Ricorso respinto. La Corte d’Appello Federale ha rigettato la richiesta di riduzione della squalifica da due a una giornata che il giudice sportivo ha inflitto a Gonzalo Higuain dopo il rosso diretto rimediato contro la Juventus. Non è servita nemmeno l’audizione del Pipita, che è durata circa 20 minuti, davanti al consiglio giudicante. Che ci fossero poche chance che si potesse ottenere uno sconto di pena, al Milan, lo sapevano fin dalla scorsa settimana, quando venne valutato fino all’ultimo se presentare appello o meno alla sanzione disciplinare. Dunque, Higuain guarderà dalla tv Lazio-Milan di domani (quello era già sicuro), ma anche Milan-Parma del 2 dicembre. Dunque, il peso dell’attacco si poggerà unicamente sulle spalle di Patrick Cutrone, che dovrà vestirsi da Pipita e cercare di sfatare una fattispecie che si è generata in questa stagione. Patrick, infatti, ha sempre segnato giocando in coppia con Higuain, mai da solo. Ma qui si apre un altro discorso.
Gattuso ha spesso elogiato lo spirito di sacrificio con cui Cutrone si applica in fase di non possesso palla, trasformandosi in un mediano aggiunto che ha il compito di disturbare la costruzione della manovra avversaria. Questo compito lo ha svolto anche a Siviglia a discapito della presenza dentro l’area di rigore, ovvero il suo habitat naturale dove ha già ampiamente dimostrato di sapere far male agli avversari di ogni tipo e caratura. Contro la Lazio, con Suso e Calhanoglu che gli agiranno alle spalle, questa sua indole al sacrificio dovrebbe essere messa un po’ in disparte per favorirne il killer instinct nei sedici metri avversari. Ed essendo anche l’unico terminale, è ipotizzabile che lo spagnolo e il turco saranno chiamati a cercarlo con maggior costanza e precisione. Ovviamente Cutrone non starà a guardare quando il pallone lo avrà la Lazio, ma con Higuain forzatamente ai box, sarà fondamentale che la squadra riesca a lavorare per metterlo nelle condizioni di fare gol.
Cutrone, poi, tornerà in uno stadio nel quale ha vissuto almeno tre vite calcistiche, tutte consumate nella scorsa stagione. Contro la Lazio conobbe la prima partita non positiva in serie A, sia per il 4-1 laziale sia per la scarsa produttività offensiva dei rossoneri allenati da Montella. Contro la Roma, invece, si rese grande protagonista sbloccando il match con un gol di mezzo tacco su cross di Suso che diede il via al successo milanista, sigillato poi da Calabria. Infine, la terza e più amara, è stata la finale di Coppa Italia contro la Juventus. Un 4-0 netto e inappellabile con il quale i bianconeri vinsero il trofeo con Buffon che gli anestetizzò la prima occasione da rete, segnale indicativo di come si sarebbe poi evoluta la partita. Adesso, nel nuovo capitolo, Cutrone – che con l’eventuale arrivo di Ibrahimovic potrebbe vedersi chiusi alcuni spazi – dovrà tornare ad essere centrale nell’attacco rossonero.
Con Acerbi e Strakosha è il giocatore più utilizzato da Simone Inzaghi. E pensare che questa doveva essere secondo molti la stagione del passaggio di consegne di Marco Parolo. L’arrivo di Berisha e Badelj, oltre alle conferme di Cataldi e Murgia andavano in questa direzione. Ma a un leader in campo come lui non si rinuncia facilmente e Parolo finora è sempre stato titolare in campionato: 12 su 12. E domani farà tredici. Basti ascoltarlo, prima e dopo i match, per capire lo spessore dell’azzurro. Mai eccessivamente euforico quando si vince, ma neanche disfattista quando si perde. Alla vigilia di Lazio-Milan di domani, l’ex Parma lancia l’auspicio che tutti i laziali hanno quest’anno, battere finalmente una grande dopo le “batoste” con Juve, Napoli, Roma e Inter e aggiudicarsi così uno scontro diretto che potrà valere molto in chiave Champions: «In queste grandi sfide è il dettaglio che fa la differenza e questo ci manca – ammette Parolo a Sky – In altre gare magari tralasciamo qualcosa e riusciamo comunque a vincere. Contro le grandi invece bisogna mantenere sempre le antenne dritte. Mi auguro che le batoste prese sinora ci siano servite per maturare». Da milanista («ma ora penso solo alla Lazio»), il centrocampista biancoceleste riconosce che la squadra di Gattuso «ha tutte le armi per fare una gran partita lo stesso, ha giocatori importanti in panchina che vorranno dare ancora di più dei titolari. Quindi sarà una squadra fortissima nonostante le assenze. Tutti avranno una cattiveria in più che gli verrà trasmessa da Gattuso. Noi non dobbiamo cadere nel tranello di pensare di trovare un Milan remissivo». A disposizione di Inzaghi la squadra al completo, ad eccezione di Lucas Leiva, ancora alle prese con un guaio muscolare. Al suo posto, in regia, aumentano le quotazioni di Milan Badelj. Confermati sulle fasce Lulic e Marusic, quest’ultimo favorito su Patric. Il dubbio vero riguarda il ruolo i supporter di Ciro Immobile. Ieri provato Luis Alberto in quella zona, ma lo spagnolo è sceso un po’ nelle gerarchie del tecnico, anche se la sua qualità nell’undici di partenza potrebbe venire utile per una sfida che si preannuncia molto bloccata in avanti. La sensazione è che il vero ballottaggio sia però tra Felipe Caicedo e il ‘Tucu’ Correa. Se l’ecuadoriano darà garanzie di tenuta (viene da un piccolo stop) potrebbe essere lui il prescelto.
Ci fosse ancora Adriano Galliani a ricoprire il ruolo di ad, il ritornello nelle notte milanesi sarebbe più o meno questo: «Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano». Perché il Milan i suoi grandi ex li ha sempre rivoluti con sé. Da Gullit e Donadoni, arrivando a Shevchenko, Kakà e Balotelli, ai quali – gli ultimi due – Galliani dedicò più volte la canzone “Amici mai” di Antonello Venditti. Leonardo è cresciuto alla corte di Galliani, magari nel suo ufficio al quarto piano di Casa Milan ogni tanto ascolta sul telefono la canzone che bene portò al suo “maestro”, almeno per quanto concerne la concretizzazione dell’affare. Perché quello Zlatan Ibrahimovic che periodicamente strizza l’occhio al Milan non può che scatenare le farfalle nello stomaco del dt rossonero che a Ibra è legato, sia per l’esperienza al Milan, sia per quella al Psg, visto che fu lui a portarlo sotto la Torre Eiffel. Leonardo aveva pensato a Ibra in estate, un’idea mai svanita e tornata di moda in autunno nel momento in cui Gattuso ha fatto vedere che con le due punte il Milan poteva essere più competitivo. Sono iniziati così i contatti con Mino Raiola. L’agente, anche per concordare l’intervento chirurgico di Bonaventura domenica scorsa si è visto con Leonardo e Maldini: la trattativa sotto traccia è partita, anche perché Ibra ha deciso che gli vanno anche solo 6 mesi di contratto (a quasi 3 milioni) per (ri)cominciare l’avventura in rossonera, ma non è da escludere che l’accordo alla fine sia di 18 mesi. Comunque sia Ibra-Milan è un matrimonio che s’ha da rifare e lo svedese non ha nascosto per nulla la sua opinione.
