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In derby da 100 miliardi di euro. E’ la cifra stellare che si raggiunge sommando il valore delle due proprietà di Inter e Milan. Suning mette in campo 70.08 miliardi di euro. Secondo il report Cnfic (China National Federation of Industry and Commerce), pubblicato a fine agosto, è questo il fatturato nell’ultimo anno del gruppo Suning, la holding che unisce tutte le attività della famiglia Zhang. Elliott risponde con 30.3 miliardi di euro, la cifra dichiarata dal sito dell’hedge fund a inizio luglio sul dato degli attivi gestiti. Non sono esattamente due grandezze identiche da paragonare. Da un lato, i ricavi di una multinazionale commerciale presente in vari campi. Dall’altro, gli asset conferiti a un fondo di investimenti da soci e investitori. Per questo Elliott non può essere considerata una proprietà a lunga scadenza dal momento che prima o poi, seguendo una logica finanziaria, dovrà monetizzare l’operazione Milan presumibilmente con la cessione del club.
Ma resta il dato relativo a due masse economiche notevolissime. La seconda e la terza della Serie A dopo la Juventus che con Exor veleggia a quota 143.4 miliardi di euro di fatturato nel 2017: 19° gruppo industriale al mondo per ricavi. A livello finanziario le proprietà di Inter e Milan sembrano le uniche che nel breve-medio periodo possono insidiare il primato della Juventus. Anche se i risultati del campo non sono mai una diretta trasposizione di dinamiche economiche. Il derby di questa sera servirà a dare una prima risposta in questa direzione: potrà chiarire chi, tra i due colossi economici, ha le qualità calcistiche migliori e quindi può ambire a rivaleggiare più da vicino con i Campioni d’Italia. Da Torino osservano con interesse per capire chi potrà riportare prima in alto la Milano calcistica reduce da anni di flessione. E conseguentemente decidere chi bisognerà marcare con maggiore attenzione. Il derby da 100 miliardi designerà anche la sfidante più accreditato a interrompere il dominio bianconero certificato dai sette campionati vinti consecutivamente.

La tribuna del Meazza, peraltro stasera ben imbottita di vip, allenatori e presidenti di altre società, avrà pure due prestigiosissimi convitati di pietra, ovvero Ivan Gazidis e Giuseppe Marotta. Il primo entrerà in carica dal 1° dicembre a Casa Milan, mentre l’ex amministratore delegato – nonostante le tante offerte sul tavolo – è particolarmente affascinato da quella dell’Inter, dopo i due incontri avuti nelle ultime settimane con Steven Zhang, presidente in pectore del club (la nomina verrà ratificata nell’assemblea dei soci di venerdì). Molto in tal senso dipenderà anche dalle pratiche di divorzio ancora in corso con la Juventus, considerato che Marotta è decaduto dalla carica di amministratore delegato ma ha ancora un contratto in essere da direttore generale: qualora Andrea Agnelli non dovesse porre veti, l’architetto dei trionfi bianconeri potrà accasarsi a Milano, dove peraltro si è trasferito dopo il divorzio dalla Juve. Se così fosse, sarebbe comunque una rivoluzione in una società che oggi ha una struttura orizzontale, con i vari “chief” (capi settore) che – avendo pari poteri – si interfacciano con Suning. Qualora dovesse arrivare Marotta, l’Inter assumerebbe probabilmente una struttura simile a quella della Juventus con il doppio ad (Alessandro Antonello nel caso dei nerazzurri) e con il nuovo Ceo per l’area tecnica ad interfacciarsi con Piero Ausilio e Giovanni Gardini.
Il Milan, per volontà di Gordon Singer (amico personale di Gazidis) è già nel futuro e ha messo la società nelle mani dell’ex amministratore delegato dell’Arsenal (di cui Singer jr è tifoso) a cui è stato garantito un ingaggio da top player (4 milioni all’anno) nella convinzione di aver trovato l’uomo giusto per far decollare il fatturato. Per Gazidis, d’altronde, parla un curriculum ben infiocchettato: è stato l’artefice della quotazione in borsa dei Gunners che hanno raddoppiato negli anni il proprio fatturato fino a raggiungere oltre 400 milioni di sterline. Questo anche grazie al fatto che l’Arsenal si sia qualificato per otto anni consecutivi in Champions, però sulle decisioni inerenti all’area tecnica sarà Leonardo ad avere pieni poteri.

