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Studio shock: Sesso e droga maggiore per giovani che non vivono con entrambi i genitori



Chi vive con un solo genitore è maggiormente esposto a comportamenti a rischio: questo il risultato dello studio condotto dalla Fondazione Foresta Onlus con un gruppo di psicologi, coordinato dalla professoressa Ghisi del dipartimento di psicologia generale dell’Università di Padova, e presentato oggi al 33esimo convegno di Medicina della Riproduzione presieduto dal professor Carlo Foresta.



Arriva da Padova un’indagine sulle abitudini di vita dei più giovani. I ragazzi che non vivono in casa con due genitori (14,3%) sono maggiormente esposti a comportamenti borderline: ingeriscono molto frequentemente bevande alcoliche in un solo mese e in quantità elevate a differenza per chi vive con mamma e papà tra parentesi (35,1% vs 23,9%), riportano in misura maggiore di fumare (42,4% vs 32,3%), di aver assunto sostanze stupefacenti (56,9% vs 47,3%), di avere più partner sessuali (25,7% vs 15,8%) e di avere rapporti sessuali non protetti (40,3% vs 32,6%). E’ quanto emerge da un’indagine presentata oggi a Padova al XXXIII Convegno di medicina della riproduzione, presieduto da Carlo Foresta.

I dati arrivano dallo studio condotto dalla Fondazione Foresta Onlus con un gruppo di psicologi coordinato da Marta Ghisi del Dipartimento di Psicologia generale dell’Università di Padova. Da oltre 10 anni la Fondazione è promotrice del Progetto andrologico permanente rivolto ai ragazzi dell’ultimo anno delle scuole superiori di Padova a provincia. Nel 2016-17 un questionario ad hoc è stato sottoposto a 2.170 giovani diciottenni maschi, per raccogliere dati sul loro stile di vita.

Così è emerso il ruolo della vita in famiglia. Inoltre i ragazzi che hanno fratelli o sorelle riferiscono di bere mensilmente alcolici più frequentemente dei figli unici (29,2% vs 21,3%), e questi ultimi utilizzano maggiormente il preservativo rispetto ai primi (81,7% vs 78,6%).

“Si sottolinea la sempre maggiore esigenza di associare all’analisi clinica e di laboratorio un’indagine del sociale – concludono i ricercatori in una nota – che necessita dell’adozione di lenti che consentano di osservare i piani relazionali, affettivi e generazionali dal di dentro e dal di fuori della cerchia familiare partendo dall’osservazione che di tutto questo ci dà il binocolo sociale“.

Alcol

Diversi studi che hanno valutato gli effetti dell’assunzione di alcol sulla spermatogenesi non hanno evidenziato un impatto significativo, almeno in relazione ai soggetti con un moderato consumo di alcol. Al contrario, per gli alcolisti cronici, esistono buone evidenze sulla riduzione della qualità del liquido seminale e dei livelli di testosterone. In particolare, uno studio indiano ha valutato 66 soggetti non fumatori e non consumatori di droghe che avessero consumato per almeno un anno 180 ml di alcol/die, per almeno 5 giorni a settimana (brandy e whisky con almeno il 40% di contenuto alcolico) con un gruppo di soggetti di controllo di pari caratteristiche, ma che non consumassero alcol. Nei soggetti alcolisti è stato evidenziato un significativo aumento di FSH, LH ed estrogeni e una significativa riduzione dei livelli di testosterone. Per quanto riguarda l’esame del liquido seminale, sono state evidenziate rilevanti riduzioni del volume dell’eiaculato, della conta spermatica e della percentuale di spermatozoi morfologicamente normali. Risultati simili erano già stati riportati, suggerendo che la prolungata assunzione di alcol possa causare una condizione di ipogonadismo primario.

Droghe e farmaci

Sorprendentemente esistono pochi studi che abbiano valutato l’effetto di droghe o farmaci sulla spermatogenesi nell’uomo. Grazie a modelli animali, è stato dimostrato che i cannabinoidi, come la marijuana, possono compromettere severamente la steroidogenesi testicolare, la produzione, la maturazione e la motilità degli spermatozoi. L’effetto di tali sostanze si esplica attraverso l’attivazione di recettori sensibili ai cannabinoidi (CB1, CB2) che sono espressi anche nell’uomo. Questo supporta l’ipotesi di effetti simili anche sulla spermatogenesi umana, ma i dati ad oggi a disposizione non sono convincenti39. In uno studio di diversi anni fa, l’uso di cocaina nei due anni precedenti l’esame del liquido seminale è stato riscontrato con una frequenza doppia nei soggetti oligospermici rispetto ai soggetti normospermici. Analogamente, tra i soggetti con ridotta mobilità spermatica ed elevata incidenza di spermatozoi anomali, si è riscontrata con maggior frequenza l’abitudine all’assunzione di cocaina. Si tratta di risultati la cui robustezza statistica è ai limiti della significatività, ma che suggeriscono un potenziale effetto della cocaina sulla riproduzione maschile, meritevole di ulteriori approfondimenti.