Intervistato da “Vanity Fair”, l’attaccante attualmente di proprietà dei Los Angeles Galaxy ha dichiarato: «Al Milan ho passato due anni molto belli e non avrei voluto andarmene ma, come racconto nel libro, mi hanno “forzato” ad andare a Parigi – ha ricordato una volta di più Ibra -. Abbiamo vinto, sono diventato capocannoniere, un ottimo club, un’atmosfera fantastica. E c’era la vecchia guardia. Giocatori incredibili con cui ho avuto la fortuna di giocare e vincere. Un ritorno al Milan? C’è interesse. Però starei bene anche un altro anno qui a Los Angeles». Tutto qui, macché. Ecco il passaggio che può far sognare i tifosi e… Leonardo: «So cosa significa vincere in Italia, ci sono riuscito con i tre più grandi club. Che il Milan mi piaccia non è un segreto – ha sottolineato Ibra -, lì mi hanno trattato bene: arrivavo da Barcellona dove avevo vissuto la tristezza e a Milano mi hanno restituito il sorriso. Volevo sdebitarmi. Milan sì o no? Non dico no e non dico nemmeno sì. Vedremo…». I Galaxy sperano di trattenere Ibra, ma se lo svedese dovesse decidere di tornare in Europa, non si opporranno e lo svedese quasi sicuramente si libererà permettendo al Milan di ingaggiarlo a zero. Elemento fondamentale quest’ultimo perché i rossoneri dovranno fare i conti con la sanzione della Uefa in arrivo a dicembre e dovendo già rinforzare la rosa in difesa e a centrocampo, qualunque “euro” risparmiato per l’attaccante sarà benedetto.
A Gattuso, infatti, servono difensori e centrocampisti. Dietro al momento ci sono due giocatori in cima alla lista: Rodrigo Caio del San Paolo e Benatia della Juventus che potrebbe diventare un’opportunità a gennaio qualora i bianconeri acquistino un difensore e diano il via libera al marocchino. A centrocampo, dove arriverà il giovane brasiliano Lucas Paquetà, diversi profili: da Vidal del Barcellona (altra occasione low-cost in caso di rottura col club catalano) al sogno Paredes dello Zenit, passando per Sensi (Sassuolo) e Diawara (Napoli).
Una “psicosi” difficile da digerire ma che stasera potrebbe interrompersi. Simone Inzaghi la chiama così, quella sindrome da big match che nell’ambiente laziale ormai è diventata un complesso di inferiorità. E hai voglia a rileggere la classifica (Lazio quarta a -3 dall’Inter, almeno fino a stasera) e a ripetere che ti sei qualificato ai sedicesimi di Europa League con due turni di anticipo. A certe, orgogliose latitudini (piazze), conta anche contro chi hai vinto. E alla Lazio la vittoria i lustro che aumenti la fame alla pari dell’autostima, manca ancora. Il Milan, diciamo così, è l’ultimo treno del girone d’andata per invertire la rotta dopo i ko con Juventus, Napoli, Roma nel derby e Inter. Praticamente sconfitta contro le migliori quattro della scorsa stagione, la Lazio stasera si gioca almeno la carta di riserva. Che poi conta per la classifica e per la lotta Champions.
“Saranno le motivazioni a fare la differenza”, invoca Simone Inzaghi alla vigilia, ricordando proprio “che nei primi quattro scontri diretti precedenti siamo stati penalizzati da piccolezze ed errori individuali. Ma abbiamo nelle corde certe partite, altrimenti non avremmo vinto due volte con la Juve l’anno scorso e le semifinali di Coppa Italia con la Roma”. Non sarà semplice, Inzaghi lo sa. Sia perché “loro verranno per chiudersi e ripartire, per questo dovremo stare molto attenti ai loro esterni: Calhanoglu e Suso saranno osservati speciali”, sia perché “Gattuso al Milan ha un’ottima media punti, è un grandissimo motivatore e organizza le sue squadre nel migliore dei modi”.
Detto che le assenze anche faranno la differenza, in questo la Lazio dovrebbe lamentarsi un po’ meno: “Affrontiamo un Milan che ha qualche problema di formazione ma anche noi abbiamo qualche defezione. Avrei preferito che entrambe le squadre avessero tutti gli uomini a disposizione ma quando giochi le coppe è normale”, dice Inzaghi spostando l’ago della bilancia dal fairplay alla furbizia. Perché sa che il solo Leiva fuori per lui, pesa già molto meno del solo Higuain squalificato per Ringhio. Furbizia che si ripete quando se la prende con il terreno dell’Olimpico temendo la poltiglia dopo Italia-All Blacks di ieri: “Per Roma è un vanto ospitare gare di questo genere – attacca – La mia preoccupazione è per il campo, già nelle ultime partite qualche problema c’è stato. Ma so che gli addetti faranno in modo che ci sia un ottimo campo”. In regia favorito resta Milan Badelj, mentre il vero dubbio riguarda l’attaccante da schierare con Immobile. A parità di condizioni, oggi Inzaghi preferirebbe Caicedo. Ma l’ecuadoriano ha svolto il suo primo allenamento completo solo ieri. Restano Luis Alberto e Correa, entrambi in corsa ma con lo spagnolo in leggero vantaggio.
Il Milan è di Ringhio. Ferito, non dimesso, pronto a tirare fuori l’anima del Diavolo, trasmessa dal suo allenatore, come sottolineava Allegri prima della sosta. Gattuso ha perso Higuain con la Juve e Romagnoli con l’Italia, ma non si piange addosso, eppure nelle ultime settimane si erano già rotti Biglia, Bonaventura, Musacchio e Caldara è fuori uso dal precampionato. Questa sera proverà ad alzare il muro all’Olimpico. Resistere, resistere, resistere: nell’emergenza può essere l’unica strada, fidandosi di una mediana d’acciaio, formata dall’ivoriano Kessie e da Bakayoko, l’ex Chelsea in crescita esponenziale, più le scosse garantite da Suso e Calhanoglu (o Castillejo) e dalla cattiveria di Cutrone.
E’ la svolta Champions e dovrà respingere l’assalto della Lazio, mai così affamata. Inzaghi, per placare i suoi giocatori, ha cancellato l’allenamento pomeridiano di mercoledì quando era prevista la doppia seduta e giovedì li ha portati a cena con mogli, fidanzate e bambini. Un modo per alleggerire la pressione in vista di un appuntamento delicatissimo, non solo per la classifica: conta spezzare la serie negativa con le big. Il pericolo di un eccesso di ansia e di frenesia esiste, andrà domato. Simone, ogni volta, si aggrappa alla doppia impresa con la Juve, ma è passato più di un anno. Da mesi, all’interno di Formello, non si percepivano motivazioni così alte. Può essere la svolta Champions in termini di autostima. Una prestazione super e un successo pieno aiuterebbero l’aquila a spiccare il volo. Preparatevi e allacciate le cinture. S’annuncia una partita entusiasmante e la Lazio scenderà in campo con l’idea di condurla a petto in fuori. Il Milan, per uscire indenne dall’Olimpico, dovrà superarsi e tenere botta per 90 minuti
Radiocronaca Lazio-Milan
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- Austria Österreichischer Rundfunk;
- Bosnia ed Erzegovina Radiotelevizija Bosne i Hercegovine;
- Birmania Myanmar National TV;
- Grecia Ellinikí Radiofonía Tileórasi;
- Indonesia Rajawali Citra Televisi Indonesia;
- Lussemburgo Radio Television Luxembourg;
- Finlandia Yleisradio Oy;
- Cina China Central Television;
- Ecuador RedTeleSistema;
- Honduras Televicentro;
- Colombia Radio Cadena Nacional;
- Kosovo Radio Television of Kosovo.