Un po’ Mourinho (perfidamente geniale inserire pure Eusebio Di Francesco nell’elenco degli allenatori emergenti…), un po’ capo popolo. Luciano Spalletti ha voluto evocare a sé i tifosi. Parole studiate per bene a tavolino, le sue. Un derby si vince anche nei particolari e l’uomo di Certaldo ha provveduto a puntare l’indice là dove la sua Inter può fare la differenza sul Milan di Gattuso (peraltro nei confronti in panchina tra i due Ringhio è ancora imbattuto). In primis, sfruttare al massimo il vantaggio dato dal fattore campo: il Milan difetta di esperienza e, qualora i tifosi dovessero ripetere la bolgia vista col Tottenham, i rivali potrebbero patirne. In secondo luogo Spalletti ha rimarcato come il derby si possa anche vincere sulle palle inattive, ovvero corner e punizioni, dove l’Inter ha più chili e centimetri rispetto al Milan. «Noi in questa settimana non abbiamo pensato né al Barça, né al campionato ma esclusivamente al derby – ha sottolineato Spalletti – Questa partita è il termometro più corretto per misurare quanto siamo malati per l’Inter. Battere il Milan ti può dare qualcosa in più rispetto ai tre punti, un qualcosa da portare nelle altre partite e nello scorrere del campionato. E noi in queste settimane non abbiamo sprecato neanche un minuto. Questa partita vuole grande intensità, grande concentrazione, grande capacità di andarsi a scontrare faccia a faccia con gli avversari: noi siamo convinti di quello che facciamo e questo derby vogliamo giocarlo a viso aperto perché ci saranno molti interisti allo stadio e il quarto anello a casa con i nostri tifosi a incitarci: gli interisti magari dimenticano il compleanno del marito o della moglie, ma non il risultato del derby e se si vuol far parte della storia dell’Inter, questa passa da queste partite».

Spalletti ha altresì bollato come giornalisti-tifosi, i critici che hanno osato sottolineare come a questa squadra – arrivata dopo il Tottenham alla sesta vittoria consecutiva tra campionato e Champions – possa anche permettersi di non giocare bene per vincere e, anche in questo caso, si è tolto un sassolino: «Io trovo che la mia Inter sia cresciuta a livello di mentalità, di gioco, di carattere e che ci siano ancora ampi margini per proseguire su questa strada. Se i risultati sono questi e c’è margine davanti, mi fa piacere che siano fatte certe analisi. Io da quando sono diventato allenatore dell’Inter vado in giro petto in fuori e mani dietro alla schiena perché è bellissimo vestire questi colori». Seguono complimenti di rito a Gattuso («Per come sta facendo giocare la sua squadra perché è un amico e lo stimo») e al Milan («Loro hanno qualità sia nello stretto sia sulla trequarti, per cui se li fai giocare nella nostra metà campo è chiaro che ti vanno a procurare problemi. Dovremo essere bravi ad andarli a prendere alti, cercando di sostare il meno possibile davanti alla nostra area di rigore») con annessa postilla: «Gattuso sostiene che il suo Milan sia più maturo rispetto all’Inter? Mi stupirei se la pensasse diversamente nei riguardi dei suoi giocatori, anche noi siamo cresciuti come qualità, personalità e pure altezza negli angoli e nelle punizioni. E dentro tutte queste qualità credo che ci possa essere anche quella che può darci il gol che fa la differenza». A farlo sarà chiamato Icardi che nell’ultimo derby vinto dai nerazzurri (il 15 ottobre di un anno fa) fece tripletta: «Lui e Higuain sono due calciatori che ti fanno rimanere a bocca aperta per le giocate che fanno. Sono diversi, ma tutti e due sono fondamentali per lo sviluppo del gioco delle proprie squadre. Mi fa sorridere chi dice che Higuain è più tecnico rispetto a Mauro: andate a rivedervi il secondo gol con la Spal. Per noi Icardi è perfetto, poi ci sono cose da cercare di migliorare per grattare in fondo al barile delle sue possibilità». Con l’obiettivo di farne un fuoriclasse.

