Sono passati sette anni da quando la gamma Note ha debuttato sul mercato globale. La presenza del pennino S Pen integrato nel telaio ha contribuito al successo di un prodotto che ha segnato la storia dei phablet e che sin da subito ha fatto breccia nei cuori di chi ha mal digerito il superamento della tastiera meccanica. L’arrivo della S Pen è stato per gli orfani della tastiera un prezioso alleato per la creazione di appunti veloci e precisi, conquistando i cuori di disegnatori amatori o professionisti che trovavano nella linea Note un compagno per la creazione di opere in digitale. Tuttavia la storia della linea Note non è stata senza intoppi; i primi smartphone hanno sofferto di una fastidiosa problematica alle schede madri, la quinta generazione non è arrivata in Italia e la settima (la sesta è stata inspiegabilmente saltata) per via delle esplosioni delle batterie ha causato non pochi danni economici (e di immagine) alla casa coreana, che ha dovuto ritirare il prodotto dal mercato.
Ciò non ha però scoraggiato Samsung, che con il lancio di Note 8 ha cercato di far dimenticare, per quanto possibile, un amaro passato che la gamma di certo non meritava. Lo scorso anno infatti abbiamo imparato a conoscere un dispositivo maturo, ma non ancora perfetto. Fino ad arrivare al Note 9, un dispositivo sempre più potente (e grande) che alla perfezione si avvicina, senza però raggiungerla.
Anche il Note 9 segue il trend dei predecessori e subisce anch’esso un aumento di peso e dimensioni. Il phablet sfonda (di poco) quota 200 g e misura 161,9 x 76,4 x 8,8 mm. L’utilizzo con una mano non è impossibile, ma per la digitazione è preferibile, anche se non obbligatoria, l’utilizzo della seconda mano. Nonostante l’ingombro, in tasca è ancora accettabile; anche se i bordi sono morbidi, trattandosi di un dispositivo compatto e massiccio si sentono gli spigoli. Il profilo in metallo conferisce robustezza e resistenza, il Note 9 è certificato IP68 e resistente quindi alle immersioni in acqua e alla polvere. Il design è sofisticato e trova una continuità con Note 8; pasticci come il retro del Note 4 sono solo brutti ricordi.
Aumenta ancora la diagonale del display, ora di 6,4 pollici in formato 18,5:9 e risoluzione di 2.960 x 1.440 pixel. Il pannello Super Amoled scelto da Samsung è come sempre di qualità e le immagini riprodotte, supportate da un reparto audio al top, permettono di godere al massimo dei contenuti multimediali. Nota di merito per Samsung che si distingue da altri player rinunciando alla moda di equipaggiare i propri device col notch, la tacca superiore nello schermo. Da menzionare inoltre il posizionamento degli speaker stereo di Akg, che nelle sessioni di gioco, quando il device è in modalità landscape, non vengono coperti dalle mani.
Lo schermo rosicchia sempre più i bordi dello smartphone, ma lo spazio è sufficiente a contenere nella parte alta i sensori, un led di notifica, una potente capsula auricolare utilizzata anche come secondo speaker di alta qualità, il sensore per la scansione dell’iride e la fotocamera frontale, che può essere utilizzata per il riconoscimento facciale. Il rilevamento è veloce — ma non istantaneo — anche con poca luce, ma con fatica riconosce il viso con addosso gli occhiali, sebbene durante la configurazione ne assicuri l’efficienza anche con questi accessori. Può capitare che sia necessario attendere poco più di un secondo affinché il sistema riconosca il viso; il device in questi casi è bene che si trovi a diversi centimetri di distanza dal volto per un riconoscimento più veloce. Bene anche la scansione dell’iride, anche se impiega troppo tempo quando le condizioni di luce non sono favorevoli o si indossano gli occhiali.
Nel profilo superiore del Note 9 è presente lo slot per due schede Sim o per espandere la memoria via micro Sd. Il profilo sinistro è interessato dai controlli del volume e dal tasto per l’attivazione di Bixby, l’assistente di Samsung, a cui però non è ancora “stata insegnata” la lingua italiana e che per via della posizione quando estratto dalla tasca, tende ad attivarsi spesso. Con i progressi di Google Assistant e Google Lens, Bixby non avrà vita facile; peccato non poter personalizzare il tasto per assegnargli altre funzioni più utili. Nel profilo inferiore troviamo il jack audio, la porta Usb type C, lo speaker principale e l’ingresso per la S Pen, che viene estratta premendo il tasto di scatto del pennino stesso.
Un’ottima soluzione per non perderlo, anche se bisogna avere l’accortezza di accertarsi di aver premuto il tasto di scatto una volta reinserita la S Pen, per evitare che venga persa; forse si poteva fare qualcosa di più. Nel profilo destro troviamo il solo tasto di accensione. Il lato posteriore è quello maggiormente elaborato rispetto alle precedenti versioni, la doppia fotocamera rimane nella posizione invariata e si affianca all’ormai consueto cardiofrequenzimetro, mentre subito sotto in una posizione finalmente comoda da raggiungere, ecco il sensore di impronte digitali, purtroppo non migliorato in termini di velocità. Il riconoscimento dell’impronta sfiora il secondo di attesa, un po’ troppo per un dispositivo di questa caratura.