ANALOGIE. Se Gattuso incarna l’anima del Diavolo, Inzaghi ha trasmesso e riportato a Formello la vera lazialità. L’Olimpico non è ancora pieno, ma si sta ripopolando. Negli ultimi due anni l’affluenza media è cresciuta di un terzo, passando dai 20 ai 30 mila spettatori per partita, stasera si arriverà a quota 40. Simone esprime il senso di appartenenza, ha prodotto ottimi risultati, gli manca l’ultimo step. Oggi sarebbe più facile immaginarlo su un’altra panchina piuttosto che ipotizzare uno al suo posto alla Lazio. Ha riempito un vuoto, si riaprirebbe in un istante. Ecco perché Lotito ha ammorbidito certe rigidità nate dopo il 20 maggio. Il campo rischia di essere messo a dura prova dalla pioggia e soprattutto dal Cinque Nazioni di rugby, messo in calendario il giorno prima della Serie A e tre dalla sfida Champions tra Roma e Real Madrid. Assurdo. Simone ha bleffato parlando di Higuain e Romagnoli, ma ci sta e fa parte della dialettica alla vigilia. In realtà medita e prepara da due settimane un partitone.
CERTEZZE E INCOGNITE. Il suo credo calcistico è conosciuto. Non si deroga dal 3-5-2. La Lazio, pur con qualche limite sulla fascia destra, ha assorbito e memorizzato determinati movimenti e sfrutta la continuità del lavoro. Questa non è solo la sfida, tolto De Zerbi, tra i due allenatori più giovani della Serie A. Si sono imposti nello stesso modo: con pragmatismo. Gattuso compie un anno di gestione in questi giorni e nella classifica virtuale da quando guida il Milan sarebbe terzo, in piena zona Champions, accanto alla Roma con 65 punti, dietro solo a Juve e Napoli. Intensità e organizzazione il suo marchio di fabbrica, esposto anche di fronte alla Signora: nonostante assenze e inferiorità, ha resistito 80 minuti prima di uscire da una partita compromessa con il rigore fallito da Higuain. Sa essere duttile e cambiare moduli, le incognite sono legate alla fragilità della difesa, formata da un solo centrale di ruolo (Zapata) e da due terzini (Abate e Rodriguez). Inzaghi attende con ansia il risveglio di Luis Alberto e Milinkovic. Fanno, nel bene e nel male, la differenza. Sono un rebus da troppo tempo. Stasera devono risalire sul palcoscenico e recitare da attori protagonisti, non da comparse.
Inzaghi ha raccomandato calma ai suoi giocatori nella gestione del pallone. Si aspetta un Milan chiuso a doppia mandata, come era successo nella semifinale di Coppa Italia della passata stagione. «Gattuso è un ottimo tecnico, ha vinto un campionato a Pisa, ha un’ottima media punti con i rossoneri ed è un grandissimo motivatore. Fase difensiva accorta, credo ci aspetteranno, dovremo essere bravi a evitare le ripartenze» l’analisi di Simone. Ha bleffato a proposito dell’emergenza rossonera. «Avrei preferito fossero al completo tutte e due le squadre». Sì, certo. Come se perdere Leiva (sostituito da Badelj, mica uno qualsiasi) equivalesse alle assenze di Higuain e Romagnoli senza contare Biglia, Bonaventura e Musacchio. E’ vero, però, che si giocherà in parità numerica. «Sarà difficile. I rossoneri hanno problemi di formazione, ma scenderanno in campo in undici. Come noi».
E poi. «Hanno una rosa ampia e di qualità. Manca Higuain, ma gioca Cutrone. Al posto di Biglia ci sarà Bakayoko, viene dal Chelsea». La differenza starà soprattutto nella panchina (assai più lunga per la Lazio) e nell’incognita di una difesa inedita per Gattuso. Inzaghi pare orientato a metterla in crisi concedendo fiducia a Luis Alberto, costringendo alla panchina Correa e alimentando il dubbio legato a Caicedo. Fosse stato recuperato in anticipo, il Panterone sarebbe sceso in campo dall’inizio. «Deciderò in mattinata dopo la rifinitura. Nell’ultimo allenamento ha risposto bene». Il suo pupillo è l’andaluso puntato dal Siviglia. Risposta decisa sul rischio di un intervento per la pubalgia ipotizzato in Spagna. «Nell’ultimo mese Luis Alberto non ha saltato un allenamento. E’ in crescita, anche al Mapei ho visto dei segnali, è entrato nell’azione del gol di Parolo, ha lavorato bene in settimana».
RUGBY. A Reggio Emilia sarebbe stato meglio risparmiare Leiva. Altro bluff di Inzaghi. «Sono stato contentissimo di averlo impiegato, ha fatto quello che doveva e l’ho sostituito. Il problema fisico, nella stessa zona muscolare, è tornato giovedì in allenamento». Senza la fatica del Mapei e con una gestione più oculata, il brasiliano non avrebbe saltato il Milan. Troppa frenesia nel recupero. Il rischio vero appartiene al campo. Ecco la polemica di Inzaghi: «Sono appassionato di rugby, è bello avere gli All Blacks a Roma, ma sono preoccupato. Il manto erboso dell’Olimpico è peggiorato rispetto ai tempi in cui giocavo io, con Spal e Marsiglia non andava bene, spero venga sistemato in poche ore dai giardinieri. Si rischia di rovinare uno spettacolo. Il discorso vale anche per la Champions della Roma». Toccherà a Badelj dirigere il traffico. Freme Simone. Come la Lazio. «E’ uno scontro diretto, molto importante per noi e la classifica. Vogliamo restare al quarto posto. La psicosi dei confronti diretti è dovuta agli errori individuali e agli episodi che ci hanno penalizzato in certe partite». La colpa, insomma, sarebbe di chi ha sbagliato in campo. «Abbiamo nelle nostre corde certe partite, altrimenti non avremmo vinto due volte con la Juve e le semifinali di Coppa Italia con la Roma». Infatti è inspiegabile l’involuzione successiva, sono passati uno e due anni da quei trionfi. Ora bisogna tornare a certi livelli. Cosa servirà? «Le motivazioni fanno la differenza». Già. La Lazio, questa volta, è carica a pallettoni.
