con l’immobilismo del club. Eusebio prova a uscire dal terreno scivoloso ponderando le parole: «Mi fido del lavoro di Monchi che sta cercando delle opportunità. Se bisogna fare delle cose tanto per farle è inutile. Se ci sono invece delle opportunità che possono aiutare la rosa a raggiungere i propri obiettivi, allora sì. Altrimenti rimarremo così». Chiaro l’intento di non entrare in collisione con il ds spagnolo – suo grande difensore nel momento nel quale ha vacillato – che nel post gara con l’Entella ha ribadito come la Roma, avendo speso molto in estate, non abbia un grande margine operativo in questa sessione di gennaio. Eusebio però, più parla e più s’intuisce che qualcosa si aspetta. Anche perché a domanda diretta sui tempi di recupero di De Rossi e Jesus non ha certezze né sul capitano («È un infortunio particolare, non sai mai come risponde. Spero che dalla prossima settimana cominci a lavorare con la squadra. Gli allenamenti individuali infatti sono totalmente differenti da quelli in gruppo e soltanto a quel punto potremo valutare lo stato del ginocchio») tantomeno sul brasiliano che aspettando il responso del Professor Mariani, dovrebbe rimanere fermo almeno un mese. Capitolo cessioni: Defrel, nonostante le smentite che arrivano da Genova, vuole tornare a Trigoria. Non per restarci: nonostante l’inserimento del Newcastle che affianca il Fulham in Premier, il club favorito per l’attaccante rimane l’Atalanta.

Ieri Antonio Barreca. Oggi Simone Edera e Vittorio Parigini. Domani Erick Ferigra, Michel Ndary Adopo e Vincenzo Millico. E dopodomani, di ritorno dai vari giri d’Italia, potrebbe essere il turno di Alessandro Buongiorno (oggi al Carpi), Jacopo Segre (al Venezia) e Leonardo Candellone (protagonista al Pordenone). Il modello Toro, costruito mattoncino dopo mattoncino, inizia a dare i propri frutti. Merito del presidente Cairo, che sul tema giovani da anni ha iniziato ad investire in maniera consistente. Merito di Massimo Bava, che ha implementato un settore giovanile (dalla sua gestione sono già usciti 45 giocatori professionisti, 26 di questi ancora di proprietà fra Serie A, B e C) in grado di rimpolpare la prima squadra. Un percorso di crescita iniziato appunto con Barreca, oggi al Monaco. Perfezionato con l’inserimento di Edera, pallino di Mihajlovic, e Parigini, la grande (ri)scoperta di Mazzarri. E ampliato con la graduale affermazione delle stelle della Primavera di Coppitelli. Che oggi, a Roma, potrebbero brillare. 

Quello dell’Olimpico non sarà un red carpet, ma una prova generale di un futuro ormai sempre più prossimo a diventare presente. E non sono parole al vento, ma programmi concreti. Programmi condivisi anche da Mazzarri, che su Ferigra, Adopo e Millico si è espresso così in conferenza stampa: «Se contro la Roma ci fosse bisogno, Adopo potrebbe giocare: è un giocatore che potrebbe diventare importante anche nel futuro, ha una struttura fisica imponente, ma gli manca ancora un po’ di malizia. Anche Millico ha delle qualità importanti, quando uno fa tutti questi gol vuol dire che qualcosa di buono ce l’ha, deve un po’ migliorare nel gioco senza palla. Ferigra si allena con noi dall’anno scorso. Tutti i ragazzi che fanno bene con la Primavera crescono se stanno a contatto con la prima squadra». Ecco, dunque, il momento giusto per il raccolto. La semina è partita dall’avvento di Mazzarri, che ha voluto creare una forte sinergia fra prima squadra e Primavera. Sinergia che non ha intaccato l’andamento della squadra di Coppitelli, bravissimo a tenere ben saldo il timone di un gruppo oggi formidabile, e nel contempo ha permesso a tre gioiellini di diventare grandi. 