Se già le prestazioni di Note 8 avevano convinto, Note 9 mostra i muscoli. Disponibile in due versioni, con 6 GB di Ram e 128 GB di memoria interna e quella della nostra prova, con 8 GB di Ram e 512 GB di storage (la memoria è espandibile fino ad ulteriori 512 GB), si avvale del processore octa core Exynos 9810. Un hardware scattante che però nei processi impegnativi tende a scaldare un po’ troppo, in particolar modo nelle sessioni di gioco. A completare le prestazioni la batteria da 4.000 mAh del Note 9. Vero punto debole dell’ottava generazione, il Note 9 convince in termini di autonomia. Si arriva (finalmente) a sera, nonostante un utilizzo intenso. Un passo avanti di Samsung che a discapito di un aumento (per ora tollerabile) delle dimensioni, conferisce al top di gamma un’affidabilità che prima non possedeva; l’autonomia può migliorare ancora tramite il risparmio energetico di Samsung che permette la disattivazione della modalità Always On, oppure di portare la qualità dello schermo a Full Hd+, che rimane comunque elevata.
Il reparto fotografico è costituito da due unità, la principale composta da un sensore da 12 megapixel con obiettivo a diaframma variabile come quello presente sul Galaxy S9+, ovvero da F/1.5 a F/2.4. Il secondo sensore, sempre da 12 megapixel con apertura F/2.4, dispone di uno zoom ottico 2x. Entrambi i sensori sono supportati dalla stabilizzazione ottica. Di giorno le immagini propongono colori fedeli e sono molto dettagliate.
Alla lente del sensore principale manca un po’ di grandangolo, lo si può notare fotografando cattedrali e monumenti.Non senza fatica abbiamo fotografato il Duomo di Milano interamente, ma abbiamo dovuto allontanarci non poco; si può recuperare qualcosina dalle impostazioni selezionando il formato 4:3 a 12 megapixel, perché di default la fotocamera è impostata per scattare a 18,5:9 (come il rapporto di forma del display) a 7,9 megapixel. La seconda lente con zoom ottico 2x anche in questo caso restituisce immagini di alta qualità e dettagliate, con colori fedeli, specialmente di giorno.
Molto bene l’effetto bokeh nella modalità “Fuoco Live” che scatta immagini con entrambe le lenti; nonostante gli sfondi complicati il software non va in crisi e la sfocatura può essere regolata anche in un secondo momento. Di sera o in interni entrambi i sensori trovano però qualche difficoltà, in particolar modo nella modalità automatica. Non di rado vengono generate foto mosse o di scarsa qualità, per via delle impostazioni non corrette scelte dall’IA.
Anche la fotocamera frontale da 8 megapixel, seppur di ottima qualità, nei selfie di gruppo la lunghezza focale costringe a qualche acrobazia per far entrare tutti nel campo visivo; fortunatamente la S Pen, in modalità telecomando, accorre in aiuto.
Concludiamo parlando proprio del pennino. Il successo della linea Note (e la fidelizzazione dei fan rispetto alla stessa) è legata in modo indissolubile a questo accessorio. Per chi è abituato a utilizzarlo, tornare a un dispositivo che ne è privo sarà quasi traumatico.
Con l’aggiornamento della nona generazione è stata implementata la connettività Bluetooth, con la possibilità di utilizzare la S Pen come telecomando remoto per scattare le foto, semplificando le operazioni quando lo smartphone è posizionato su un cavalletto (ed eliminando la possibilità di creare foto mosse con il tocco) o nei selfie. L’utenza business potrà adoperarlo come telecomando per cambiare le slide nelle presentazioni, si auspica inoltre che anche altre app sfrutteranno la S Pen per nuove operazioni. Viene da chiedersi come mai ci siano voluti sette anni per una (seppur modesta) rivoluzione. Disegnare e scrivere con la S Pen è davvero un piacere; come sempre viene riconosciuta la pressione e il ritardo nella tracciatura è inesistente.
In definitiva Note 9 migliora tutte quelle lacune che la precedente generazione aveva presentato, nonostante fosse all’epoca obbligatorio creare un prodotto al limite della perfezione, per dimenticare un flop quale il Note 7. L’attuale Note 9 ci riesce, sebbene i sensori biometrici impieghino ancora un po’ troppo tempo nell’identificazione; poco male se mezzo secondo in più è sinonimo di maggior sicurezza. Il vero problema sta nel prezzo: nonostante la vendita a rate (o il noleggio proposto da Samsung) 1.029 euro e 1.279 euro per le configurazioni 6/128 GB e 8/512 GB sono davvero tanti, nonostante lo smartphone eccelle in quasi ogni reparto. Rispetto alla quarta generazione il costo è quasi raddoppiato e a queste cifre i difetti non sono tollerabili, specie se ci si rivolge ad un’utenza business, voltando un po’ le spalle a quella non trascurabile quota consumer che si è innamorata della gamma Note sin dal primogenito.
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