Programmazione, progettualità e velocità di azione sui mercati (sportivo e finanziario). Sono queste le tre caratteristiche principali della gestione di Andrea Agnelli presidente, dal maggio 2010, dello Juventus FC.
Sono ingiuste, quindi, oltre che inappropriate (sotto il profilo tecnico), le ultime dichiarazioni di Aurelio De Laurentiis sui debiti della Juventus con il “sistema bancario”. Il tutto collegato a filo doppio, sempre secondo il patron partenopeo, con l’operazione del secolo di quest’estate: ovvero lo sbarco di Ronaldo a Torino. Un affare “monstre” con il pagamento di 105 milioni di euro al Real Madrid e la creazione, sotto il profilo contabile, di un costo gestionale pari a non meno di 30 milioni annui. Nella realtà però CR7, già da agosto scorso, sta “spingendo” le vendite del merchandising sui mercati internazionali, le sponsorizzazioni (a partire dal rinnovo pluriennale con Adidas per 408 milioni fino al 2027) e i ricavi da gare allo stadio.
Al di là della comprensibile frustrazione sportiva dell’imprenditore campano, la Juve, dal 2011-12, con 7 scudetti consecutivi e una presenza costante in Europa, ha raddoppiato il valore del fatturato netto (da 195,4 ad oltre 402,3 milioni) e ha improntato la sua strategia sull’esplosione (presente e futura) dei ricavi commerciali (attualmente in area 145,7 milioni), grazie all’acquisto di calciatori di alto livello e allo sfruttamento dell’attuale Allianz Stadium, diventato il vero “tesoretto” del club assieme ai ricavi da diritti televisivi (più di 200 milioni). Il magazine americano Forbes ha valutato la società Juventus FC più di 1.30 miliardi di euro, al nono posto di questa speciale classifica. Brand Finance Football 50 ha stimato solo il brand bianconero circa 533,44 milioni di euro. KPMG poi ha valorizzato in oltre 1,3 miliardi di euro la “Football club valuation” dell’impresa bianconera.
Analizzando il bilancio del club piemontese, al 30 giugno 2018, il valore della “rosa”, pre arrivo di CR7, è pari a 330 milioni di euro. Considerando anche le immobilizzazioni materiali, le altre attività non correnti e l’attivo corrente si arriva a 772,66 milioni di euro. Il valore contabile “netto” della rosa incide sul bilancio della realtà piemontese nella misura del 42,8% sull’attivo. Ciò che consente ai campioni d’Italia di guardare con assoluta serenità al prossimo futuro sono le infrastrutture sportive: lo Juventus Training Center di Vinovo, lo Juventus Museum, lo Juventus Megastore, ma soprattutto lo Juventus Stadium (da oltre un anno ribattezzato Allianz Stadium). Queste “immobilizzazioni materiali nette” sono valorizzate in bilancio per 162,44 milioni. Solo lo stadio (i ricavi da gare hanno superato i 56 milioni nel 2017-18), il museo e il megastore valgono contabilmente più di 100,63 milioni. Tre asset di proprietà che non sono assolutamente presenti nel bilancio del Napoli di De Laurentiis e che, invece, “avvicinano” la realtà piemontese ai top club europei (non a caso la Juve è stabilimente tra i primi 10 brand dell’indagine annuale Deloitte Football Money League). Solo nell’ultimo report (2019) i bianconeri sono scesi all’11° posto, superati dagli Spurs al decimo.
Ma la cartina di tornasole della bontà del lavoro svolto è l’indice di solvibilità totale (il rapporto tra attività e debiti): un club è notoriamente solvibile se il totale del suo attivo è superiore a quello dei suoi debiti. Nel caso della Juventus è pari a 1,1, ciò significa che la società guidata da Andrea Agnelli possiede dei beni il cui valore è sufficiente a pagare l’ammontare totale dei debiti. Da tenere sotto controllo, invece, l’indice di indebitamento (rapporto tra patrimonio netto e totale delle passività). Nel caso della Juve è pari a 0,38 (l’ottimale è invece 1). Il capitale di “terzi” quindi prevale sui mezzi propri. Se si valuta l’indebitamento finanziario netto (al 30 giugno 2018) è pari a 309,8 milioni di euro. Ma alcuni di questi debiti, per esempio, sono da considerare assolutamente “virtuosi” come i 37 milioni nei confronti del Credito Sportivo per il progetto dello stadio. I debiti verso le banche ammontano a 182,1 milioni di euro, di cui 46,1 milioni utilizzati nel breve termine. L’ultima operazione dell’emissione di un bond da oltre 175 milioni di euro (con ordini per 250 milioni) al tasso del 3,375% (scadrà il prossimo 19 febbraio 2024), andato totalmente esaurito da parte dei più importanti investitori istituzionali (con una forte richiesta dall’estero), è la conferma dell’appeal sui mercati del brand Juventus, sbarcato di recente sul FTSE Mib di Milano avendo raggiunto una capitalizzazione superiore al miliardo di euro.
Per dare un ultimo parametro di analisi, la Juve oggi vale, per esempio, più di una banca solida ed efficiente come Banca Popolare di Sondrio. Il collocamento delle obbligazioni non convertibili è una prova di forza, perché la società torinese ha dimostrato, in tempi molto brevi, di attrarre investimenti grazie alla forte reputazione sui mercati, oltre che per i suoi “fondamentali” economico-finanziari. Una iniziativa che oggi poche grandi aziende possono permettersi in Europa.
In un solo anno, analizzando il bilancio 2017-18, il Napoli calcio ha perso il 30% del suo valore della produzione, passando da 308 a 215,6 milioni (con un “rosso” di 6,37 milioni). I risultati poco brillanti in Champions ed Europa League (-25,84 milioni di entrate) e l’impossibilità di generare nuovamente una plusvalenza record (da 86 milioni), come quella di Higuain (ceduto alla Juve nell’estate del 2016), hanno fatto il resto. Il club campano, nel presente, paga la scarsa lungimiranza sul fronte degli investimenti collegati alle infrastrutture sportive (come il progetto dello stadio, più volte annunciato senza mai partire concretamente). Il valore della “rosa” poi è molto basso: non più di 97.520.000 euro. Questo dato è ancora più significativo se si pensa che, dal 2009-10 al bilancio in esame, la società ha investito, sul progetto sportivo, più di 550,6 milioni di euro, ovvero quanto il progetto di uno stadio hi-tech. Il totale voce debiti ammonta a 143,98 milioni di euro. E’ da segnalare che il Napoli, nell’ultimo bilancio, non presenta “debiti bancari” (non esistono infatti debiti finanziari come invece nel 2016/17).
Se si analizzano poi le voci di entrata, i ricavi televisivi sono sempre la fonte “macro” del Napoli (118,75 milioni). In seconda posizione i ricavi commerciali (34,47 milioni), i ricavi da gare (19.09 milioni) e, infine, gli altri ricavi (10,567). Il vero “oro di Napoli” è la voce “disponibilità liquide”, pari, nell’ultimo bilancio, a 118.076.000 euro. Una liquidità, però, che non è stata assolutamente utilizzata per la finestra di calciomercato, per cercare di recuperare il gap tecnico con la Juventus (leader nella classifica provvisoria di serie A).
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