Rino Gattuso sa bene quanto sia importante la fortuna nel calcio. E infatti, senza tutte quelle mistificazioni della realtà tanto care a molti suoi colleghi, riconosce che il fattore C nell’ultimo derby ha avuto un ruolo fondamentale: «L’anno scorso, nell’ultimo derby, siamo stati molto fortunati. Non abbiamo giocato per nulla bene, meritavano loro». Ma al tempo stesso, il tecnico del Milan sa che le partite vanno preparate con cura e meticolosità, perché la sorte non è sempre di buon umore. Ed ecco allora una disamina quanto mai particolareggiata del tipo di partita che si prospetta questa sera: «C’è la consapevolezza di giocare contro una squadra molto forte, dobbiamo fare una grande partita. Giocheremo il derby con tranquillità, voglio una squadra consapevole della propria forza e senza paura. Non so come si vincono i derby, ma so come si giocano». E su questo aspetto, approfondisce ancora l’argomento: «Loro sono fisici, noi abbiamo caratteristiche di palleggio e di calcio corale. Se non riusciamo ad essere aggressivi, ci possono creare dei problemi, hanno grande fisicità in difesa. L’Inter ha anche grande qualità, ma la differenza tra noi e loro è la fisicità. Per questo dobbiamo aver coraggio, non possiamo affrontarli con le stesse armi”.».

Tutto questo per dire che il Milan non farà a sportellate, ma cercherà di metterla sul palleggio, sulla tecnica individuale. Senza dimenticare, ovviamente, di avere là davanti un giocatore che può sempre essere decisivo, ma anche senza caricarlo di eccessive responsabilità: «Mi affido al collettivo, qualcuno al Pipita gliela deve dare in modo da metterlo in condizione di farlo segnare». Però è un Milan in salute, anche se la sosta negli ultimi tempi è sempre stata pericolosa per la squadra. Tra Montella e Gattuso, ne hanno perse quattro di seguito la scorsa stagione, mentre quest’anno sembra che le cose possa andare leggermente meglio, visto che dopo lo stop di settembre, è arrivato il pareggio di Cagliari. «Questa squadra a tratti ha espresso un buon calcio, Higuain ha alzato l’asticella, i nuovi arrivi hanno dato qualcosa. La squadra è più completa rispetto all’anno scorso, creiamo di più e finalizziamo meglio».

Senza voler negare il pathos e le emozioni che regala un derby, Gattuso cerca però di riportare l’importanza del match entro confini più adeguati: «Chi vince si gasa di più, ma i punti in palio sono gli stessi. Per l’ambiente e i tifosi è una partita speciale, anche per noi, ovvio. Ma dopo, quando l’hai giocata, non credo si possano avere particolari vantaggi psicologici, a seconda della vittoria o della sconfitta. E poi, non penso proprio allo svantaggio in caso di ko». Però pensa e ripensa alle caratteristiche degli avversari, perché conoscerle agevola nel tentativo di fermarli: «E’ una squadra forte, non solo sulla carta, ma lo ha dimostrato in Champions League. Non si batte il Tottenham, per di più in quel modo, se non hai valori importanti. Ha grande fisicità, dobbiamo stare attenti, non dobbiamo commettere errori e non dobbiamo aver paura. Dobbiamo rispettare l’Inter e giocare come sappiamo giocare, dobbiamo fare attenzione sui calci piazzati, sui movimenti di Icardi e Perisic». Tante parole, tanti bei discorsi. Ma alla fine, viene fuori anche un’altra verità: «Ha ragione Suso, queste partite si preparano da sole. Bisogna essere bravi a non sentirla troppo e non perdere troppe energie in campo».

Cesare Prandelli prevede un derby di Milano spettacolare. E assegna alla stracittadina in programma domani sera una notevole posta in palio. Per l’ex commissario tecnico della Nazionale, chi vincerà tra Inter e Milan potrà puntare sicuramente a un campionato di alta classifica.

Prandelli, secondo molti osservatori intervenuti alla vigilia di questo derby, il Milan gioca meglio, ma l’Inter ha più armi per vincere le partite. E’ d’accordo? «No, perché secondo me anche l’Inter esprime un buon calcio. Ad esempio, nel primo tempo col Torino la squadra nerazzurra è stata perfetta. Poi nella ripresa è cambiato tutto per merito dei granata che sono cresciuti molto dopo l’intervallo. Ma quando una formazione riesce a esprimere tutti i concetti di gioco, come ha fatto l’Inter nei primi 45 minuti, vuol dire che sta lavorando molto bene».

