Oggi parliamo di ipertensione e nello specifico di un nuovo studio che pare possa aprire ad una terapia piuttosto innovativa per contrastare la pressione alta. Si tratterebbe di un meccanismo che va a regolare la contrazione delle cellule muscolari che si trovano nei vasi arteriosi e che potrebbe essere davvero molto interessante per sviluppare nuove terapie per contrastare la pressione arteriosa elevata. E’ questo quanto emerge da una ricerca che è stata pubblicata sulla rivista arteriosclerosis thrombosis and vascular biology dell’American Heart Association che pare abbia studiato le cellule muscolari lisce dei vasi arteriosi che si contraggono e si rilassano in modo da andare a regolare la pressione sanguigna e nello specifico il flusso di sangue che arriva nei tessuti. È proprio questo ruolo di regolatrici del flusso che porta le cellule muscolari a reagire quando c’è una situazione di ipertensione e al fine di contrastare l’aumento si contraggono andando a proteggere i tessuti da un eccessivo flusso.
In questo modo non fanno altro che aumentare la resistenza al passaggio del sangue, andando a contribuire nel tempo a far funzionare questa situazione. Ad essere maggiormente importante sembra essere la proteina Emilina-1, ovvero una componente delle fibre elastiche che si trova tra le cellule endoteliali. Lo studio ha puntualizzato come attraverso degli esperimenti che sono stati condotti su modelli, non soltanto animali ma anche umani, i ricercatori hanno potuto vedere come una riduzione di tale proteina porta una maggiore e contrazione delle cellule muscolari lisce.
“Pensiamo che lo stress provocato dall’ipertensione sui vasi sanguigni possa portare a una diminuzione di Emilina-1, e di conseguenza a una maggiore contrazione della muscolatura liscia. Questo causerebbe un irrigidimento delle arterie, contribuendo ulteriormente allo stato ipertensivo. Ed è un meccanismo che rimane attivo nel tempo. Consideriamo, infatti, che alcuni studi clinici avevano già mostrato come l’elevata contrazione dei vasi si mantenga anche quando i pazienti stanno seguendo una terapia antipertensiva. Le arterie, insomma, sono ancora irrigidite nonostante le terapie, e ciò spiegherebbe perché le persone ipertese continuano ad avere un maggiore rischio di patologie cardiovascolari anche quando sono in trattamento”, è questo quanto dichiarato da Daniela Carnevale, professoressa dell’Università Sapienza e prima autrice dello studio.
Sempre in termine di ipertensione, sembra essere in arrivo un pulsossimetro da dito oppure saaturimetro, che altro non è che uno strumento non invasivo che viene utilizzato al fine di conoscere i livelli di ossigeno nel sangue, oltre che la frequenza cardiaca del paziente. Questo potrebbe essere uno strumento davvero molto efficace e preciso per poter misurare la pressione arteriosa. A presentare questo strumento è stato un team di ricerca internazionale guidato da studiosi dell’Università della British Columbia di Vancouver in Canada i quali hanno collaborato con tecnici e colleghi dell’Università di Oxford, dell’Università di Adelaide, ospedali cinesi ed anche americani.
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