Su tutti, naturalmente, Vincenzo Millico, destinato in teoria ad osservare la gara contro la Roma interamente dalla panchina, ma con un Toro così stitico in zona gol e uno Zaza così poco nelle grazie di Mazzarri, mah. Idem, sulla carta, per Ferigra, ancora dietro a Bremer nelle gerarchie difensive. Diverso, invece, è il discorso che riguarda Adopo. Non è utopia immaginare che il francese classe 2000 possa scendere in campo nel secondo tempo: spesso Mazzarri ricorre al cambio nella ripresa per gli interni di centrocampo. Chiedere per credere a Meité e Baselli, spesso spremuti all’osso e quasi obbligati alla sostituzione. All’Olimpico non ci saranno e così, per Lukic e Ansaldi, sarà l’occasione per giocare insieme in un ruolo non propriamente idoneo alle caratteristiche di entrambi: per il primo, perché è in realtà l’unica alternativa a Rincon, e pure per il secondo, perché è un esterno puro adattato da interno. Ed ecco che, le porte dell’esordio, per Adopo potrebbero spalancarsi. L’occasione per prendersi la scena in Serie A c’è, in barba alla precocità. Per il francesone ex Torcy la chance è ghiotta: la malizia, reclamata da Mazzarri, si acquisisce solo a certi livelli. E today, come direbbero gli anglosassoni, is the day. O meglio: today could be the day. Adopo aspetta. E sogna di vivere una giornata indimenticabile.

Definirlo rilassato forse è troppo: la partita di oggi è delicatissima ed Eusebio Di Francesco lo sa bene. Ma certo il tecnico della Roma, rispetto alle ultime uscite, appare quantomeno più disteso. Si concede battute con i cronisti, ironizza sul ruolo di Pastore («Se ho cambiato modulo un motivo ci sarà, ma può stare sereno, per ora non tornerà a fare la mezzala»), si dice soddisfatto dei progressi di Schick e, soprattutto, quasi non accenna ai tanti infortunati che ha la Roma. «Aiutatemi voi», dice quando fa l’elenco, visto in quanti sono in infermeria: Mirante, Juan Jesus, Perotti e De Rossi, che la prossima settimana proverà a tornare in gruppo, oltre a Florenzi, tenuto ancora a riposo perché debilitato, e Nzonzi, convocato ma non certo al meglio. Il passaggio del turno in Coppa Italia e le buone prove in campionato (tre vittorie nelle ultime quattro) gli hanno restituito un po’ di certezze («Stiamo crescendo, ma aspettiamo a dire che siamo guariti») e anche la forza di affrontare un mercato che non è esattamente quello che si aspettava. A dicembre parlava di investimenti inevitabili, a gennaio modifica la linea: «Comprare tanto per fare no, in caso rimaniamo così. Monchi sta vedendo se c’è qualche opportunità e io mi fido di lui». FATTORE K Fiducia è un altro dei concetti chiave della partita: con ogni probabilità la darà a Karsdorp sulla fascia destra dal 1’ (due di fila dall’inizio è un inedito a Roma per l’olandese), metterà Kluivert esterno alto e confermerà Zaniolo come trequartista al posto di Pastore. Sull’argentino, però, Di Francesco spende parole al miele: «Sta raggiungendo una buona condizione, deve acquisire continuità in quello che fa. Non va valutato per il passo, non ce l’ha mai avuto, ma per la capacità di mandare in porta i compagni». Che poi è quello che la Roma gli chiede, in un ruolo o nell’altro. Ed è quello che gli chiedono anche i tifosi, oggi in 35mila per una partita che, dice Di Francesco, «Abbiamo il dovere di vincere ». Se non dovesse farcela, la serenità di ieri sarebbe solo un ricordo.

Benvenuti nel nuovo mondo. È stato un percorso lungo un anno e mezzo, ma la Roma – crediamo sia una buona notizia – ha finalmente scoperto il fascino (e forse i vantaggi) di avere concorrenza per il ruolo di centravanti. Ecco, con questa nuova consapevolezza Edin Dzeko oggi scenderà in campo contro il Torino, esattamente ad un girone di distanza da un pomeriggio piemontese in cui, ad una manciata di minuti dalla fine, era riuscito a tirare fuori dal baule della sua sapienza tecnica un gol straordinario, «uno dei più belli che abbia mai segnato in carriera», aveva ammesso lo stesso attaccante. Ricordate? Cross di Kluivert dalla destra e sinistro al volo del bosniaco ad ammutolire lo stadio granata.