Allora Inter e Milan partono alla pari? «Sì. Sono due squadre che arrivano molto bene al derby per morale e condizione fisica. Sarà una partita molto interessante perché Spalletti e Gattuso hanno saputo trasmettere alle loro squadra sia l’idea della costruzione che quella della ripartenza. Inter e Milan giocano in modo molto vario, non hanno un unico canovaccio».

Forse l’Inter ha qualche soluzione in più a disposizione sui calci da fermo. «I nerazzurri hanno 4-5 giocatori abili sulle palle alte. Questa può essere un’arma in più. Ma non vedo il Milan proprio così sprovveduto su questo terreno».  Che derby si aspetta?  «Mi immagino una partita spettacolare con tante azioni da gol perché Inter e Milan stanno bene e in questa fase della stagione vorranno dimostrare la loro forza senza alcun tipo di speculazione. E chi vince questo derby uscirà con la convinzione giusta per vivere un campionato di alta classifica».

Tatticamente il Milan sarà più obbligato a fare la partita, viste le caratteristiche dei suoi uomini e del suo collettivo? «Non posso rispondere. Dovrei sapere come Spalletti e Gattuso hanno preparato la partita. E quale disegno tattico hanno in mente. Potrebbero decidere di lasciare il possesso palla all’avversario per ripartire veloce. Oppure pressare subito molto alto. Sono curioso anch’io». Al di là di Icardi e Higuain, che sono gli uomini cartolina più reclamizzati, quale giocatore le piace delle due milanesi?

«Sono due centravanti decisivi perché sentono sempre il gol. Alle loro spalle ci sono tanti giocatori interessanti. Mi piace in particolare Romagnoli perché ha personalità e carisma, sa difendere e costruire. E Bonaventura è migliorato molto da interno di centrocampo. L’avevo convocato per un’amichevole dell’Italia a Bologna, ma allora non aveva ancora trovato la sua giusta collocazione. All’Atalanta giocava da esterno di centrocampo. Adesso con questa nuova posizione riesce a esprimersi al meglio».

Ha vissuto il derby di Torino da giocatore della Juventus: come giudica il derby di Milano? «Tutti i derby per antonomasia sono partite meravigliose perché riescono a mettere in fibrillazione un’intera città. Proprio per non deludere questa grande spinta popolare devi arrivare preparato alla sfida e dare tutto. I tifosi vogliono vedere questo».

Icardi e Higuain? Troppo facile. Ma facciamo finta che segnino entrambi e dunque si sia già sull’1-1. E poi? Chi deciderà il derby? Se oggi si chiede alla gente chi possa segnare nella stracittadina di domani sera, in pochi vi diranno Perisic e Calhanoglu. E il perché è presto detto: i due esterni sinistri d’attacco sono i titolari meno in forma delle due squadre. E lo sono da tempo: se si escludono un paio di match, i due non stanno dando il loro contributo. Per esempio, guardando la media voto col nostro giornale, Perisic ha un 6.1 che gli fa solcare la sufficienza, ma è un dato “sporcato” dai due 7 meritati con Torino e Bologna alla seconda e terza giornata. Se ci si focalizza sul rendimento dopo la sosta di settembre, il croato scende a 5.8 e cala ulteriormente a 5.6 con la Champions. Peggio di Perisic, il turco rossonero: Calhanoglu ha saltato la prima gara stagionale col Napoli per squalifica, poi nelle successive sei gare di campionato ha raccolto due sufficienze (6.5 con la Roma e 6 col Sassuolo) e ben quattro 5 per una media di 5.4. E’ chiaro a tutti, dunque, che chi dei due riuscirà a sbloccarsi domani sera, darà alla propria squadra una carta in più per provare a vincere la partita.

Perisic, reduce da un grande Mondiale e una preparazione estiva ridotta all’osso – è arrivato alla Pinetina il 10 agosto, nove giorni prima dell’inizio del campionato -, è partito forte, segnando due gol nelle prime tre giornate, ma poi si è spento. In due mesi il croato ha sintetizzato due terzi della sua precedente annata: ottimo avvio da agosto a inizio dicembre 2017 (7 gol e 6 assist) e poi l’eclissi con l’arrivo dell’inverno (0 gol e 0 assist in dodici giornate fino a metà marzo). A questo punto l’Inter confida che il derby rappresenti ciò che era stata la primavera 2018, quando Perisic ricominciò a fare il Perisic, dando così il suo apporto nella rincorsa al quarto posto (4 gol e 5 assist nelle ultime undici giornate). L’assist a Icardi contro la Spal e il non aver giocato la seconda gara della Croazia durante la sosta, rappresentano due piccole luci a cui Spalletti si aggrappa nella speranza di ritrovare il vero Perisic già col Milan.