Per definizione la parola “straordinario” indica qualcosa di eccezionale, raro, fuori dalla norma. L’opposto di “ordinario”, insomma, cioè la condizione più comune, se vogliamo anche banale. Nel calcio, la differenza tra queste due opzioni la fanno la qualità, la determinazione e molti altri fattori. In cima a tutti questi, però, ce n’è uno in particolare: il talento, quella magia di chi con il pallone sa fare ciò che vuole. È quello che può renderti protagonista. Ed è ciò che Sergej Milinkovic ha mostrato in gran parte della scorsa stagione, quando ha trascinato la Lazio nella corsa per il quarto posto in classifica, perso solo all’ultima giornata.
PROTAGONISTA. Ecco, lui in quella cavalcata ha avuto un rendimento davvero straordinario, segnando 14 gol, 12 dei quali solo in campionato, dove insieme a Immobile (29) ha formato la coppia più prolifica della storia del club. Inzaghi ora gli chiede di tornare protagonista come un anno fa. Lo ha visto in crescita a livello di chilometri percorsi e “lavoro oscuro” in mezzo al campo, ma da uno come lui si aspetta molto di più rispetto a prestazioni di “ordinaria amministrazione”. Glielo ha fatto notare al termine della partita pareggiata con il Sassuolo, lo stesso discorso gli è stato ripetuto dal ds Tare, che da “mister 150 milioni” esige il salto di qualità.
LA CORTE DEL MILAN. Quella contro il Milan deve essere la sua partita, proprio contro il club che in estate lo aveva cercato, manifestando tutta la sua stima pubblicamente attraverso le parole del direttore tecnico Leonardo: «Se lavorassi per un qualsiasi top club europeo, il primo giocatore che vorrei acquistare sarebbe Milinkovic». Il dirigente rossonero aveva anche sondato il terreno con la Lazio, per capire la disponibilità a prendere in considerazione l’ipotesi di un pagamento dilazionato. Di fronte ha trovato una porta chiusa con il lucchetto dal presidente Lotito, che subito dopo ha rinnovato il contratto del serbo classe 1995, portando il suo stipendio più o meno sullo stesso livello di Ciro Immobile, l’altro top player in organico.
CONTRO LE BIG. Pure per questo motivo da parte della società non sono più ammesse prestazioni banali del serbo. C’è voglia di rivedere il vero Sergej, quel “tuttocampista” che aveva fatto innamorare mezza Europa e che quando arrivava sotto porta mostrava un cinismo da centravanti. Finora è andato a segno una sola volta in stagione (contro il Genoa alla quinta giornata), mentre l’anno scorso di questi tempi ne aveva già realizzate 4 tra coppa e campionato. Milinkovic vuole recuperare il tempo perduto, possibilmente scrollandosi via di dosso anche quella fastidiosa astinenza da gol contro le big: ad oggi non è mai riuscito a segnare contro Juventus, Inter, Napoli o Milan, entrando nel tabellino marcatori solo contro la Roma (due volte, sempre in Coppa Italia). Per uno finito nel mirino dei principali top club europei, serve certamente un salto di qualità anche sotto questo punto di vista. Perché per essere realmente protagonista (come da richiesta di Inzaghi), certi palcoscenici sono l’occasione migliore da sfruttare. La sfida con il Milan gli mette di fronte un’altra possibilità per lasciare il segno. Troppo importante per la Lazio ritrovare il Sergej della scorsa stagione. Troppo importante per Milinkovic mostrarsi al top della condizione pure nei big match. Per riuscirci dovrà tornare però quello capace di far vedere sul campo un talento raro, fuori dalla norma. O meglio ancora, straordinario.
Alla fine toccherà a Luis Alberto, ma le ultime ore hanno segnalato la rimonta di Felipe Caicedo. La formula del doppio centravanti, tolta la partita con l’Inter, ha sempre funzionato e intriga Inzaghi, anche perché il campo brutto dell’Olimpico, la pioggia annunciata e la difesa del Milan con due piccoletti (Abate e Rodriguez accanto a Zapata) inviterebbero a metterla sul fisico, dare sostegno a Immobile e aumentare il peso offensivo della Lazio. Inzaghi si è preso qualche altra ora di riflessione, ieri l’allenamento di Caicedo lo ha soddisfatto, ma l’ecuadoriano è tornato nel gruppo giovedì e rientra da un infortunio muscolare. Non può avere una tenuta ottimale ed esiste già la possibilità di cambiare Badelj (per lo stesso motivo) a partita in corso.
Dunque alla fine prevarrà l’ipotesi di Luis Alberto per due motivi. La fiducia di Inzaghi, deciso ad allontanare gli spettri del mercato (l’interesse del Siviglia è concreto) e pronto a coccolare ogni giorno il suo pupillo. Lo vuole recuperare e riportare al rendimento top del girone d’andata della scorsa stagione, quando aiutò la Lazio a diventare irresistibile. Un’esclusione, in una partita così importante, sarebbe bruciante e la svolta Champions all’orizzonte prevede anche la carta spagnola: riprendersi tutto, possibilmente anche Luis Alberto, in 90 minuti. L’altra ragione per cui dovrebbe spuntarla appartiene alle sue doti di specialista sui calci piazzati. La Lazio cercherà di sfruttare gioco aereo e palle inattive, manca l’altro battitore (Leiva), difficilmente Inzaghi utilizzerà Cataldi in regia e allora serve il Mago per calciare angoli e punizioni.
CONTROPIEDE. La terza opzione offensiva riguarda Joaquin Correa, sinora il migliore degli attaccanti alle spalle di Immobile e puntualmente escluso dal blocco dei titolari. In 12 giornate di campionato, Inzaghi lo ha schierato dal primo minuto solo una volta a Udine e la Lazio ha vinto con un gol dell’argentino. Inzaghi ha sottolineato il suo ingresso positivo al Mapei e l’occasione fallita per un soffio: era stato fischiato il fuorigioco, ma in caso di gol sarebbe intervenuto il Var per certificare la posizione regolare. Funziona con i suoi strappi nell’ultima mezz’ora e Inzaghi se lo terrà come carta di riserva per affondare il Milan in campo aperto. Berisha e Lukaku gli altri due possibili cambi in corsa. DIFESA. Dunque Luis Alberto favorito dietro a Immobile e linea mediana formata da Parolo, Badelj (in vantaggio su Cataldi) e Milinkovic. Lulic sulla fascia sinistra, non dovrebbero esserci dubbi a destra: toccherà a Marusic contrastare Laxalt. Un dubbio, invece, si è insinuato in difesa. Wallace potrebbe strappare il posto a Luiz Felipe e completare la linea a tre con Acerbi e Radu. Scelta muscolare, di fisico e centimetri. Inzaghi porterà l’ex difensore del Monaco a saltare nell’area del Milan sugli angoli a favore. Questa sfida Champions proverà a vincerla di peso, di cattiveria e di prepotenza, travolgendo i rossoneri.
