Jessica Woolhouse ha mal di testa, fa un pisolino e non si sveglia più. Muore a 9 anni



È piuttosto incredibile la vicenda che stiamo per raccontarvi, che ha come protagonista una bambina di nome Jessica, la quale da un sonnellino non si è più svegliata. Si chiamava Jessica Woolhouse, la ragazzina di 9 anni che è morta a causa di una emorragia cerebrale, la quale aveva detto alla mamma di avere un po’ di mal di testa e di volere anche andare a fare un riposino, ma quando poi la nonna è andata a svegliarla purtroppo Jessica non stava più così tanto bene. Stando a quanto riferito, sembra che la ragazzina residente a Walsall, West Midlands, si era distesa sul divano e sembrava che dormisse davvero in modo angelico, ma in realtà la piccola era morta a causa di una forte emorragia causata da un aneurisma celebrale.



A rendersi conto che qualcosa purtroppo non andava nel verso giusto, sarebbe stata la nonna che avvicinatasi alla piccola per svegliarla, non ha ottenuto alcuna risposta e così da quel momento è partito l’allarme e la ragazzina è stata portata d’urgenza in ospedale e sottoposta ad un intervento chirurgico.

Purtroppo le sue condizioni di salute sono state dichiarate dai medici piuttosto gravi e soltanto il giorno successivo all’intervento la famiglia è dovuta intervenire per prendere una decisione piuttosto straziante, ovvero spegnere le macchine che tenevano in vita la bambina. Secondo quanto riferito dalla famiglia della stessa ragazzina sembra che non avesse mai avuto alcun tipo di problema di salute e dunque la morte che è giunta per una emorragia celebrale, sarebbe arrivata proprio come fulmine a ciel sereno. A raccontare questa tristissima vicenda è stata proprio la mamma della ragazzina, la quale ha dichiarato come a trovare la bambina in condizioni molto gravi, fosse stata la nonna, la quale l’ha trovata sul divano che lamentava dei forti mal di testa, ma tutti pensavano che fosse semplicemente malata magari influenzata.

«I medici ci hanno detto che aveva una probabilità di sopravvivenza molto ridotta. Anche se fosse stata sulla soglia dell’ospedale quando è successo, sarebbe stato troppo tardi», ha raccontato ancora la mamma. La stessa ha tenuto a precisare che nei giorni precedenti questo episodio che purtroppo per dirti che è risultato fatale da piccola stava benissimo non avevo alcun tipo di malessere alcuno. Piuttosto commovente la giornata dei funerali della piccola Jessica dove tutti i presenti avevano addosso dei vestiti di colore rosa, supportando il #TeamJess, un hashtag della raccolta benefica online, avviata dalla stessa famiglia. Ad oggi grazie alla raccolta fondi sono stati raccolti appunto circa 1000 sterline e tutti i proventi saranno destinati all’ospedale pediatrico Di Birmingham.

La principale causa di disabilità in età adulta è l’ictus cerebrale, il quale si esprime in Italia con una incidenza di 220-230 casi all’anno per 100.000 abitanti ed una prevalenza di circa 1000-1100 casi per 100.000 abitanti. Sia gli ictus ischemici che emorragici richiedono il trasporto urgente in ospedale e possono essere difficilmente distinguibili fra loro sulla base dei dati clinici. Le emorragie cerebrali, distinte in intraparenchimali (15%) e subaracnoidee (5%) costituiscono il 20% circa di tutti gli ictus. In considerazione della possibile necessità di assistenza semintensiva o intensiva, della eventuale necessità di monitoraggio della pressione endocranica e di trattamento neurochirurgico e comunque della ricorrente instabiltà neurologica, il livello di assistenza richiesto dai pazienti con emorragie cerebrali può superare la disponibilità offerta da molti ospedali e richiedere il trasferimento a strutture attrezzate. Sulla base dei dati forniti si può stimare una incidenza annua nelle Marche di circa 500 nuovi casi di emorragia intraparenchimale e 165 casi di emorragia subaracnoidea, escludendo dal computo i focolai emorragici di origine traumatica. Alcuni elementi relativi alle diverse condizioni di patologia possono contribuire a definire le risposte assistenziali. L’ictus emorragico si differenzia da quello ischemico per la più frequente ricorrenza dei seguenti aspetti: progressione del deficit, cefalea e vomito, compromissione progressiva della vigilanza, elevata progressione dei valori pressori. L’evoluzione dell’emorragia intracerebrale spontanea è progressiva in una minoranza di casi (5-20%), mentre dal 34 al 38% dei casi il massimo dei sintomi si esprime all’esordio e dalla metà ai due terzi mostra una lieve e temporanea

progressione dei deficit correlati all’edema perifocale. La mortalità supera il 40% e la maggior parte dei sopravvissuti presenta una grave disabilità. Un corretto inquadramento nella fase precoce dell’emorragia intraparenchimale deve tenere conto delle possibili cause. Il tipo più comune è dovuto alla ipertensione responsabile della rottura di una arteriola perforante che causa emorragia a livello dei nuclei della base e della sostanza bianca periventricolare oppure a livello del ponte e del cervelletto. In alternativa le emorragie lobari dei pazienti anziani sono causate da angiopatia amiloide mentre quelle dei giovani da malformazione vascolare. Le emorragie determinano un aumento di volume intracranico con incremento della pressione intracranica regionale che condiziona negativamente il flusso regionale cerebrale. Tale condizione viene meglio tollerata in caso di ematomi piccoli in cervelli atrofici mentre in caso di ematomi di grosso volume si realizza una ipertensione endocranica con possibile arresto di circolo cerebrale. Nel caso di ematomi cerebellari si può realizzare un idrocefalo, una erniazione delle tonsille o una ernia ascendente, nel caso di ematomi temporali posteriori una erniazione transtentoriale. Quando gli ematomi si aprono all’interno del sistema ventricolare si associa frequentemente un idrocefalo. In ogni caso la sintomatologia ed il danno residuo sono correlati all’ischemia periematoma, la quale sviluppa un edema, dapprima citotossico, poi vasogenico che è aggravato dall’ipotensione e dall’ipossia. Rappresentano fattori predittivi di esito sfavorevole il volume e la sede dell’ematoma, il punteggio basso al GCS e l’idrocefalo acuto. Al contrario sono indicatori favorevoli la localizzazione corticale ed il deficit neurologico contenuto. La diagnosi di emorragia intraparenchimale è realizzata attraverso una TAC precoce la quale permette di localizzare l’ematoma, definire l’esistenza di una emorragia endoventricolare, di ernie cerebrali e di idrocefalo.