Il consumo di cannabis

L’hashish e la marijuana sono oggi in Europa le più diffuse droghe illegali. Nonostante in Italia siano in vigore leggi che perseguono il consumo di cannabis, sono comunque tanti coloro che hanno avuto esperienze di consumo. Nel 2005 in Italia il 3 2 % della popolazione ha dichiarato di aver consumato cannabis almeno una volta nella vita e il 12 % di averne fatto uso negli ultimi 12 mesi (IPSAD).

Per ciò che riguarda l’Alto Adige l’indagine sui giovani del 2004 (869 persone intervistate tra i 15 e i 25 anni) ha rivelato che il 36,9% delle persone interpellate ha consumato cannabis almeno una volta nella vita, mentre il 7,9% ne consumava al momento dell’indagine. Nel 2006 il 2 3 ,2% dei ragazzi di 15 anni e il 2 2 ,2 % delle ragazze coetanee avevano dichiarato di avere consumato cannabis per lo meno una volta negli ultimi 12 mesi (indagine HBSC della Provincia di Bolzano). A questo proposito è indicativo quanto sia minima la differenza tra i due sessi: sono infatti molti i giovani che hanno già fatto esperienza nel consumo della cannabis, ossia di una droga illegale.

Modalità di assunzione
Se la cannabis viene assunta per via orale il THC viene assorbito prima nello stomaco e nella parte superiore dell’intestino e trasportato poi dal sangue nel fegato e da lì al cervello. Fumando o inalando i vapori della cannabis, il THC entra in circolo nel sangue attraverso gli innumerevoli capillari presenti nella superficie dei polmoni e arriva direttamente al cervello senza passare attraverso il fegato. Gli effetti si differenziano notevolmente a seconda se la cannabis viene ingerita o fumata.

Se la cannabis viene fumata il suo pieno effetto si avrà al massimo dopo 10 minuti. Il livello massimo di THC nel sangue viene raggiunto invece dopo 15 – 30 minuti dal consumo. Gli effetti psichici durano da 2 a 4 ore. Viceversa, ingerendo la sostanza per via orale (ad es. in forma di biscotti a base di cannabis) gli effetti si fanno sentire più lentamente.

Inizio e durata degli effetti
Gli effetti della cannabis dipendono dai seguenti fattori:
• la modalità del consumo (fumata o ingerita)
• la tecnica di assunzione
(per es. la profondità dell’aspirazione)
• la quantità
• il contenuto di THC
• l’esperienza nel consumo di cannabis
lo stato psichico del consumatore le condizioni del consumo

La parte del corpo in cui la cannabis agisce maggiormente è il cervello. Nel 1988 sono stati scoperti nel cervello e nel sistema nervoso dei ricettori specifici per i cannabinoidi. Pochi anni più tardi alcuni ricercatori americani hanno scoperto nel nostro corpo un cannabinoide (l’anandamide) che reagisce a questi ricettori. Con esperimenti sugli animali è stato dimostrato che gli ananda-midi creano la stessa gamma di effetti del THC: gli anandamidi influenzano infatti la coordinazione motoria, le emozioni e le funzioni della memoria, fanno dimenticare il dolore, rendono socievoli e pacifici. Nel tronco cerebrale che controlla le funzioni vitali come la respirazione, non si trovano quasi o nessun ricettore per THC o ananda-mide. Da questo si può dedurre che il THC – a differenza ad es. degli oppiacei – non ha alcuna influenza sulle funzioni vitali essenziali.

Rintracciabilità
La rintracciabilità della cannabis è molto differente da soggetto a soggetto e dipende dalla modalità di consumo, dalla concentrazione di grasso nel corpo e dal metabolismo. Il THC è molto liposolubile e si deposita nei tessuti adiposi. Questo THC depositato viene liberato molto lentamente, quindi il livello di THC nel sangue si abbassa solo gradualmente, permettendo di rilevarne la presenza nel sangue per un lungo lasso di tempo.

