Con la proroga dell’Opzione Donna al 2019, i requisiti di uscita dal mondo del lavoro salirebbero rispettivamente a 58 anni per le lavoratrici dipendenti e 59 per le autonome per via dell’adeguamento alle aspettative di vita. A rimanere invariato è il requisito contributo di 35 anni per i versamenti. Ad essere maggiormente interessato da questa misura pensionistica anticipata è il comparto scuola. Ad ogni modo, bisognerà attendere il testo ufficiale della Legge di Bilancio.
Pensioni Quota 100 e Opzione donna: ultime notizie ad oggi, come funzionano le finestre temporali
Torniamo a parlare di quota 100 perché sembra che al momento sul tema, ci siano diverse perplessità. Ciò che ci si chiede è effettivamente che cosa possa accadere a chi va in pensione anticipata e se vero che ci rimane senza stipendio per circa 6 mesi. Al momento infatti sembrano essere tante le questioni aperte per ciò che riguarda la nuova manovra economica e dunque le novità emergenti riguardati anche Quota 100. Bisogna ancora fare molta chiarezza su quelle che sono le finestre temporali che tra lavoratori privati e dipendenti pubblici potrebbero essere in qualche modo differenti e bisogna effettivamente fare un po’ di chiarezza. Stando a quanto emerso fino ad ora, sembra che gli statali potrebbero aspettare un po’ di più a partire dal momento in cui maturano i requisiti, per poter uscire dal mondo del lavoro, al momento poi in cui effettivamente iniziano a percepire l’assegno.
Ciò che ci si chiede, dunque, è se durante questo arco temporale questi lavoratori percepiranno lo stipendio o meno. Va precisato che coloro che maturano i requisiti per poter usufruire della pensione quota 100 possono decidere di lasciare il lavoro anticipatamente e nello specifico i lavoratori privati devono aspettare soltanto tre mesi per poter lasciare il lavoro. Più nello specifico, coloro che matureranno i requisiti entro il 31 dicembre 2018 potranno andare in pensione sfruttando ad esempio la prima finestra disponibile che è quella relativa al mese di aprile 2019.Coloro che invece maturano i requisiti previsti, per poter usufruire dell’opzione pensioni quota 100, nel corso del 2019 dovranno attendere questi fatidici tre mesi.
Lavoratori pubblici e Pensione 100: come funzionano le finestre temporali
I lavoratori pubblici possono decidere di lasciare il lavoro e dunque usufruire dell’opzione quota 100, ma per loro sono previste delle finestre di circa 6 mesi. Questo semplicemente perché pare che sia stato stimato un esodo piuttosto importante che potrebbe portare purtroppo ad un collasso riguardo ad alcuni enti pubblici. Maggiormente colpiti da questo collasso, potrebbero essere la sanità e l’istruzione e quindi per cercare di contenere i danni si è pensato di prevedere delle finestre di 6 mesi, proprio per i lavoratori pubblici.
Si tratterebbe di cercare in qualche modo di contenere questa fuga collettiva che potrebbe essere non soltanto importante, ma anche ingestibile. Gli statali che entro il 31 dicembre 2018 matureranno i requisiti, potranno lasciare il lavoro e già a partire dal primo luglio 2018, ma senza percepire l‘assegno pensionistico. Per tutti gli impiegati del mondo della scuola, l’assegno viene percepito soltanto dopo 12 mesi perché per loro è prevista una finestra annuale per evitare il fenomeno chiamato svuotamento delle cattedre. Questo arco temporale, non proprio così tanto breve, darà la possibilità di stabilire un piano di occupazione dei posti che vanno liberando con l’uscita anticipata determinata proprio dalle pensioni quota 100.
Pensione Quota 100 ultime notizie, cosa sta accadendo? Tutte le novità
Il 2018 sta per terminare e per questo motivo si discute giorno dopo giorno su temi piuttosto caldi come quelli riguardanti la riforma pensioni. Il governo ormai da giorni sembra essere al lavoro proprio sul tema pensioni. A distanza di circa due settimane da quella che è stata l’approvazione del disegno di legge di bilancio per il 2019, almeno in via preliminare, adesso i tecnici di Palazzo Chigi sono ancora all’inizio riguardo la scrittura di quelli che sono i punti saldi riguardanti nuovo capitolo previdenziale. Gli obiettivi principali della riforma pensioni al momento sembrano essere tre ovvero la Quota 100, al fine di dare più flessibilità nell’ accesso alla pensione per coloro che hanno raggiunto 62 anni e 38 anni di contributi, ed ancora l’incremento delle pensioni minime a €780 al mese e l’ avvio del reddito di cittadinanza.