LUI E SCHICK Che cosa è cambiato intorno a lui? A cinque mesi di distanza poco, eppure moltissimo. Ad esempio che, pur essendo sempre il miglior realizzatore stagionale tra i giallorossi con 7 reti ed il re della Champions nell’anno solare 2018, a pari merito con Lewandowski (10 gol segnati), il bilancio in campionato pare molto al di sotto delle aspettative (appena 2 gol), anche perché un infortunio – pure questo un evento insolito – rimediato a novembre lo ha frenato. Non basta. Per la gioia della Roma, a diciotto mesi dal suo arrivo, anche Patrik Schick sembra aver ritrovato se stesso, e le reti realizzate con Sampdoria, Sassuolo ed Entella lo hanno (faticosamente) certificato. Per questo anche Eusebio Di Francesco ammette che, forse per la prima volta, Dzeko non ha più il posto in cassaforte «Sia lui che Schick sono in ottime condizioni.

È una valutazione che sto facendo, anche se in questo momento è leggermente favorito Edin. Devo decidere quale sarà l’opzione giusta, valutando anche la crescita delle condizioni di Edin, perché anche l’ultima settimana non stava benissimo. Negli ultimi allenamenti però ha avuto continuità, e devo dire che mi è sembrato anche lui in crescita. Sono contento di avere due opzioni importanti davanti, in particolar modo per la crescita che ha avuto in quest’ultimo periodo di Patrik. Il merito è suo. Ha continuato ad allenarsi con grandissima continuità in una situazione non facile, cercando di lavorare su se stesso. È migliorato tantissimo anche negli allenamenti, ma non sono soddisfatto del tutto. Io lo so, e anche lui lo sa, che può fare molto di più e non deve accontentarsi. Anche contro l’Entella poteva fare almeno tre gol e un attaccante non si deve accontentare. Deve cercare di fare più gol possibile perché è un aspetto mentale fondamentale».. Morale: tanti complimenti ma col Toro c’è Dzeko.

VOGLIA DI BELOTTI Per un duello ormai alle viste, occhio a dar fiato al proverbio che dice: «Tra i due litiganti il terzo gode ». Già, perché il d.s. Monchi, nel forum in «Gazzetta», era stato chiaro: «Belotti mi piace». E allora, se in estate Dzeko e la Roma dovessero separarsi di comune accordo, chissà che non possa partire l’assalto al Gallo, ovviamente Torino permettendo, che peraltro ha in rosa anche quel Meité che piace tanto a Trigoria. Per adesso, com’è normale, tutto sembra prematuro, ma nelle trattative di mercato il tempo corre in fretta. Con i gol, al solito, a fare la differenza sul prezzo.

Nel girone d’andata ha segnato quasi il doppio di Dzeko e Schick messi insieme, 7 gol contro 4, ma non è solo per questo che ha conquistato Monchi: Andrea Belotti per età e caratteristiche corrisponde all’identikit preciso del centravanti della Roma del futuro. Affamato, emergente, italiano. Oggi all’Olimpico sarà lui l’osservato speciale, non soltanto da Manolas e Fazio ma anche dai tifosi che ne immagino un possibile sbarco a Trigoria.

DATI. E attenzione: delle 7 reti regalate al Torino in campionato, tre delle quali a Inter, Napoli e Lazio, 5 sono capitate in trasferta. Un motivo in più per controllarlo. E che spiega lo straordinario rendimento della sua squadra, imbattuta fuori casa in tutto il girone d’andata. Belotti ha superato la fase più critica, coincisa ahinoi con le qualificazioni al Mondiale, e sembra tornato un attaccante molto costante e affidabile. Forse non è ancora il cannoniere implacabile di due campionati fa, quando raggiunse quota 26, ma sta correndo a ritmi molto migliori rispetto all’anno scorso quando circumnavigò la boa di metà gara con la scorta di soli 4 gol.