Calhanoglu per ora è il lontano parente di quello rivitalizzato la scorsa annata proprio da Gattuso, il giocatore che nelle ultime quattro giornate di campionato segnò 3 gol e servì 4 assist, determinanti per arrivare in Europa League a discapito della Fiorentina. In quest’inizio di stagione Calhanoglu non si è quasi mai espresso sui livelli raggiunti al suo primo anno in rossonero, se non alla prima giornata con la Roma e nell’ultima mezzora della sfida di Europa League con l’Olympiacos (due assist). Sul rendimento di Calhanoglu pesa sicuramente quanto accaduto nella sua vita privata in estate, con la separazione della moglie incinta a inizio agosto. Gattuso gli è stato vicino, gli ha rinnovato la fiducia mandando sempre in campo e gli ha consigliato di «rimanere tranquillo, non pensare troppo agli errori che può commettere durante la partita». Probabilmente, basta la classica scintilla per farlo sbloccare: arriverà contro l’Inter?

Il sesto belga della storia a indossare in Serie A la maglia dell’Inter vuole essere il primo a segnare in un derby. Radja Nainggolan domani sera è deciso a lasciare la sua impronta sulla stracittadina, impresa mai riuscita ai suoi connazionali che lo hanno preceduto ad Appiano Gentile: Vincenzo Scifo, il compianto Ludo Coeck, Ibrahim Maaroufi, Senna Miangue e Gaby Mudingayi. Il Ninja ci proverà con tutte le sue forze perché, nonostante sia arrivato in nerazzurro da tre mesi, ha già capito quanto è importante questo incontro per gli interisti. Non siamo ai livelli della rivalità nella Capitale tra Roma e Lazio (e questo gli ha permesso di vivere l’avvicinamento al match con maggiore serenità rispetto a quando indossava la maglia giallorossa), ma ha intuito in fretta che in palio domani sera ci saranno di più dei soliti tre punti.

DERBY CON REINA. L’aria del derby Radja in questi giorni l’ha respirata anche dove abita visto che vicino a lui vive Pepe Reina che non sarà protagonista nella stracittadina, ma che nello spogliatoio rossonero recita un ruolo importante. La settimana del belga è stata scandita dai soliti ritmi: sveglia, “servizio taxi” per le figlie a scuola e all’asilo, allenamento e di nuovo a casa. Fisicamente si sente bene: la condizione atletica è parecchio cresciuta e l’infortunio che lo ha frenato in estate adesso è un ricordo. Vuole con tutto se stesso essere protagonista di fronte allo sguardo della moglie, delle figlie e del suo agente Beltrami che saranno in tribuna a tifare per lui.

RETROSCENA MILAN. Nainggolan il derby di domani sera avrebbe potuto giocarlo anche con la maglia rossonera se nell’estate 2015 il corteggiamento di Galliani fosse andato diversamente. In quelle settimane sia l’Inter sia il Milan si erano interessati alla situazione del belga che era in comproprietà tra il Cagliari e la Roma. Il club giallorosso aveva manifestato l’intenzione di acquistare tutto il cartellino del Ninja, ma con Giulini per lunghi giorni non fu possibile trovare un accordo. E così, sia Ausilio sia Galliani, incontrarono il numero uno rossoblù salvo poi dirottare le loro attenzioni entrambi su Kondogbia, finito al termine di una furiosa asta in nerazzurro. Il Milan si consolò acquistando Bertolacci dal Genoa e Radja rimase nella Capitale. PRIMO GOL A SAN SIRO. Il belga al Diavolo ha già segnato un gol da tre punti quando indossava la maglia della Roma, più precisamente il 12 dicembre 2016 (1-0 all’Olimpico). Il suo bilancio contro i rossoneri però è negativo visto che nei 15 precedenti ha all’attivo 5 successi, 2 pareggi e 8 ko. Si può consolare con il trend delle ultime 5 sfide nelle quali ha collezionato 4 vittorie e una sconfitta, ma non è certo appagato. Quest’anno ha battuto il portiere avversario in due occasioni, entrambe in trasferta: alla terza giornata di campionato a Bologna (rete dell’1-0) e a Eindhoven in Champions (momentaneo 1-1). Al Meazza invece non è ancora riuscito a lasciare la sua firma. O meglio, nello stadio in cui ha esordito in A con il Cagliari nel 2010, ha impresso la sua firma quando era alla Roma, ma dopo il suo trasferimento estivo la palla non è voluta entrare contro il Parma, il Tottenham, la Fiorentina e il Cagliari. Quella di domani potrebbe essere la volta buona. Lui ci spera.