Olympia sfiderà il maltempo otto anni dopo la prima volta. I tifosi, neanche troppo: circa 35mila presenze previste allo stadio Olimpico per Lazio-Milan. Il dato comprende i 2.800 tagliandi staccati per il settore ospiti. Conti alla mano, undicimila laziali hanno comprato il biglietto e si sono aggiunti ai diciannovemila abbonati. Uno scontro Champions senza la cornice auspicata dalla società, che si aspettava una risposta diversa, più calorosa dopo la lunga sosta per le nazionali. E forse nemmeno il terreno di gioco sarà nelle migliori condizioni possibili: un po’ per la pioggia intensa che ha colpito Roma negli ultimi giorni (le previsioni metereologiche anche per oggi non sono confortanti), un po’ (soprattutto) perché ieri pomeriggio all’Olimpico si è consumata la sfida di rugby tra Italia e Nuova Zelanda. All Blacks in campo, tutto nero il cielo da almeno ventiquattro ore.
RICORRENZA. Un clima che però non disturberà Olympia, protagonista assoluta del prepartita. Ricorrenza particolare, nonostante il possibile forfait del falconiere Juan Bernabé, che si è sottoposto a un intervento chirurgico in Spagna: l’aquila, proprio in occasione di una gara con il Milan (stagione 2010-2011), bagnò il suo esordio in biancoceleste. Era il 22 settembre 2010, Reja e Allegri in panchina, finì 1-1 con il vantaggio di Ibrahimovic e il pareggio a 10’ dalla fine di Floccari, bravo a deviare con l’esterno sotto la traversa un tiro-cross di Hernanes.
EVENTO. Il match sarà seguito in tutto il mondo. Più di duecento Paesi collegati alle 18 con l’Olimpico. Toccati i cinque continenti, le tv trasmetteranno la partita in ogni angolo della Terra. In Tribuna d’onore non mancheranno i vip, i doppi ex, gli ospiti dei due club. La Lazio, per agevolare l’arrivo all’impianto, ha messo a disposizione un servizio di bus-sharing, già testato contro l’Inter l’anno scorso. Otto punti di partenza: Piazzale Nervi (zona Eur), Anagnina, Casilina, Tiburtina, metro Ionio, zona Casal Boccone, zona Monte Mario, Via Aurelia. I pullman si muoveranno dalle 16 alle 16.30.
In piena crisi, ma comunque irrinunciabili. SergejMilinkovic-Savic e HakanCalhanoglu non stanno attraversando il loro momento migliore. Per motivi diversi, certo: più, diciamo, contrattuali il primo. Più personali il secondo. Eppure, questo pomeriggio, saranno entrambi in prima linea per Lazio Milan. Simone Inzaghi è convinto che prima o poi si sbloccherà, Rino Gattuso ha gli uomini contati e anche volendo, non potrebbe tenerlo fuori. E allora, cerchiamo di capirne di più di questa crisi allo specchio.
Una parabola discendente. Imprevista e non quantificabile per le tasche di Claudio Lotito che la scorsa estate ha preferito rinunciare a offerte oltre i 100 milioni pur di tenersi stretto il suo Milinkovic-Savic. Se il patron avesse ceduto, forse oggi la partita del serbo sarebbe stata a maglie invertite. Il sergente è rimasto, anche se per ora ha steccato. Dopo aver fallito il botto al Mondiale al suo debutto con la Serbia dei grandi, oggi il laziale continua a giocare troppo al di sotto delle aspettative e del suo valore. Per i maliziosi, una specie di auto-svalutazione per poi sperare di liberarsi a prezzi più corrispondenti al suo valore e migrare dalla prossima estate in lidi da Champions. Neanche il prolungamento del contratto fino al 2023 (con conseguente adeguamento a 3 milioni più bonus a stagione) sembra averlo spronato. Spesso fuori dal contesto in campo, al serbo biancoceleste quest’anno sembra non riuscirgli nulla e l’unica partita in cui si ricordi di lui resta Lazio-Genoa vinta 4-1 grazie a un suo gol e a un assist. Resta anche l’unica sua firma in stagione, mentre di questi tempi lo scorso anno aveva già segnato quattro reti (due in campionato e altrettante in Europa League) ma soprattutto si era preso quasi sempre la Lazio sulle spalle trascinandola alla vittoria. Quello spessore che oggi non si vede più, nonostante Lotito se lo coccoli sperando che l’attenzione su di lui resti sempre viva (Marotta vuole riprovare il colpo stavolta in casa Inter, Real, Atletico e Psg non lo hanno ancora depennato) e poco tempo fa ha ammesso: “Capisco pure che la Lazio non possa essere il Real Madrid o il Barcellona: per alcuni giocatori queste possono essere le opportunità della vita”. Anche il tecnico lo ha sempre protetto e ieri ha ribadito: “Lo vedo in netta crescita, a Reggio Emilia (contro il Sassuolo, ndr) ha fatto riscontrare buoni dati”. Dopo aver steccato con Juve, Napoli, nel derby con la Roma, e con l’Inter nonostante i primi 20’ quasi entusiasmanti, oggi Sergej ha la possibilità di trasformare il Milan in un trampolino di rilancio.
Dopo aver trascinato il Milan in Europa League, lo scorso anno, grazie alle otto reti e ai tredici assist in 45 partite, quest’anno i rossoneri hanno potuto ammirare solo il… gemello scarso di quel campione. Per il turco, è stato un periodo molto turbolento, dal punto di vista personale. In estate la polemica e dolorosa separazione dalla moglie, attraverso accuse reciproche lanciate attraverso i social. E poi, una volta cominciata la stagione, mai una prestazione di un certo livello. Gattuso proprio ieri ha riconosciuto di averlo mandato in campo, a volte, pur non essendo il giocatore al top della condizione. In effetti da settimane si porta appresso un problema al collo del piede: per chi, come Calhanoglu, fa del tocco di palla e del tiro una delle sue armi più pericolose, ecco che in effetti la situazione non è semplice. Certo, il Milan si interroga a questo punto anche sul futuro: considerato incedibile in estate, adesso potrebbe anche partire, in presenza di una offerta irrinunciabile. Soprattutto se dovesse arrivare Ibrahimovic, gli spazi per un altro esterno, oltre all’intoccabile Suso, si restringerebbero in maniera evidente.
E’ evidente che le assenze giochino un ruolo imporntate in questa vigilia del Milan. Ai cinque infortunati (Musacchio, Romagnoli, Caldara, Biglia e Bonaventura) si aggiungo lo squalificato Higuain: cinque su sei sono titolari fissi e quindi siamo inpresenza di mezza squadra out. Ma Rino Gattuso non vuole per nulla piangersi addosso: «Abbiamo tanti giocatori fuori ma non deve essere una scusa, dobbiamo dare tutti qualcosa in più. Le nostre aseenze fanno rumore perché ne abbiamo tante nel reparto di difesa: in realtà, in tutte le squadre mancano tre/quattro giocatori. Non avere tanti difensori centrali fa effetto, tuttavia sono convinto che domani faremo una grandissima partita. Giochiamo anche con tanti uomini fuori ruolo, ma dobbiamo stringere i denti e migliorare la classifica». Già, la classifica. La nuova sconfitta della Roma certifica che i giallorossi hanno più di una dificoltà e che la vera rivale, al moemnto, per il quarto posto obiettivo dichiarato dei rossoneri è proprio la Lazio. Che Gattuso inquadra così:«Quando attacca, ti trovi sempre 5 giocatori a riempire l’area. E’ una squadra che porta tantissimi giocatori in avanti, che ha cambiato poco dall’anno scorso. Sull’esterno ti possono mettere in difficoltà, Immobile attacca la profondità come pochi».