IL PIANO. Senza entrare nella letteratura di una trattativa – la partita di oggi può servire a far incontrare i due club – Monchi tiene accesi i fanali in attesa di mostrare gli abbaglianti nel momento giusto. Non è facile portare via a Cairo il capitano, un giocatore a cui il mondo granata si è legato, ma davanti a un’offerta sui 45-50 milioni il Torino potrebbe negoziare. I rapporti tra le due società sono ottimi, come dimostrano affari recenti (Bruno Peres, Iago Falque, Ljajic), perciò nulla è impossibile. Al Toro piace molto Diego Perotti, per esempio. Chissà che non possa essere inserito nella questione. Certo, la Roma deve qualificarsi per la Champions League e nello stesso tempo vendere uno tra Dzeko e Schick. E’ un discorso insomma da affrontare con calma l’estate prossima, quando saranno chiari budget e obiettivi. Di sicuro Belotti dall’ipotesi Roma è tentato perché, dopo le esperienze in maglia azzurra, ritiene di meritare la ribalta internazionale anche a livello di club.
ossatura. Con Belotti e Gianluca Mancini, difensore dell’Atalanta che Monchi ha già in pugno, il piano di italianizzazione della Roma si arricchirebbe di due elementi buoni anche per la Nazionale: aggregati a Cristante, Lorenzo Pellegrini, Zaniolo, eventualmente El Shaarawy, più avanti anche il giovane Riccardi che lunedì ha esordito con la prima squadra, la base territoriale dell’organico sarebbe sempre più solida.

IMMEDIATO. Intanto proseguono le ricerche per «l’occasione» di gennaio. Le rette per l’acquisto vanno in due direzioni distinte, un mediano e un difensore, ma sono entrambe subordinate agli infortuni: se De Rossi e Juan Jesus tornano in tempi relativamente rapidi, la Roma potrebbe anche restare ferma. Intanto Monchi ha bloccato ogni trattativa in uscita per Marcano, diventato la prima riserva dei centrali, e per Karsdorp, che Di Francesco ha rilanciato in Coppa Italia. Da qui a fine mese potrebbero dunque partire in prestito solo i giovani Coric e Bianda, salvo offerte imprevedibili per Santon o per altri rincalzi.

L’ ingresso nel mese che può decidere tanto se non tutto è tornito d’ottimismo: «Non so se la Roma sia guarita, perché troppe volte si è ammalata improvvisamente, ma vedo una squadra in grande crescita». Eusebio Di Francesco ha superato senza affondare il maremoto più destabilizzante della sua storia a Trigoria e non trema davanti alle sei partite che ne testeranno l’affidabilità da qui al 12 febbraio: tra campionato, Coppa Italia e Champions League, che stagione sarà? «La vittoria con l’Entella mi ha trasmesso sensazioni positive. Certe partite possono sembrare semplici ma noi in passato ne avevamo sbagliate diverse, sottovalutando l’avversario. Invece oggi c’è un’identità, un’idea di squadra, che mi lascia ben sperare». 

 FIDUCIA. Per una volta scioglie quasi tutti i dubbi di formazione, annunciando il rientro di Dzeko e Zaniolo e la conferma dei due olandesi, Kluivert e Karsdorp, «ma lasciate qualche dubbio – scherza – così non diamo vantaggi a Mazzarri». Cambierà solo un giocatore per ruolo rispetto al warm up di Coppa Italia – il terzo è Manolas al posto dell’infortunato Juan Jesus – «perché adesso tante novità non sarebbero logiche. La squadra ora funziona. Inoltre dopo una sosta così lunga i giocatori non hanno bisogno di recuperare». Nemmeno Karsdorp, che cinque giorni fa ha giocato la prima partita intera dopo quasi due anni: «Quando si rientra da un infortunio il problema non è il secondo sforzo, ma il terzo. Rick può giocare».  

 TATTICA. Teme l’atteggiamento attendista del Torino, che nel girone d’andata non ha mai perso in trasferta: «Quando troviamo squadre che si abbassano, facciamo più fatica. Sarà importante quindi sbloccare il risultato il prima possibile. Altrimenti poi diventa dura. Noi non abbiamo scelta, ci serve una vittoria». Perché la Roma riparte dal sesto posto e non può più concedersi distrazioni. Con il rientro di De Rossi sarebbe tutto più facile: «Con Daniele è meglio non sbilanciarci ormai, purtroppo i tempi si sono allungati tantissimo. Mi auguro che la prossima settimana, come è probabile, cominci a lavorare con la squadra. Da lì potremo realmente valutare le sue condizioni perché fare allenamenti individuali è totalmente differente dai ritmi del gruppo». 