L’angiografia si impone nel caso di ematomi a localizzazione lobare, mentre è di poco rilievo nelle emorragie in sede tipica che si verificano in soggetti ipertesi. Il trattamento dell’emorragia intraparenchimale prevede approcci di ordine medico ed, in casi selezionati, approcci neurochirurgici. Fra i primi è da segnalare la gestione corretta dei valori pressori, il monitoraggio delle funzioni neurologiche e cardiopolmonari, il trattamento antiepilettico, la gestione della glicemia e della temperatura, la prevenzione delle trombosi venose profonde, la corretta posizione del tronco e del capo ed adeguate terapie di sedazione ed analgesia. Fra le procedure chirurgiche il monitoraggio della pressione endocranica, il drenaggio ventricolare e l’evacuazione dell’ematoma con craniotomia. Dai pochissimi studi randomizzati della letteratura (livello di evidenza II) emergono i seguenti dati: – in pazienti con vaste emorragie (>50 cc) la qualità della vita non sembra essere influenzata dall’atto chirurgico mentre la mortalità è ridotta – il beneficio chirurgico sarebbe limitato ai pazienti con emorragie lobari ed ai pazienti di età inferiore a 60 anni. L’emorragia subaracnoidea (ESA) rappresenta una emergenza e, come tale, deve essere gestita presso un centro che abbia i mezzi idonei per farlo.

Circa il 10% dei pazienti decede prima di raggiungere l’ospedale ed un altro 10% nei primi giorni per le conseguenze dell’emorragia. Il risanguinamento rappresenta la causa principale di morbilità-mortalità con un rischio del 15-20% nelle prime due settimane. Nel sospetto clinico deve essere eseguita una TC senza contrasto, la quale consente una diagnosi nel 92% dei casi, quando eseguita entro 24 h dall’esordio. La diagnosi di emorragia subaracnoidea è cruciale anche in presenza di modesti sanguinamenti, poiché quest’ultimi possono rappresentare il segnale di allarme, seguito da un sanguinamento massivo e spesso fatale, in circa ¼ dei casi. L’ESA è dovuta in gran parte dei casi a rottura di un aneurisma cerebrale, il quale può provocare anche la formazione di un ematoma. La localizzazione e le caratteristiche morfologiche dell’emorragia subaracnoidea e dell’ematoma intraparenchimale variano a seconda della sede dell’aneurisma che ha sanguinato: ematomi frontali o frontobasali sono espressione di aneurismi dell’arteria comunicante anteriore mentre ematomi temporali di un aneurisma dell’arteria cerebrale media. Dopo aver rilevato la presenza di ESA e/o ematoma di probabile origine aneurismatica alla TC, è indicato eseguire uno studio angiografico per evidenziare o escludere la presenza di una malformazione vascolare come responsabile dell’emorragia. L’angiografia rappresenta l’esame di riferimento per studiare gli aneurismi; se lo studio angiografico è negativo si può parlare di ESA con angiografia negativa che ricorre in percentuale variabile dal 7 al 33% e può essere spiegato da numerose ragioni (trombosi precoce dell’aneurisma, piccoli aneurismi che si distruggono al momento dell’emorragia, presenza di vasospasmo locale, emorragie venose). Ad ogni buon contro in caso di ESA con angiografia negativa è consigliabile eseguire un’angiografia di controllo dopo circa una-due settimane dall’esordio controllando la risoluzione dello spasmo con DTC. Le condizioni che richiedono ulteriore valutazione in caso di ESA sono rappresentate dal vasospasmo cerebrale, dall’idrocefalo acuto o sub-acuto (testimoniato dal controllo TC seriato) e dalla recidiva di ESA (nei casi non trattati 40% entro 180 giorni dal primo evento con netta prevalenza delle recidive entro le prime 24 h).

Il trattamento chirurgico od endovascolare può essere programmato in relazione alle caratteristiche morfologiche dell’aneurisma ed alla sua sede. L’esito risulta migliore nei soggetti trattati precocemente (entro tre giorni) o dopo la 2° settimana. La decisione sul tipo di intervento da adottare, chirurgico od endovascolare, è attualmente presa nell’ambito di un team specialistico multidisciplinare (neurochirurgo e neuroradiologo interventista). Il trattamento della emorragia subaracnoidea comporta altri interventi di ordine non chirurgico o endovascolare che condizionano pesantemente gli esiti. Tali interventi possono essere identificati nell’approccio antiipertensivo, nel trattamento del vasospasmo (responsabile della morte del 20% dei pazienti e della realizzazione di ischemie cerebrali nella metà dei casi), nella correzione della iponatremia (osservata nel 10-34% dei pazienti), nella diagnosi e trattamento del diabete insipido, nella cura delle crisi epilettiche, (ricorrenti in circa ¼ dei pazienti) e nel monitoraggio e trattamento dell’idrocefalo ostruttivo.



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