Nelle urine di consumatori cronici di cannabis il THC è rintracciabile ancora per settimane anche se, nel frattempo, il soggetto non ne ha più fatto uso. Tracce di un consumo occasionale di cannabis sono riscontrabili nelle urine anche ad alcuni giorni di distanza.

Nella saliva si possono rintracciare tracce di cannabis nelle 24 ore successive al consumo, nei capelli anche per molti mesi dopo l’ultimo consumo.

Effetti e rischi

A seconda del dosaggio (quantità di THC apportata), della modalità di consumo, dell’esperienza con la cannabis, della personalità, dello stato psichico del consumatore al momento dell’assunzione e delle condizioni in cui la cannabis è consumata, possono subentrare diversi effetti collaterali e successivi. Gli effetti della cannabis possono essere più o meno intensi e possono suscitare sensazioni sia piacevoli che spiacevoli. La cannabis ha effetti molto differenti sulle singole persone, suscita sensazioni in parte contrastanti.

Effetti fisici a breve termine
• sensazione di bocca e gola asciutte
• arrossamento della congiuntiva oculare
• aumento della frequenza cardiaca, alterazione della pressione del sangue
• rilassamento muscolare
• difficoltà di concentrazione, aumento dei tempi di reazione
• disturbi della memoria, pensiero frammentario
• disturbi motori e vertigini (soprattutto quando ci si alza)
• abbassamento della temperatura cutanea (sensazione di freddo)
• diminuzione della pressione oculare
• in caso di sovradosaggio anche problemi circolatori e vomito

Effetti psichici a breve termine
• alterazione della percezione, ipersensibilità alla musica e alla luce
• frequenti associazioni di idee associate a impulso a parlare e a ridere
• euforia e disinibizione
• piacevole sensazione di rilassatezza, leggerezza, di avere i sensi ovattati
• socievolezza
• maggiore consapevolezza di sé
• alterazione della percezione del tempo, calma interiore, stimoli rallentati
• indifferenza con alienazione nei confronti dell’ambiente circostante
• stati occasionali e atipici di disorientamento, confusione, paura, panico e delirio specialmente nei casi di sovra-dosaggio

Rischi del consumo di cannabis
Diventa sempre più difficile distinguere le ipotesi, le speculazioni, le minimizzazioni e rispettivamente le esagerazioni – legate a diverse politiche sulle sostanze stupefacenti – relative alla pericolosità della droga dai rischi obiettivi, e dimostrabili scientificamente, del consumo di cannabis. I rischi per la salute del consumo di cannabis sono legati a diversi fattori: la qualità della droga, il dosaggio, la frequenza e la durata dell’assunzione, lo stato di salute del consumatore, i danni preesistenti, la disposizione psichica e le condizioni di consumo.

Rischi fisici e psichici
• La compromissione delle funzioni polmonari, bronchite cronica, malattie tumorali all’apparato respiratorio causate dal fumo sull’arco di diversi anni di miscele di cannabis e tabacco sono ormai dimostrate, come anche:
• possibili danni al sistema immunitario e al patrimonio genetico e i disturbi ormonali;
• nelle donne può probabilmente aumentare il rischio di infertilità e negli uomini può portare ad alterazioni dello sperma;
• i cannabinoidi passano attraverso la placenta e quindi non si possono escludere alterazioni nello sviluppo del feto e successivi disturbi comportamentali nel bambino;
• test effettuati su consumatori abituali di cannabis hanno mostrato disturbi sulla capacità di memoria e di attenzione. Il rischio di alterazioni strutturali cerebrali è tanto maggiore quanto più precoce è il consumo di cannabis;
• il consumo di cannabis è legato ad un aumentato rischio di schizofrenia o di disturbi psicotici. Allo stesso modo un consumo frequente di cannabis si accompagna spesso all’insorgere di paura e depressione. La relazione causa-effetto non è però ancora chiara;
• l’uso prolungato di cannabis può influire sulla motivazione delle persone specialmente nel porsi e perseguire degli obiettivi a lungo termine.

Rischi alla guida
L’idoneità alla guida come pure l’utilizzo di macchinari complessi, sotto effetto di cannabis, sono fortemente compromessi e implicano un notevole rischio di errori e incidenti.

La guida sotto l’effetto di cannabis viene punita severamente ed include il ritiro della patente, l’arresto fino a tre mesi e ammende da 1.000 a 4.000 euro.