Ciò che il governo vuole fare è semplicemente quello di andare a modificare la legge Fornero tanto discussa e tanto odiata dalla gran parte degli italiani. E’, inoltre, prevista anche la proroga dell’opzione donna, che per chi non lo sapesse ricordiamo essere una misura volta alle lavoratrici dipendenti ed autonomi, che da loro la possibilità di uscire anticipatamente dal mondo del lavoro, accettando un ricalcolo contributivo dell’assegno. Si parla anche della proroga dell’Ape sociale, per tutte le categorie più disagiate e misura che praticamente scade il prossimo 31 dicembre 2018. Per poter recuperare delle risorse nella legge di bilancio, si parla anche di un taglio alle pensioni d’oro ,ovvero quelle pensioni che risultano essere superiori ai €4500 netti al mese e si pensa anche a ripristinare il contributo di solidarietà e a cancellare i privilegi riguardanti le pensioni dei sindacalisti.
Pensioni quota 100
Riguardo questa misura, si è detto che dovrebbe entrare in vigore il prossimo mese di aprile attraverso un meccanismo di ben quattro finestre di accesso fisse ovvero Aprile, luglio, ottobre e gennaio. Legato a questo tema relativo alla Quota 100, sembra ci sia anche il divieto di cumulo reddito pensione. Cosa vuol dire? Sostanzialmente coloro che sceglieranno il pensionamento anticipato, non potranno andare a cumulare reddito da lavoro dipendente o autonomo, il lavoro occasionale per un periodo di 24 mesi dalla data di pensionamento al fine di favorire il ricambio generazionale all’interno delle imprese e anche della pubblica amministrazione.
Ricordiamo che quota 100, è una delle novità relative alla riforma pensioni introdotta dalla legge di bilancio 2019 ed è un sistema che prevede l’accesso alla pensione, quando la somma tra l’età anagrafica e l’età di contributi è pari a 100. Non si hanno invece ancora notizie sul fatto se sarà ancora concessa la facoltà di cumulo gratuito della contribuzione mista, ovvero la contribuzione che è versata in diverse gestioni previdenziali al fine di raggiungere i 38 anni di versamenti.
Pensione anticipata e assegno di invalidità: i casi in cui si rischia di perderla
Oggi, vogliamo parlarvi di un tema piuttosto controverso, ovvero quello riguardante la pensione anticipata legata al percepimento dell‘assegno di invalidità e di tutti quei casi in cui si rischia di perderla. Il nostro sistema previdenziale, sicuramente è volto alla tutela dei lavoratori invalidi e infatti è proprio a loro che è permesso di andare in pensione anticipatamente, qualora però siano in possesso di alcuni requisiti. Questi riguardano più nello specifico il grado di invalidità ed anche la gestione a cui il lavoratore risulta iscritto. Ad esempio, qualora un lavoratore abbia un’ invalidità superiore ai due terzi e dunque una capacità lavorativa rimanente di meno di un terzo, non può anticipare la pensione, ma può percepire l‘assegno ordinario di invalidità. Tuttavia questo assegno sarà calcolato sulla base del metodo che viene applicato alla pensione per riceverlo e saranno necessari almeno 5 anni di contributi, di cui 3 devono essere maturati nel quinquennio precedente. Ma allora quando un lavoratore con invalidità, può usufruire della pensione anticipata?
Pensione Opzione Donna, ultime novità
Della proroga opzione donna, si parla più che altro nel pacchetto pensione anticipata, ma come una misura sperimentale fino al prossimo 2021. Questa misura prevede di poter uscire dal mondo del lavoro a 58 anni di età e 35 anni di contributi per le lavoratrici dipendenti e 59 anni di età, qualora risultino lavoratrici autonome. Per loro la pensione potrà essere calcolata soltanto con il criterio contributivo con decorrenza posticipata di circa 12 mesi. Si tratta di una soluzione che dovrebbe in qualche modo rimanere in attesa e quindi al momento non resta che attendere, sperando che l’iter dei provvedimenti normativi non sia così tanto lungo.