Era il 27 novembre di un anno fa quando Rino Gattuso prese il posto di Vincenzo Montella sulla panchina del Milan. Il tempo è volato, ma si può anche già tracciare un bilancio: «E’ passato un anno ma sembrano dieci a livello calcistico. Ho vissuto un anno bello, è un gruppo valido, di ragazzi che stanno dando tutto, è un gruppo che riesce a stare bene insieme. Ci chiamiamo Milan, veniamo giudicati anche in maniera eccessiva ma ci sta per la storia. Per come sono cresciuti i ragazzi in questi mesi, la squadra è cresciuta tantissimo, l’asticella è ancora alta, dobbiamo sopperire a tanti errori, ma si può partire da qualcosa. Il merito è dei ragazzi che hanno voglia di migliorarsi». C’è stato anche un cambiamento, che il tecnico confessa: «La squadra ha voglia, ha capito il momento, è una squadra che ha sempre avuto questo tipo di atteggiamento. All’inizio giocavamo un buon calcio e non riuscivamo a vincere le partite. Quest’anno giochiamo meno bene ma abbiamo fatto più punti. Dobbiamo essere bravi a recuperare i giocatori e fare i risultati».
Malgrado il campionato, malgrado la sfida che vale il quarto posto, è comunque l’argomento Zlatan Ibrahimovic a tenere banco. E Gattuso conferma, seppure indirettamente, che lo svedese può davvero tornare al Milan: «E’ stato un mio compagno di squadra, abbiamo un ottimo rapporto, ad avercene di giocatori così, lo ringrazio per quello che ha detto e vedremo. Quanto al suo futuro, oi state sbagliando un passaggio, che è fondamentale. Quando dite che Ibrahimovic si propone… Forse anche no. Forse invece è il club che l’ha cercato, e lui ci sta pensando. Poi credo che la cosa più importante sia la mentalità, quando si fa un cambiamento, capendo che ora siamo un club in costruzione e chi arriva deve dare una mano anche a livello di testa, può succedere di tutto.
Welcome Ibra? Sì, ma solo a condizioni ben precise. Ieri Gattuso ha quasi spalancato le porte di Milanello allo svedese, anche se gli ha implicitamente chiesto di presentarsi con lo spirito e con le intenzioni migliori. «Sì. Mi hanno fatto piacere le parole di Ibrahimovic (“Gattuso grande giocatore, grande tecnico”), lo ringrazio. Ad avercene di giocatori come lui al Milan. Anche se ci siamo “accappiati” tante volte in campo, avevamo un carattere forte – ha ammesso il tecnico -. Ibrahimovic non si è proposto, forse è stato cercato e non è ancora detto che venga… Ma può essere utile a tutti noi. Un giocatore forte per venire qua, però, deve entrare nell’ottica giusta, essere gasato e pronto. Siamo una società in costruzione, chi arriva deve dare una mano anche a livello di mentalità». Ricordando la sua prima esperienza (dopo 13 anni) post-Milan a Sion, Rino ha confessato che «dopo 3 giorni, volevo andare via perché ero abituato ad allenarmi in modo diverso, ad avere compagni più forti. Volevo smettere, poi ho solo abbassato le pretese e la voce…».
PARCHEGGIO. Un approccio che, invece, non ha caratterizzato le avventure milaniste di Leonardo Bonucci e Gonzalo Higuain. Il quale potrebbe emulare il tutto e per tutto il difensore juventino vestendo la maglia rossonera solo per una stagione. Secondo certi rumors l’argentino non è convinto dell’attuale progetto milanista. A maggior ragione se dovesse arrivare, forte e chiara, una chiamata dal suo allenatore preferito Maurizio Sarri che sta facendo molto bene al Chelsea. «Higuain ad oggi non mi ha mai detto che vuole andare via – ha voluto precisare Gattuso presentando la sfida contro la Lazio -. Mi suonano strani questi allarmi, con il rapporto che abbiamo se avesse voglia di cambiare aria me lo avrebbe detto. Penso che non ci sia nulla di vero». Ma non ci sarebbe da meravigliarsi se dovesse accadere il contrario. Anzi. «In passato – ha ricordato Gattuso – è capitato che alcuni giocatori siano venuti da me per sottopormi i loro problemi familiari. Come Bonucci che ha fatto una scelta precisa. Le voci su Higuain non mi danno fastidio, deve solo essere meno nervoso. Sa che deve migliorare. E poi Milanello non è una zona di parcheggio dell’Autogrill dove i giocatori si fermano solo un anno. Bonucci ha dato tantissime cose, Higuain sta dando tante cose. Non voleva vendicarsi con la Juve, poteva gestire meglio l’episodio sull’arbitro».
RECORD. La maledizione degli infortuni non deve diventare un alibi. Gattuso ha anche annunciato che «Romagnoli e Musacchio potrebbero tornare disponibili entro due-tre settimane. È un momento difficile, ma ho in allenamento visto un gruppo coeso e molto carico. La squadra è viva e ha grandissimo entusiasmo. Inoltre ci sono stati meno infortunati rispetto al passato. Da statistiche precise nel periodo luglio-settembre dal 2014 ad oggi in questo momento siamo a quota 5. Un anno fa eravamo già a 18, due anni prima addirittura a 24…».
Occhio alla fascia. Inzaghi attacca a sinistra, Gattuso a destra. Si rischia l’incidente frontale in quella zona di campo, la stessa percorsa da Lazio e Milan per sviluppare la manovra e governare la palla. I dati e i flussi di gioco sfornati da Opta rivelano come i due allenatori potrebbero preparare la partita. Vale il quarto posto e la prima pietra per aprirsi la strada verso la Champions. La squadra biancoceleste si appoggia a Radu per avviare l’azione, perché ha il piede migliore tra i tre difensori. Milinkovic gravita sul centro-sinistra, calamita i palloni quando Strakosha rilancia per evitare il pressing avversario sulla linea arretrata, fraseggia con Luis Alberto (quando gioca), il suo partner prediletto, in verità mancato all’appello negli ultimi due o tre mesi. Sulla corsia prediletta corre Lulic, il miglior esterno a disposizione di Inzaghi, per quanto sia un jolly: cambio di passo e completezza nelle due fasi, si carica di una mole di lavoro impressionante. Il pallone va dalla sua parte perché sul versante opposto Marusic è in default e non possiede qualità tecniche elevatissime per fare la differenza al cross, lo spagnolo Patric viene considerato un’alternativa. C’è una differenza abissale tra le due fasce: la Lazio “esce” e attacca al 43,8% a sinistra rispetto al 29,3% del versante opposto.
ELASTICO. Forse domani all’Olimpico ai biancocelesti servirà una spinta differente a destra o almeno un certo tipo di copertura e di attenzione. Gattuso si affiderà a Laxalt. Una sorta di elastico, capace di coprire l’intera corsia laterale, considerato un incubo da Inzaghi per quel gol segnato a tempo scaduto con il Genoa qualche mese fa. Costò (a posteriori) la Champions alla Lazio, che lo avrebbe voluto in estate a Formello. Servivano 14 milioni e lo prese il Milan, in emergenza assoluta, costretto a ridisegnare la difesa con l’ultimo dei centrali in organico (Zapata) e due terzini (Abate e Rodriguez). Possibile il modulo ibrido, perché spesso la difesa rossonera scalerà a quattro oppure Gattuso in fase di non possesso si coprirà ancora di più, trasformando il 3-4-3 disegnato nelle ultime ore a Milanello in 5-4-1. Non è escluso l’inserimento di Castillejo, in concorrenza con Calhanoglu per completare il tridente offensivo accanto a Cutrone e Suso.
