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La battaglia dei voucher, in Aula il doppio fronte Ma M5S blinda il testo



La battaglia dei voucher- si sposta da domani nell’aula di Montecitorio. Le commissioni hanno concluso l’altro ieri l’esame del decreto «dignità» approvando alcune modifiche, tra le quali appunto una limitata estensione dei buoni lavoro in agricoltura e nel settore alberghiero. Modifiche insufficienti secondo Forza Italia, mentre sul fronte opposto il Pd e Leu gridano allo scandalo per il ritorno dei voucher in due settori tra i più esposti allo sfruttamento della manodopera. Su questa linea anche i sindacati, Cgil, (risi e Uil, con la Cgil pronta, nel caso i voucher dovessero ritornare, a riproporre il referendum abrogativo. In pressing per un ampliamento dei voucher ci sono invece le associazioni del commercio.



La Confesercenti, con un studio fatto con Swg, sostiene che la reintroduzione dei buoni lavoro «se estesa a tutte le imprese del turismo, dagli alberghi ai pubblici esercizi, senza limiti di dimensione d’attività, potrebbe sbloccare nel solo mese d’agosto quasi 30 mila rapporti di lavoro occasionali», concentrati al Nord. L’emendamento passato in commissione, pur confermando che con i buoni si possono pagare solo pensionati, disoccupati e studenti fino a 25 anni, introduce alcune novità: i voucher possono essere utilizzati dal datore di lavoro entro io giorni anziché 3; sparisce il minimo di 4 ore al giorno di lavoro retribuito; sale la dimensione delle aziende che possono usarli nel settore alberghiero (da 5 a 8 dipendenti). Ma le associazioni dei pubblici esercizi (bar, ristoranti), come la Fipe-Con- fcommercio, protestano chiedendo l’estensione della norma anche al loro settore. Richiesta condivisa da Forza Italia: «Hai un albergo? Potrai utilizzare dei voucher. Hai una bottega, un ristorante in zona turistica? Non potrai», sottolinea Paolo Zangrillo, capogruppo di FI in commissione Lavoro, annunciando battaglia in aula. Così come Fratelli d’Italia, la cui leader Giorgia Meloni domani incontrerà le imprese venete. Pd e Leu, invece, presenteranno emendamenti contro i voucher.

La Lega, che in commissione avrebbe voluto ottenere di più rispetto alle richieste delle imprese, sia sui voucher sia per alleggerire i vincoli sui contratti a termine, si è dovuta fermare davanti al niet del vicepremier e padre del decreto «dignità», Luigi Di Maio, deciso a blindare il testo. Il capo dei 5 Stelle seguirà personalmente i lavori in Aula mentre per i deputati della maggioranza sarà possibile

presentare solo emendamenti concordati col governo e che dunque abbiano il via libera dello stesso Di Maio. Ciò non toglie che potrebbero arrivare altre modifiche. Quelle più importanti, sulle quali le imprese stanno intensificando il pressing sulla Lega, riguardano i contratti a termine. Obiettivo: allungare da 12 a 18 mesi la durata di quelli che non richiedono la causale 0 in subordine rendere più generiche le causali. Si potrebbero così fare più facilmente i contratti a termine. Ma è proprio quello che non vuole Di Maio. Che paria di un decreto «migliorato» in commissione grazie al bonus perle imprese che stabilizzano i contratti a termine. Che però, leggendo la norma, una proroga di due anni degli incentivi Gentiioni, si scopre non valere «300 milioni l’anno», come Di Maio aveva detto in tv, ma meno di 500 milioni in sei anni, dal 2019 al 2024.



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