 E’ l’occasione per affrontare il tema mercato. Di Francesco non commenta l’interessamento per Belotti ammesso da Monchi («Non parlo di giocatori che non sono alla Roma») ma esprime con chiarezza il suo punto di vista di allenatore: «Gli infortuni sono importanti nelle nostre valutazioni (il verdetto sullo stop di Juan Jesus è atteso oggi, ndr). Ma al di là di questo, ho fiducia totale nel lavoro che sta svolgendo Monchi. Io gli ho sempre detto che se dobbiamo fare qualcosa tanto per fare, non sono d’accordo. E non è d’accordo nemmeno lui. Se c’è un’opportunità faccia migliorare o almeno aiuti questa rosa a raggiungere i propri obiettivi bene, sennò rimaniamo come stiamo». Sperando nel rilancio di Pastore: «Deve acquisire continuità per crescere, raggiungere un buon livello fisico. Ma se ha fatto 90 minuti per la prima volta da settembre è un buon segno. Non condivido certe analisi sul suo conto: Javier non è uno scattista ma questo non significa che non abbia qualità. Lo abbiamo preso per la capacità di muovere la palla, di verticalizzare per i compagni, per i suoi movimenti tra le linee. Se non ha un grande passo non è un problema: lo sapevamo». 

 Anche mettendo da parte la retorica del “rinforzo di mercato trovato in casa” la domanda sorge spontanea: e se Karsdorp fosse davvero il nuovo asso nella manica di questa Roma? Fino a una settimana fa il terzino era in uscita con le valigie pronte, ma l’ottima prova contro la Virtus Entella pare aver fatto cambiare idea a Di Francesco. Quella del classe ‘95 è stata, nei fatti, un’involuzione sotto ogni punto di vista: da astro nascente del calcio olandese a oggetto misterioso, da atleta integro (in Patria lo chiamavano “il maratoneta”) a infortunato cronico, da bravo ragazzo a “bad boy”. Sul suo conto è stato detto e scritto di tutto e il ragazzo non ha fatto praticamente nulla per attirarsi una buona pubblicità. Anzi, ha alimentato le dicerie negative con atteggiamenti troppo spesso sopra le righe. Il suo addio (con un ritorno al Feyenoord) sembrava scontato, invece oggi contro il Torino la sua vita calcistica potrebbe prendere una nuova strada. Un percorso che profuma di rinascita. Prima di arrivare nella Capitale gli addetti ai lavori lo consideravano tra i migliori giovani terzini del panorama internazionale e i 14 milioni più bonus pagati da Monchi per il suo cartellino sembravano addirittura un affare. Poi il giocattolo si è rotto. 

 GLI INFORTUNI. Appena atterrato a Roma, Karsdorp si è operato al menisco del ginocchio destro. Ha saltato tutta la preparazione estiva e proprio nel giorno del rientro, il 25 ottobre durante Roma-Crotone, si è rotto il legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro. Stagione finita con 202 giorni di stop ed entrambe le ginocchia massacrate ancor prima di iniziare la sua avventura in giallorosso. Ha ritrovato il campo in questa stagione – dopo essersi sposato con la bella Astrid a giugno, da cui aspetta un figlio – nella sfida in casa del Milan del 31 agosto, ma la sua autonomia è durata soltanto 77 minuti. Il resto sono briciole, ossia due spezzoni da 20 minuti ciascuno contro Chievo e Real Madrid, con l’aggiunta dell’ennesimo infortunio (una lesione al retto femorale sinistro) e un paio di litigate con il suo allenatore. Per queste divergenze è finito almeno due volte in tribuna, fino all’occasione in Coppa Italia che pareva essere soltanto un buon modo per metterlo in vetrina ai possibili acquirenti di gennaio (lo vedete? Sta bene!). Ma quasi nessuno aveva considerato che il calcio è lo sport più pazzo del mondo e che a volte basta davvero un’Entella qualunque per riabilitare anche il calciatore meno utilizzato dell’intera rosa. Karsdorp ha giocato 90 minuti di qualità, uscendo dal campo al triplice fischio con le proprie gambe. Non gli accadeva da Heerenveen-Feyenoord del 19 marzo 2017.  