PRESSIONE SU BIGLIA. A parte il sogno della rete a San Siro, Nainggolan dovrà svolgere anche un importante compito a livello tattico, quello di marcare Biglia. Sarà lui a dover aggredire l’argentino, il regista del gioco rossonero. Se limiterà l’ex Lazio, avversario in passato anche nel derby della Capitale, per Spalletti sarà tutto più semplice.

Il peso dell’attacco del Milan sarà tutto sulle spalle di Gonzalo Higuain. Domani sera i riflettori di San Siro si accenderanno per il derby della Madonnina numero 222 della storia, una gara che vedrà protagonisti gli attaccanti di Inter e Milan. Ma c’è un curioso tabù che il Pipita proverà a sfatare proprio nella stracittadina milanese: mai nessun argentino è riuscito a segnare nei derby di campionato con la maglia del Milan. Eppure sono 22 i giocatori di nazionalità argentina che nella storia hanno indossato la casacca rossonera, e fino a oggi mai nessuno è riuscito a festeggiare con un gol contro l’Inter. Gli unici due sono stati Cucchiaroni e Grillo, che però hanno segnato in una partita di Coppa Italia il 15 giugno 1958. Sessanta anni senza gol albicelesti, e l’ultimo argentino arrivato al Milan in ordine cronologico è proprio Gonzalo Higuain, colui che proverà a battere un altro record. L’arma letale nelle mani di Gattuso, l’uomo più atteso della partita insieme al connazionale Icardi, che però ai rossoneri ha già fatto male quattro volte, tra cui una tripletta proprio un anno fa. Un altro dato che rappresenta un monito per Gattuso riguarda proprio i gol incassati dagli argentini. Sono infatti 33 le reti siglate dagli argentini dell’Inter, nessuna da quelli del Milan, nemmeno Crespo, Redondo e Angelillo ci sono riusciti.

TRADIZIONE. Il Pipita dunque proverà a interrompere questo digiuno dei suoi connazionali, anche se il Milan in attacco recentemente ha sempre avuto una tradizione più brasiliana, con Pato, Kakà, Ronaldino, Rivaldo e Ronaldo stesso. Il Pipita però è uno che di derby se ne intende, e nella sua carriera ha spesso deciso gli incontri più delicati contro le rivali in città. Gattuso si affiderà non solo alla sua classe, ma anche ai numeri favorevoli per cercare di vincere un derby in casa dell’Inter che manca ormai dal lontano 14 novembre 2010, quando fu decisivo un rigore di Ibrahimovic per superare i cugini. Il tecnico rossonero punterà sulla storia del Pipita che può vantare ben 16 derby in carriera, di cui solo una sconfitta in finale di Coppa del Rey con l’Atletico del 2013, ma ai tempi supplementari. Invece nei novanta minuti regolamentari ha ottenuto solo vittorie e pareggi. E sono addirittura 11 gol nei 16 derby, numeri che autorizzano Gattuso e compagni a sperare in positivo.

AMULETO FIN DAL 2006. Il suo primo derby il Pipita l’ha giocato a marzo 2006 con la maglia del River Plate, con la partita che terminò 1-1 ma senza segnare ai rivali del Boca Juniors, cosa che invece avvenne dopo qualche mese grazie alla doppietta nel 3-1 inflitto ai nemici del Boca. La storia si ripete poi a Madrid, perché nella capitale spagnola inizia a vincere i derby contro l’Atletico nelle sue sei stagioni con il Real, segnando in totale cinque volte nei nove confronti. Con il Napoli non ha giocato nessuna gara con squadre della stessa città, mentre con la Juve ha sempre vinto contro i granata, aggiudicandosi sempre il derby della Mole. Nei cinque confronti con il Torino ha incrementato il bottino personale con altre due marcature decisive.