Opzione donna esiste sostanzialmente da diversi anni anche se effettivamente è stata introdotta dal governo Berlusconi nel 2004, come una norma transitoria in vigore, poi fino al 31 dicembre 2015 ed è stata anche confermata di anno in anno, anche dopo la riforma Fornero del 2018. Ovviamente uscire dal lavoro in netto anticipo comporta un prezzo e le donne che usufruiranno dell’opzione donna riceveranno infatti un assegno pensionistico che sarà calcolato interamente con il metodo contributivo, ovvero in proporzione a quelli che sono i contributi versati nel corso di tutta la sua carriera e non più con il sistema retributivo piuttosto vantaggioso, che si basa sugli ultimi stipendi percepiti prima di poter uscire dal mondo del lavoro. Si presume che coloro che decideranno di congedarsi dal lavoro con opzione donna, verranno fortemente penalizzate ma ovviamente tanto dipende dai percorsi di carriera di ogni singola lavoratrice, ovvero dalla quantità dei contributi che ha versato.
Pensioni Opzione Donna 2019 verso la proroga: beneficiari e requisiti
Ultime novità pensioni Opzione donna 2019. Per chi non lo sapesse, è la possibilità per le lavoratrici del pubblico impiego, ma anche nel privato di poter andare in pensione in netto anticipo, a patto però che queste accettino un assegno che è calcolato sul sistema contributivo. Opzione donna è stata introdotta dalla legge Maroni Numero 243/04 ed è stata poi successivamente ripresa dalla riforma delle pensioni Fornero del 2011 e prorogata ancora dalla legge di bilancio 2017. Grazie a questa misura, le donne possono andare in pensione all’età di 57 anni o 58 nel caso siano autonome, qualora abbiano raggiunto però 35 anni di contributi. Ciò significa che è possibile andare in pensione in anticipo rispetto a quelle che sono le regole ordinarie che prevedono in genere il raggiungimento dei 41 anni e 10 mesi di contributi, oppure il raggiungimento di un età anagrafica di circa 66 anni e 7 mesi per le lavoratrici del pubblico e 65 anni e 7 mesi del privato, oltre ad avere maturato anche circa vent’anni di contributi.
La scorsa Legge di bilancio pare avesse prorogato la sperimentazione di questa Opzione donna per pensione anticipata per le donne lavoratrici dipendenti ed autonome che fossero, però, in possesso di determinati requisiti per poter accedere al pensionamento precoce. Adesso però grazie alla nuova riforma delle pensioni 2019 introdotta dalla legge di bilancio del governo Di Maio Salvini, potrebbero arrivare delle novità molto importanti anche con una proroga delle Pensioni Opzione donna 2019, insieme anche a Quota 100 e Quota 41. Obiettivo del nuovo governo è quello di superare finalmente la tanto discussa Legge Fornero. Quindi, pare che anche per il 2019 sia stata prorogata Opzione donna, confermata dunque ancora una volta dalla Legge di bilancio 2019. Vediamo più nel dettaglio come funziona, chi può accedere e quali sono i requisiti.
Opzione donna: requisiti
Per poter beneficiare di questo pensionamento precoce, bisogna essere in possesso di determinati requisiti, soprattutto anagrafici e in termini di anni di contributi versati. Ecco i requisiti per poter presentare la domanda di pensione anticipata opzione donna:
- dipendenti pubbliche, avere una età anagrafica di 57 anni e 7 mesi
- donne autonome, avere un’età anagrafica di 58 anni e 7 mesi di età
- contributi minimi ovvero avere versato almeno 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2015.
Opzione Donna, quanto effettivamente conviene?
Si tratta, ad ogni modo, della possibilità di per poter uscire dal lavoro in netto anticipo, ma questo ovviamente comporta un prezzo. Quello che ci si chiede è se effettivamente Opzione donna, sia conveniente o meno. Questo Semplicemente per il fatto che coloro che usufruiscono di Opzione donna, ricevono un assegno pensionistico che è calcolato interamente con il metodo contributivo e quindi sulla base dei contributi che sono stati versati in tutta la carriera e non è più invece con il sistema retributivo, nettamente più vantaggioso perché calcolato sulla base degli ultimi stipendi percepiti prima di uscire dal mondo del lavoro.
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