Ci sono 24 chilometri di distanza tra via Calatafimi, a Brescia, e Cariadeghe, l’altopiano sopra Serle dove giovedì scorso si è persa Iuschra, la dodicenne autistica in gita scappata improvvisamente dai suoi accompagnatori: lassù procedono le ricerche e in città si prega. Il padre della bambina si chiama Muhammad Liton Gazi e, dal campo base allestito nella zona, parla come un fiume, ma della sua voce in città non arriva che un rigagnolo: qui, da Brescia, dove è rimasta la mamma della bambina, le dichiarazioni sembrano n on essere arrivate, la strada è silenziosa e sotto casa, un vecchio edificio in una via trafficata ma ordinata, dove un tempo c’erano case popolari, non c’è nessuno.
Dopo qualche ora esce una donna, dalla porta in vetro di casa Gazi: è velata, ma gli abiti sono coloratissimi e arabescati. Le chiediamo se è stata dalla madre di Iuschra e lei, gentile, risponde di sì. Le chiediamo se possiamo suonare anche noi, e lei, gentile, risponde di sì. Allunghiamo la mano per presentarci, e lei questa volta si ritrae: non ha problemi a dire che è stata a casa Gazi ma è gentile fino alla lunghezza di un braccio. Poi, se ne va.
La mamma, Must Nurunnahar Khanam, ci risponde al citofono, dice che sta male, ha mal di testa. Non ci fa salire: «Devo badare a tre bambini piccoli. Un altro dei miei figli soffre di autismo».
Dice che anche se ci parlasse non capiremmo, perché lei non parla bene l’italiano. Non è vero, la capiamo perfettamente: «È mio marito quello che parla, lui è là (a Pozza Ruchì, appena sopra Serle, sulle prealpi bresciane, ndr) e io aspetto le sue telefonate. Lo chiamo sempre. Aspetto mia figlia, aspetto Iuschra». E il marito in effetti parla, senza timidezze: «Voglio mia figlia. La voglio viva – ha dichiarato ieri ai giornalisti, – è una ragazza forte, ma il buio proprio non lo sopporta». Liton Gazi, quarantottenne arrivato in Italia nel 1997, dal Bangldesh, lavora come operaio all’Iveco di via Volturno, a Brescia.
Dorme in tenda, poco, da quattro giorni, ed è circondato da colleghi e amici di famiglia. Gli uomini tutti insieme su, le donne tutte insieme giù, con gli altri tre figli della famiglia, due bambini di 7 e 6 anni e la più piccola di appena 6 mesi. La madre, ha raccontato il signor Gazi, «non mangia da giovedì. Dice che se non mangia la bambina, non mangia nemmeno lei».
Iuschra si è messa a correre giovedì mattina: un “prova a prendermi” che sta mobilitando, su una superficie di 130 ettari (hanno ristretto la zona dei rastrellamenti rispetto ai 750 iniziali), 248 volontari tra Protezione Civile, Soccorso Alpino, Vigili del fuoco e Guardie Forestali. Ci sono 40 cani molecolari che cercano le sue tracce, e trentatré speleologi che si calano nei “bus”, in dialetto bresciano: un formicaio di cunicoli che si snodano anche per 20 chilometri e scendono fino a 430 metri, sotto l’altopiano carsico di Cariadeghe.
Doline, grotte, inghiottitoi, imbuti naturali: sono oltre 250, alcuni proseguono in orizzontale, molti scendono in verticale. Una zona in fame perché il bosco è folto e le piogge non hanno aiutato. I due elicotteri non sono serviti, ma un drone ieri sera h a individuato il calore di una presenza umana. E fa sperare.
Le ricerche di Iuschra proseguono e «non si fermeranno perle prossime 48 ore», ha dichiarato il prefetto di Brescia, Annunziato Vardè: allora saranno cinque giorni senza Iuschra e di digiuno per la madre della bambina. Poi si farà il punto della situazione, ma «sembra svanita nel nulla», h a concluso Vardè.
Le piacciono le musiche di Masha e Orso e di Frozen, a Iuschra, è attirata dalle cose che luccicano, «come le collane o gli occhiali», dice Nunzia Iovine, professoressa di italiano della bambina, al primo anno alla scuola media Mompiani, a 200 metri da casa. Le piacciono i capelli biondi, i succhi difrutta, le patatine. Ma «è spaventata dalle persone», dice un capo squadra al campo base, «stiamo cercando un cerbiatto, un animale selvatico». Non le piace chi parla a voce alta, e scappa se qualcuno si avvicina con movimenti bruschi. Anche per questo alcuni pensano che invece di riconoscere i suoi salvatori preferisca nascondersi, magari proprio in una di quelle grotte in cui si teme che sia caduta.
La procura di Brescia ha aperto un’inchiesta: nel mirino c’è la Fondazione Bresciana Assistenza Psicodisabili a cui la ragazzina era stata affidata per la gita nei boschi di Serle.
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