PRIMO DERBY MILANESE. La stracittadina milanese sarà una nuova esperienza per Higuain, in uno degli stadi più affascinanti al mondo. Il Pipita ha paragonato il derby della Madonnina a quello di Madrid, per la sua intensità e per la qualità tecnica dei ventidue in campo, un match che potrebbe proiettare il numero nove milanista nella storia del club. E il Pipita sa bene come si segna all’Inter, perché negli undici confronti con i nerazzurri ha trovato la porta sei volte, e tutto il mondo rossonero si aggrapperà alle prodezze del bomber con la nove.

Un derby dalle molte facce. Già perché la sfida di questa sera tra Inter e Milan non può e non deve essere ridotta ad un semplice Icardi contro Higuain. E’ vero, i due bomber argentini occupano obbligatoriamente la vetrina. Ma la gara non si esaurirà al loro duello, anzi. Lo spettacolo del tutto esaurito garantirà emozioni. E soprattutto potrà essere decisa anche da altri protagonisti o dall’esito di altri confronti. Ad esempio, perché non partire dalle difese. Handanovic e Donnarumma, tanto per cominciare, potranno essere altrettanto determinanti, nel bene come nel male. E che dire poi di Skriniar e Romagnoli, che dovranno occuparsi proprio del Pipita e di Maurito. Il Diavolo prende gol da 13 giornate consecutive, a cavallo tra lo scorso e questo campionato. Ebbene: cosa accadrebbe se dovesse tornare a blindare la propria porta proprio contro l’Inter? Impresa tutt’altro cha facile, alla luce del numero di bocche da fuoco a disposizione di Spalletti. Sono ben 9, infatti, i nerazzurri che hanno già “timbrato” in campionato. E tra questi ci sono pure Nainggolan e Perisic. Il primo è l’asso preferito e voluto da Spalletti, quello che, una volta messo sul tavolo, può pigliare tutto. Attenzione, però, al croato, che dopo un paio di uscite poco brillanti, medita di riaccendersi proprio contro il Milan, a cui ha già fatto male pure in passato. A proposito di precedenti, sull’altra sponda del Naviglio, vengono ricordati quelli di Suso, spesso e volentieri ispirato e pure imprendibile contro l’Inter, a cui ha già rifilato 3 gol. Ancora a secco, invece, lo spento Calhanoglu di questo inizio di stagione. Il turco sembra molto simile a quello di un anno fa. Cominciò la sua risalita, guarda caso, in un derby di Coppa Italia. E allora quale migliore occasione per ripartire anche stavolta? Attenzione infine a chi può scombinare tutto anche a partita in corso, ovvero a chi può essere lanciato dalla panchina. Perché Lautaro Martinez e Cutrone (al netto della caviglia ammaccata), attaccanti di scorta solo per necessità, non certo per qualità, hanno tutti i mezzi per essere decisivi anche in uno scorcio di gara. Gli è già capitato e sanno come si fa…

Un derby per entrare nella storia. E’ questo il messaggio che lancia Spalletti, per caricare i suoi giocatori, ma anche l’ambiente. «Perché sono le grandi partite e, quindi, le grandi vittorie che ti fanno entrare nella storia di un club». Se ancora non è chiaro, quello del tecnico nerazzurro è proprio un inno all’interismo: «E se si vuole entrare nella storia dell’Inter si passa da partite come il derby, non dalla durata del contratto. Da quando sono diventato allenatore di questa squadra, vado in giro a petto in fuori e con le mani dietro schiena. E’ una cosa bellissima essere vestiti di questi colori e io ne sono particolarmente orgoglioso».

SENZA TIMORI. Ma non finisce qui: «Non rinuncerò mai a chiedere grandi cose ai miei giocatori: è fondamentale essere esigenti con noi stessi. Giocheremo a viso aperto, con l’obiettivo di prenderci la vittoria. Quando sei convinto di quello che fai, non ci possono essere timori di alcun genere. E io non temo nulla. Inoltre, un derby non mette in palio soltanto 3 punti, ma ha effetti che vanno oltre nella testa dei calciatori. Ecco perché noi, in questi giorni, non abbiamo pensato né al Barcellona né alle prossime gare di campionato». E, per Spalletti, la miglior garanzia in questo senso è proprio la sua squadra: «Siamo cresciuti rispetto allo scorso campionato. E sotto diversi aspetti: dalla mentalità al gioco, passando per il carattere. Qualcuno sostiene che giochiamo male? Dipende per chi tifa quel qualcuno… Io sono pure convinto che ci siano ampi margini per proseguire su questa strada ed evolverci ulteriormente».