Il rischio di dipendenza esiste
Nel caso di un consumo frequente di cannabis si può sviluppare una dipendenza fisica eventualmente anche con fenomeni di tolleranza, ossia è necessaria una concentrazione maggiore della sostanza per avere gli stessi effetti. Molto più grave è però il rischio di dipendenza psichica. Specialmente nei casi di consumo regolare e di uno stato di malessere psicologico sussiste il pericolo che il consumo di cannabis diventi una apparente forma di soluzione di problemi.

Una droga «battistrada»?
Oggi la cannabis non si considera più un «battistrada» alle droghe pesanti, cioè il suo consumo non implica necessariamente il passaggio successivo a droghe più pesanti. Tuttavia il timore di sperimentare altre droghe cala. Oltretutto la cannabis viene spesso consumata in combinazione con altre sostanze stupefacenti e quindi aumenta anche il rischio di contrarre danni fisici e psichici

Ci sono notevoli differenze da conoscere su effetti, dosaggi e precauzioni da tenere nei confronti della cannabis assunta come cibo (per esempio nei biscotti o in molti altri modi) rispetto al più comune metodo inalatorio. Differenze che spesso sono ignorate o sottovalutate, ma che possono comportare anche alcuni problemi, come il rischio di non avere sotto controllo la quantità ingerita.

La prima differenza, nonché la più conosciuta, è il tempo che la cannabis impiega prima di dare i suoi effetti a livello cerebrale. Se con l’inalazione il Thc inizia la sua azione nel giro di pochi minuti, passando rapidamente dai polmoni al sangue e da questo ai recettori neuronali, quando la cannabis viene assunta come cibo il processo è molto più lento. Può passare un’ora o più prima che i suoi effetti si manifestino. Ma non solo, gli effetti sono anche sensibilmente più duraturi: se gli effetti di uno spinello svaniscono in massimo 3/4 ore, quando invece la cannabis viene ingerita possono durare anche 10 ore.

Questo fatto comporta un primo fattore di rischio. Se fumando è semplice – e in un certo senso istintivo – prevenire il rischio di assumere troppa cannabis rispetto alla tolleranza del proprio organismo, visto che gli effetti si manifestano rapidamente, quando la cannabis è ingerita è presente il rischio, specie nei consumatori meno esperti, di assumerne troppa. Sia perché non è semplice avere precisa cognizione di quanta cannabis si sta assumendo tramite un biscotto o una ciambella, sia perché essendo che può passare molto tempo prima che i suoi effetti si manifestino, si potrebbe avere la tentazione di assumerne ancora, credendo che non stia dando effetto.

È bene sottolineare che a nessun livello una “overdose” di cannabis può provocare decessi ne problemi clinici gravi (a differenza di droghe pesanti e alcol) ma comunque può certamente portare a esperienze negative e a uno stato di transitorio malessere sia fisico che psichico. In altre parole, una overdose di marijuana non ammazza nessuno, ma può essere di certo molto sgradevole.

Un’altra differenza tra la cannabis inalata e quella assunta come cibo è di carattere biologico. Tra i metaboliti che il nostro corpo produce elaborando il Thc c’è il 11-Hidroxi-THC (11-OH-THC). Se nel processo di elaborazione della cannabis assunta fumando la quantità di THC trasformato in 11-Hidroxi-THC prodotta dall’organismo è bassa, nell’elaborazione della cannabis ingerita aumenta notevolmente, arrivando talvolta ad un rapporto 1:1.

Questo ha delle conseguenze sul modo in cui il vostro cervello reagirà. Infatti, il metabolita 11-Hidroxi-THC risulta più potente del THC, in quanto è maggiormente in grado di superare la barriera emato-encefalica cioè le cellule che hanno funzione di protezione del tessuto cerebrale dagli elementi nocivi. Questa è la ragione per cui la cannabis ingerita può provocare effetti più intensi rispetto a quella fumata, ed è anche la ragione per cui può essere difficile prevedere (almeno per un neofita) quali effetti produrrà su di sé, in quanto la quantità di 11-Hidroxi-THC prodotta dall’organismo varia da persona a persona.

Per concludere, mangiare alimenti composti di cannabis è una pratica che richiede consapevolezza, sia al consumatore che al “cuoco”. Regolare il contenuto di THC dei cibi a base di marijuana non è affatto facile, anche perché ogni alimento avrà dosaggi diversi e lo stesso vale per ogni tipo di erba. Un problema con il quale, non a caso, sta facendo i conti la nascente industria alimentare a base di THC in Colorado.

La cannabis assunta per via polmonare agisce rapidamente, dura meno ed ha un dosaggio semplice. La cannabis assunta dai cibi agisce lentamente, persiste per ore, ed ha un dosaggio complesso. Occorre tenerlo a mente per evitare esperienze spiacevoli.

