Tra i grandi, mancava solo lui. E Mauro Icardi si è fatto perdonare per il ritardo segnando un gol (un’abitudine con la Fiorentina, sua vittima prediletta insieme alla Samp con 11 reti realizzate in carriera) e regalando l’assist del 2-1 a Danilo D’Ambrosio quando in molti tra i cinquantacinquemila arrivati a San Siro erano convinti che sul Meazza iniziasse ad aleggiare una sorta di maledizione. Già perché dopo il 4-0 al Cagliari (17 aprile) in casa erano arrivate tre sconfitte (con Juve, Sassuolo e Parma) e l’amarissimo pareggio subìto con la doppia rimonta del Torino.
Scorie che hanno intossicato le gambe dei nerazzurri dopo il pareggio firmato in cooperazione tra Chiesa (autore del tiro) e Skriniar (impacciato nella deviazione): l’Inter, una volta visto annullare il vantaggio firmato da Maurito su rigore (con il Var a indicare la retta via a Mazzoleni che non aveva visto il mani di Vitor Hugo sul cross di Candreva, rigore molto contestato dalla Fiorentina dopo la gara, durissimo Antonioni), ha perso ogni certezza offrendo dieci minuti da film horror su cui Spalletti dovrà lavorare nelle segrete stanze dello spogliatoio. Per fortuna dei nerazzurri, già bersagliati dal fastidio, sempre più evidente, dei tifosi, D’Ambrosio ha inventato con la collaborazione di Icardi un gol che ha regalato all’Inter il terzo successo consecutivo dopo quelli sul Tottenham in Champions e a Marassi con la Sampdoria. «C’è ancora tanto da lavorare soprattutto sulla fase difensiva: non si possono lasciare tutte quelle ripartenze e tutto quel campo alla Fiorentina – la cruda analisi di Icardi nel post-partita -. Il gol che mancava? Qualcuno ha iniziato a fare casino perché erano quattro partite che non segnavo (l’argentino a Bologna non ha giocato, ndr) ma io sono tranquillo: ho centoventi gol sulle spalle e sono tranquillo. Stessa cosa per il contratto: mia moglie e la società stanno parlando e se c’è da migliorarlo, si troverà il momento giusto per farlo».
Oltre al rigore di Icardi, nel primo tempo c’è stata tanta Inter anche se paradossalmente le due occasioni migliori le ha avute la Fiorentina con il palo centrato da Mirallas e soprattutto la strepitosa parata di Handanovic su Simeone, arrivato a tu per tu con il portiere interista grazie all’assist di Chiesa ma pure all’errore in uscita di Brozovic. Lo sviluppo dell’azione è la chiave per inquadrare la partita a scacchi tra Spalletti (riabilitato grazie al ricorso del club che ha tramutato la squalifica in un’ammenda di cinquemila euro) e Pioli. Entrambe le squadre sono state programmate per cercare di avere predominio del possesso grazie a una ragnatela di passaggi che iniziava dal portiere. E il fatto che né Handanovic, tanto meno Lafont (davvero disastroso con i piedi) fossero dei novelli Neuer ha fornito ancor più pepe alla partita visti i non pochi errori in disimpegno.
L’Inter ha impiegato un po’ per carburare ma, quando lo ha fatto, ha macinato un gioco finalmente convincente grazie anche al recupero palla sempre effettuato con grande aggressività sulle linee di passaggio viola. Strategia che aveva dato già ottimi frutti un campionato fa sempre a San Siro quando però si era presentata una Fiorentina fresca di restyling e con un Pioli alle prime armi in viola. Il rigore firmato da Icardi dopo l’intervento del Var (solo con il Torino in stagione i nerazzurri erano riusciti a fare gol nel primo tempo) è stato coronamento di un incessante lavoro ai fianchi della difesa avversaria in cui, nonostante le molte situazioni pericolose create da Candreva, Nainggolan e soprattutto Perisic (tiro fuori di un niente sull’assist di Candreva), la squadra è sempre arrivata a un passo dalla metà senza avere il killer instinct per buttare giù il castello avversario. Killer instinct mai mancato a Enrico Chiesa che ha trasferito il Dna al figlio Federico che (non a caso) alla prima palla utile ha sparato il tiro che, complice la deviazione di Skriniar, ha lasciato Handanovic come una statua di sale. In tal senso sono suonate come profetiche le parole del ds Ausilio nel pre-partita: «Quando vedo Chiesa dico “beati loro”. Nessuno si nasconde, non si possono mettere in discussione le qualità di questo giocatore. È davvero forte, anche a livello morale. Stiamo parlando di un ragazzo di buona famiglia e di buona educazione. Oltre alla Fiorentina che se lo gode è una cosa bella anche per chi tifa la Nazionale». In attesa del mercato che verrà, of course.
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