 LA FIDUCIA. Di Francesco ha deciso di dargli nuovamente fiducia e probabilmente oggi lo impiegherà da titolare. «Quando si rientra dagli infortuni lunghi il problema è la terza partita, non la seconda, quindi potrebbe giocare al posto di Florenzi», ha dichiarato il tecnico in conferenza stampa. È favorito nel ballottaggio con Santon che da domani potrebbe addirittura diventare la terza scelta sulla fascia destra. Il biondo, invece, proverà a scrivere la prima pagina importante dopo mesi di cadute e ricadute. E pensare che DiFra, tra una strigliata e una punizione, sotto sotto ci sperava davvero. Gli piace dai tempi in cui guidava il Sassuolo ed è stato proprio lui a chiedere al direttore sportivo di fare i salti mortali pur di portarlo a Trigoria. La stella di Karsdorp tornerà a splendere o è soltanto l’ultimo, disperato tentativo? Lo dirà il campo, quel giudice supremo che se la ride del mercato e delle congetture e che non sbaglia quasi mai le sue valutazioni. 

Il suo calcio è sostanza, essenza, presenza pesante in tutte le mischie. È contrasto, gomiti e spigoli. Il calcio di Bryan Cristante non è per puri esteti e di solito non ruba l’occhio, ma esprime concretezza in dosi industriali. Partito con l’aura di «centrocampista più forte dello scorso campionato» (così lo presentò in estate Monchi), ha subito deluso nella sua dimensione di mezzala-incursore, fino a perdere il posto in giallorosso e in azzurro. Il cambiamento di modulo ordinato da Di Francesco, con l’abolizione delle mezzali, era una bocciatura soprattutto per lui e per Pellegrini. Guarda caso, con il nuovo modulo, entrambi sono rifioriti in vesti diverse: Pellegrini da trequartista, Cristante da mediano.  

La sua nuova avventura ha beneficiato di un evento negativo come l’infortunio di De Rossi. Bryan si è messo al fianco di Nzonzi, cercando di rendersi complementare al continuo ronzare del francese tra le due trequarti. Lo ricordiamo in un impegno tutto sommato agevole come quello casalingo con il Viktoria Plzen: giochicchiava semplice, più che altro attento a non sbagliare e a non smarrire le distanze.  sicurezza. Partita dopo partita ha acquisito sicurezze e posizione. Soprattutto, è riuscito a coniugare l’attenzione difensiva che il nuovo ruolo esige, con l’innata vocazione offensiva. Se Nzonzi ronza, lui parte in verticale, si presenta al limite e spesso va al tiro: di destro preferibilmente (gol al Genoa), ma anche di sinistro (gol al Cagliari). È un grimaldello preziosissimo sugli angoli, quando aggredisce il primo palo e va a spizzare: così ha segnato un gol (al Parma) e mezzo (alla Samp, forse ininfluente l’ultimo tocco di Juan Jesus). Lo avevano preso per aumentare il numero delle reti dei centrocampisti e, malgrado l’utilizzo più arretrato, sta svolgendo in pieno il compito: i quattro centri in campionato lo mettono già al pari di ciò che ha realizzato Nainggolan in tutta la stagione scorsa. 

 consacrazione. Lo scorso anno, all’Atalanta, non giocava mille palloni. Più che altro, agiva dalla metà campo in su cercando continuamente la porta. Talvolta Gasperini lo ha schierato da trequartista puro, ruolo che incarnava senza orpelli tecnici, puntando soprattutto sulle giocate in verticale. Nella Roma le circostanze lo hanno chiamato ad essere sempre nel vivo del gioco, ad amministrarsi senza pause. Prezioso quando si mette sulle linee di passaggio avversarie, ultimamente ha estratto dal suo bagaglio anche il lancio di quaranta metri, che gli riesce discretamente preciso. Chissà che la sua non sia, ormai definitivamente, una vita da mediano. 



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