Effetti della Marijuana

Una delle proprietà dei cannabinoidi è la grande varietà di effetti farmacologici da essi prodotti ma che dipendono anche dal soggetto, dalle aspettative, dalla qualità della cannabis, da quanto è “tagliata”, dal modo di fumare, dalle circostanze.

I cannabinoidi sono di norma assunti attraverso il fumo o, meno frequentemente, ingeriti o vaporizzati.

A piccole dosi la cannabis produce euforia, sedazione, rilassamento, assopimento e in un certo senso questi effetti sono simili a quelli causati dall’alcol.

Ad alte dosi il THC produce effetti allucinogeni.

In linea generale, tenendo conto delle molteplici variabili che danno l’effetto finale, il soggetto avverte:

  • un senso di euforia, rilassamento e benessere;
  • in un contesto sociale, la tendenza ad una maggiore loquacità e risate contagiose (basta molto poco, e spesso senza alcuna ragione apparente, che scoppino risate incontrollabili);
  • la sensazione di avere una maggiore sensibilità fisica ed emotiva; il pensiero pare più libero e più “creativo” del solito esi possono avere condizioni di introspezione e trasognanti e il rilassamento può indurre stati soporosi (sonnolenza) o un vero sonno.

Altri segni sono caratteristici dello stato di intossicazione da cannabis:

– l’aumento del battito cardiaco, più consistente nei primi 10–20 minuti dopodiché scende rapidamente;

– la pressione aumenta quando la persona è seduta e diminuisce quando sta in piedi (ipotensione

posturale) causando debolezza e vertigini;

– l’arrossamento congiuntivale, mentre il diametro pupillare non subisce modificazioni;

– secchezza delle fauci (bocca e gola si seccano);

-“senso di fame” per stimolazione da parte dei cannabinoidi del centro dell’appetito e del sistema della

gratificazione; mangiare diventa particolarmente gustoso, piacevole.

La cannabis, data l’azione allucinogena, può determinare distorsioni visive, uditive, del tempo e dello spazio ed intensificazione delle esperienze sensoriali (incremento della acuità visiva, sagome colorate, i suoni si “sentono in maniera più accentuata o distorti ed è tipico il riportato piacere nell’ascoltare la musica); non si possono poi escludere effetti acuti soggettivi in relazione anche alla dose di THC assunta.

La memoria a breve termine e l’attenzione sono compromesse; pensare o concentrarsi diventa molto difficile.

L’alterazione della coordinazione motoria è spesso molto visibile con un’andatura da “fatto”, da ubriaco; i riflessi sono rallentati.

L’alterato stato fisico e mentale prodotto dalla cannabis rende di particolare pericolosità, per se e per gli altri, guidare qualsiasi tipo di veicolocontrollare apparecchiature complesse.

Eseguire compiti impegnativi dal punto di vista intellettuale o creativo può risultare inutile o anche illusoriamente produttivo.

Possono presentarsi inoltre effetti di cattivo umore (la cosiddetta paranoia) e questo soprattutto nei consumatori inesperti in seguito all’assunzione di quantità consistenti, in dipendenza dal precedente stato emotivo del consumatore o se il contesto ambientale non è favorevole.

I più comuni di questi effetti sono ansia e paranoia, depersonalizzazione (una perdita del senso dell’identità personale o dell’auto riconoscimento), panico, reazioni disforiche con disorientamento, depressione, delusioni, illusioni e allucinazioni.

Tutti questi effetti generalmente scompaiono dopo poche ore.

 

Effetti acuti della marijuana(subito dopo l’uso)

– alterazione della memoria a breve termine

– alterazione dell’attenzione, del giudizio, ed altre capacità cognitive

– in coordinazione motoria e dell’equilibrio

Effetti persistenti (che durano più a lungo ma potrebbero divenire permanenti)

– alterazione della memoria e della capacità di apprendere

Effetti a lungo termine della marijuana (cumulativi e potenzialmente permanenti dopo un uso cronico)

– sviluppo di dipendenza

– aumentato rischio di bronchiti croniche, tosse ed enfisema

– aumentato rischio di tumori cerebrali, polmonari e cavo orale.

Effetti cronici della marijuana

Vi sono poche evidenze di danni conseguenti ad un uso moderato. Decessi direttamente correlati alla cannabis sono rari.

Inoltre, maggiore è la potenza della sostanza e l’uso continuo maggiore è la possibilità  che si sviluppi il quadro clinico di un stato di dipendenza.



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