MI TENGO MAURO. Inevitabile un pensiero per Gattuso: «Fa parte di quei giovani tecnici che faranno il futuro del calcio italiano. Nel gruppo metto anche De Zerbi, Simone Inzaghi, Di Francesco (frecciata o complimento? Ad ogni modo l’indicazione è arrivata prima della sconfitta con la Spal, ndr), Martusciello (suo collaboratore, ndr) e Giampaolo». Peraltro, Spalletti vede similitudini tra Inter e Milan: «Sia noi che loro siamo abituati a costruire da dietro e l’obiettivo comune è quello di mettere palloni dentro l’area». All’interno ci sono, però, due giocatori differenti, come Icardi e Higuain. «Chi dice che Mauro sia meno tecnico, vada a rivedersi il controllo sul 2-1 contro la Spal o come si è preparato il tiro per il gol contro il Tottenham. Chiedergli qualcosa di più? A me piace così. E’ perfetto per ottenere grandi risultati in grandi squadre. Poi è normale cercare di migliorare. In ogni caso, è sin troppo facile scegliere: Icardi è interista, quindi mi tengo lui».

Ma c’è una regola ben precisa per vincere il derby della Madonnina? Così Gattuso: «Bisogna essere bravi a non sentirlo troppo per non perdere troppe energie durante la settimana. No, non ho l’ansia, c’è la consapevolezza di giocare contro una squadra molto forte. Affronteremo il derby con tranquillità, voglio vedere una squadra consapevole della propria forza e senza paura». Sicuramente Luciano Spalletti è un valore aggiunto dell’Inter: «È un allenatore che riesce sempre a trovare soluzioni tattiche importanti, è un punto di riferimento per un giovane come me. Ha una mente molto aperta, quando uno fa questo lavoro non conta l’età. È sempre bravo a capire quando fare i cambiamenti, è aperto di testa e riesce a mutare la fisionomia delle sue squadre».

DIFFERENZE. Ecco dove Inter e Milan sono differenti. «Noi abbiamo come caratteristiche il palleggio e il calcio corale – ha spiegato Gattuso – Se non riusciamo ad essere aggressivi ci possono creare dei problemi, hanno grande fisicità in difesa. Per questo dobbiamo avere coraggio. Noi siamo una squadra che, a tratti, ha espresso un buon calcio. Inoltre Higuain ha contribuito ad alzare l’asticella, i nuovi arrivi hanno dato qualcosa. Il Milan è più completo rispetto all’anno scorso: creavamo molte occasioni da rete, ma sbagliavamo tanto, quest’anno finalizziamo di più». Il «mea culpa» di Gattuso: «La grinta non si trasmette, la mentalità invece sì. Tante volte bisogna capire chi hai di fronte, se carichi troppo chi non regge la pressione gli crei dei problemi. Un anno fa all’inizio ho commesso questo errore». Un ammonimento: «Siamo stati molto fortunati nell’ultimo derby (0-0; ndr), non abbiamo giocato per nulla bene, meritavano loro».

VALORE. Il derby è sempre il derby, ma i punti in palio sono gli stessi: «Chi vince si gasa di più, ma i punti sono sempre 3… Per l’ambiente e i tifosi è una partita speciale, ma lo è anche per noi. Penso che ci sia la consapevolezza tra i giocatori di sentirsi più forti, la squadra a livello mentale si sente molto più forte dell’anno scorso. A livello tecnico non ci sentiamo inferiori, anzi, abbiamo qualcosa in più rispetto all’Inter». L’indice di gradimento di Gattuso: «Qualche mio giocatore forse mi odia, non faccio i nomi… Questo fa parte della mia visione del calcio, voglio professionalità in allenamento. Sono pronto a tutto, quando mi fido delle persone mi strappo il cuore. Devo fare delle scelte, mi piace essere coerente e non ho peli sulla lingua».



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