RADDOPPI. Ecco la vera chiave tattica della sfida Champions: arginare lo spagnolo, assai pericoloso al tiro e al cross. Analisi opposta alla Lazio. Il Milan preferisce sviluppare la manovra a destra, si appoggia a Suso, di solito lo innesca Kessie, questa volta Gattuso cercherà anche le sovrapposizioni di Calabria, appena recuperato. Potrebbe orientare la partita il duello tra il fantasista andaluso e Radu, a cui Inzaghi ha chiesto un’attenzione particolare in marcatura. Diventerà fondamentale la prestazione di Lulic da opporre a Calabria, dovrà possibilmente attaccarlo, sapendo che il rossonero sarà scortato da Abate quando la difesa rossonera si disporrà a quattro. Gattuso, da quella parte, cercherà il tre contro due.
GIOCO AEREO. Conteranno le scelte di Inzaghi, tutte da decifrare in attacco per il partner di Immobile. Potrebbe puntare su Correa per l’uno contro uno e perché sa “allargarsi” da esterno offensivo o forse preferirà i centimetri per creare difficoltà ai piccoletti del Milan, ma non attraverso Caicedo. Una partita d’attacco dovrebbe produrre punizioni e angoli a favore, da sfruttare con uno specialista come Luis Alberto. La Lazio sa essere pericolosa sulle palle inattive, ma non è ancora incisiva come nella passata stagione. Si può spiegare in questa direzione il ballottaggio in difesa tra Wallace e Luiz Felipe. L’ex centrale del Monaco eccelle nel gioco aereo: al Velodrome di Marsiglia segnò un bellissimo gol di testa su angolo di Leiva. Lasciando fuori Caicedo, reduce da infortunio, Inzaghi potrebbe recuperare i suoi centimetri rilanciando Wallace nel blocco dei titolari. Per la serie: avanti le torri sui calci piazzati.
Per vedere dei palloni in fondo alla rete, l’ultima volta che Lazio e Milan si affrontarono all’Olimpico si dovettero aspettare i calci di rigore dopo 120 minuti di battaglia: a gioire furono i rossoneri, che staccarono il biglietto per la finale di Coppa Italia. In Serie A, però, è tutta un’altra storia: quando il Diavolo favisita ai biancocelesti i gol sbocciano con regolarità. L’ultimo 0-0 risale a quasi 12 anni fa, quando Simone Inzaghi e Rino Gattuso il campo lo calcavano da calciatori; da allora a Roma il tabellino si è sempre riempito di marcatori: il Milan, per dire, nella trasferta successiva sbancò l’Olimpico con un 5-1 che è anche la vittoria più netta contro i biancocelesti lontano da San Siro. Nel complesso, la sfida in casa Lazio si è chiusa senza reti solo 11 volte su 75 e negli ultimi 6 faccia a faccia di A nella Capitale entrambe hanno segnato almeno un gol: la media è di 3,7 a dovesse bucare Donnarumma, toccherebbe i 100 gol casalinghi ai rossoneri. A timbrare l’ultimo, nel 4-1 del 10 settembre 2017, fu Luis Alberto, che arrotondò una gara dominata: su quel Milan, ancora guidato da Montella, si era abbattuto il ciclone Immobile, prima e unica tripletta in A all’Olimpico.
ARMI Ciro, che ha graffiato il Milan anche in un’altra occasione con la maglia del Torino, ci sarà, mentre la bomba rossonera Higuain (12 centri in 9 incroci di A !) si è autodisinnescata con il rosso con la Juve e guarderà dalla tribuna. Gattuso si affiderà a Cutrone, a segno nel 2-1 del Meazza del gennaio scorso, e Kessie, che debuttò in A con una doppietta proprio alla Lazio. Dall’altra parte occhio a Parolo: quando vede rossonero si trasforma in bomber (5 gol) e di questi tempi la mira è piuttosto precisa (2 reti nelle ultime 2 gare di campionato).
THRILLER Guai a perdersi lo spicchio finale: il Milan è la squadra che ha guadagnato più punti grazie ai gol fatti negli ultimi 10’, di cui 4 nel recupero. Stasera però non ci sarà nulla di scontato, perché lo specialista Romagnoli è out e la Lazio al tramonto blinda la porta: nessuna rete subita dall’80’ in su.
Ci sono state vigilie in cui ha spedito la palla in tribuna per molto meno. Una domanda di mercato di solito per Gattuso è lecita, ma la seconda è già eccessiva e l’insofferenza prende sempre due strade: «Chiedete alla società», oppure «parlo solo dei miei giocatori, concentriamoci sulla partita». Ecco perché ieri, alla seconda volta che si è materializzato il nome di Ibrahimovic, tutti si attendevano che Rino andasse di catenaccio. E invece. Invece le risposte sono arrivate non solo alle prime due domande, ma anche alle successive. Messe insieme, danno indizi sufficienti per poter affermare che l’affare Ibra è destinato a diventare sempre più caldo. Rino ne ha sparsi diversi fin dalla prime parole, rispondendo a chi gli chiedeva un commento alle frasi al miele dello svedese sul Milan. «Non avevo bisogno delle sue parole per capire che il Milan è un club ancora molto attraente.
Chi deve venire qua è sempre contento e gasato nell’accetta-re una maglia così gloriosa». Attenzione a quattro parole: chi deve venire qua. Un modo di dire generico? Può essere, senz’altro. O magari è un’anticipazione sfuggita in buona fede?
CARATTERE Di certo sarebbe facile strumentalizzare e indirizzare a piacimento parole come queste, e allora possiamo procedere con le altre – più pertinenti – che nascono dai complimenti di Zlatan a Rino («Vincere con lui è meraviglioso»), «In realtà con me non si vince niente – sorride Gattuso -, io fin qui ho perso una finale di Coppa Italia. E’ stato un mio compagno e abbiamo un bel rapporto, anche se tante volte in campo ci “prendevamo” perché abbiamo entrambi caratteri forti. Ma avercene, giocatori così». Ecco, qui ci sono già meno dubbi. Le parole sono quelle e anche se Rino si riferiva a quando giocavano insieme, è difficile non attualizzarle. Poi, un concetto ancora più preciso: «Siete proprio sicuri che sia Ibra a proporsi? Forse no. Forse è stato cercato e ci sta pensando, infatti non è sicuro che arrivi al 100%». Se non è una mano a carte scoperte, poco ci manca. Poi, la considerazione finale: «La cosa più importante, la dote migliore che deve avere chi fa un cambiamento così importante – dice citando Bonucci e Higuain, ma restando nell’ambito delle riflessioni su Ibra – è capire che siamo un club e una squadra in costruzione, e chi arriva qua deve dare una mano anche a livello di mentalità. Un giocatore forte deve entrare con questa ottica. Io da Sion volevo andarmene dopo tre giorni, perché ero abituato a un altro mondo. Ma mi sono immedesimato, ho abbassato le pretese e le voce. Se vieni qua in questo momento devi mettere a disposizione tutte le caratteristiche che ha un campione». In pratica Rino ha consegnato a Zlatan il manuale del calciatore modello: meglio parlare chiaro fin da subito. Le primedonne, oltre certi limiti, non sono gradite.
L azzurro è un colore impegnativo, bisogna sa- I perlo indossare. Ciro Immobile, per esempio, sta bene con tinte più chiare: la maglia dell’Italia lo valorizza poco, solo 7 gol in 35 presenze in Nazionale. Meno di quelli segnati da Chiellini, che fa un altro mestiere. Patrick Cutrone, che sfiderà Ciro airoiimpico stasera, vorrebbe capire se quell’azzurro potrebbe donargli, dopo le 4 reti in 10 gettoni con l’Under 21 e l’esordio coi grandi. Se in questa stagione non ha ancora potuto spingere al massimo, però, lo deve proprio a una caviglia malconcia rimediata con l’Under. Ciro e Patrick: Lazio- Milan per loro vale un pezzo di Champions. E una fetta di Nazionale.
IL LAZIALE Per Immobile è l’appuntamento giusto per tornare al top. Non segna dal 4 novembre: doppietta nel 4-1 con la Spai airoiimpico. In mezzo, c’è anche l’amarezza di non aver lasciato il segno contro il Portogallo in Nations League. Lazio-Milan accende il bomber di Inzaghi: l’ultima volta della sfida in campionato (10 settembre 2017) venne timbrata da una sua tripletta, prima e unica nella sua striscia in biancoceleste. Tre gol e un assist per Luis Alberto che rifinì il 4-1. E la Lazio balzò al quarto posto, lo stesso gradino da difendere oggi dall’assalto del Diavolo. Immobile ha segnato 8 volte sulle 18 reti della Lazio in campionato. E in casa ha siglato 7 gol (con l’aggiunta di quello in Europa League con l’Apollon). Nelle semifinali di Coppa Italia della scorsa stagione, invece, rimase a secco. Su rigore avviò bene la serie dagli undici metri decisiva per la qualificazione, ma alla fine passò Gattuso. Il Milan per Immobile è pure una storia che poteva nascere. Obiettivo di mercato dei rossoneri nell’estate 2017, lo è stato anche 12 mesi dopo con una proposta di ingaggio praticamente doppia rispetto a ciò che a fine settembre (3,2 milioni a stagione più bonus vari) gli ha offerto la Lazio per il rinnovo fino al 2023. Ma aveva già dato la parola a Lotito e Inzaghi per continuare a segnare in biancoceleste: finora il totale dice 76 gol, a due lunghezze dal sesto posto di Puccinelli nella classifica assoluta dei bomber del club.
IL ROSSONERO Cutrone, invece, il primo rinnovo da grande l’ha firmato a maggio, dopo una stagione da rivelazione. Un anno e mezzo fa nessuno faceva caso a quel ragazzo della Primavera, l’attenzione era puntata su Kalinic, André Silva e gli altri acquisti del Milan cinese. Patrick s’è fatto largo a sportellate, diventando il miglior marcatore stagionale con 18 reti. In premio gli hanno regalato… Higuain, ovvero un formidabile concorrente, che però ha saputo trasformare in partner: se Gattuso s’è convertito al «doppio nue-ve», lo si deve molto alla du ttilità ta ttica del 20enne comasco. Che anzi, senza Pipita non ha ancora segnato, e proverà a rompere questo strano tabù contro Lazio e Parma. Già che c’è, userà il match deH’Olimpico per tornare a far gol in trasferta: non succede da nove mesi, il 25 febbraio segnò proprio a Roma. Sponda giallorossa, ma non per questo Strakosha sarà più tranquillo.
I1 tabù dei big match? L’assenza di Leiva? Il pragmatismo di Gattuso? No. Apreoccupare Simo-ne Inzaghi, alla vigilia della sfida col Milan, è un’altra cosa. «Il terreno deH’Olimpico quest’anno ha qualche problema. E sta penalizzando tanto noi quanto la Roma. Speriamo che gli addetti facciano sì che ci sia un ottimo campo per noi e il Milan, è una partita importante e serve un bel terreno per un grande spettacolo». Sì, perché ieri su quel campo si è giocata la partita di rugby tra Italia e All Blacks, evento che potrebbe aver ulteriormente peggiorato la situazione. Oltretutto le previsioni meteo per oggi danno su Roma piogge intense (in particolare in mattinata, quindi il match non è rischio). «Sono un grande appassionato di rugby – sottolinea Inzaghi -, è bello avere a Roma una partita come Italia-All Blacks. Ed è giusto che la ospiti l’Olimpico. Il mio è un discorso più generale. Il manto erboso è peggiorato rispetto a quando giocavo io, noi e la Roma meritiamo un campo migliore».
IL TABU Terreno di gioco a parte, Simone Inzaghi deve cercare di invertire il trend negativo della sua Lazio negli scontri di alta classifica (quattro sconfitte su quattro finora). «Ma non c’è una psicosi da parte nostra per queste gare – precisa il tecnico -. Le abbiamo perse per errori individuali. Ma abbiamo nelle corde certe partite, altrimenti non avremmo vinto due volte con la Juve l’anno scorso e le semifinali di Coppa Italia con la Roma due anni fa». Di fronte ci sarà un Milan incerottato, ma Inzaghi non si fida. «Resta un avversario difficile, guidato da un ottimo tecnico. E poi io avrei preferito sfidarlo al completo con la Lazio migliore (ai biancocelesti manca Leiva e Caicedo non è al meglio, ndr)».
Lazio-Milan Sugli spalti, contro i bianconeri, la Curva Sud ha espresso una coreografia ammirata da più parti, che potrebbe entrare nella storia. E ha riservato un’accoglienza tutt’altro che festante all’altro grande ex del match, quel Bonucci che per una stagione è stato capitano rossonero per poi tornare a Torino. “Peggio di te”, gli ha riversato contro la Curva Sud, “solo Schettino”.
Lazio-Milan: la sfida per i rossoneri
Il nuovo Milan del fondo Helliott, che tra l’altro ha accolto nella dirigenza la storica “bandiera” Paolo Maldini, è in lotta per la Champions League, cosa che da anni non accadeva.
Rino Gattuso non sembra “in pericolo”, ma lo è stato a lungo visti i risultati non proprio soddisfacenti del Milan fino a qualche settimana fa, tanto che s’era vociferato di una cena tra Leonardo e Donadoni. Quest’ultimo ha recentemente smentito la cena; a domanda diretta ha spiegato che allenare il Milan sarebbe un sogno per tutti coloro che allenano, ma ha aggiunto di non volere “essere strumentalizzato” e di voler “portare rispetto a Gattuso”.
La partita, fischio d’inizio alle ore 18 di domenica 25 novembre, verrà trasmessa in diretta Tv esclusiva da Sky Calcio. La gara sarà visibile anche in streaming live da pc, smartphone e tablet grazie all’applicazione SkyGo.
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