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Bambini obesi: ognuno la sua dieta



Com’è che si dice? Noi siamo ciò che mangiamo. Però c’è un’altra verità: ciò che mangiamo ha effetti diversi in base a ciò che siamo. Ecco la nozione che dovrebbe entrarci nella testa per evitare di attribuire a questo o a quel cibo chissà quali poteri miracolosi o di accampare eccessive pretese “scioglicic- cia” da una dieta. Insomma: ognuno è diverso e non esiste un piano alimentare o un menu dimagrante che funzioni per tutti. Ne sono straconvinti Eran Segal ed Eran Elinav, due ricercatori del Weizmann Institute of Science, in Israele.



Il concetto segna un cambio di marcia nella cultura alimentare: lo stesso identico alimento lavora diversamente nell’organismo di persone differenti. In altre parole: l’azione biologica del cibo dipende anche dal soggetto che lo assume. «In effetti, ciascuno di noi possiede un proprio corredo di geni, mostra una particolare risposta della glicemia al cibo ingerito, svolge una determinata quota di attività fisica e possiede anche un micro- biota, cioè una flora batterica intestinale, che è assolutamente peculiare. Quindi: Dna, biochimica e microbi sono diversi in ciascuno di noi da quelli di altri», spiega la professoressa Annamaria Staiano, del Dipartimento di Scienze mediche traslazionali, sezione di Pediatria, all’Università Federico II di Napoli. «Di conseguenza, un cibo capace di generare una risposta salutare in certuni può produrre in altri un effetto svantaggioso sul piano fisico e metabolico». E quindi? «Oggi è possibile elaborare degli algoritmi in grado di predire la reazione personale agli alimenti addirittura prima che vengano consumati».

Si fa prepotentemente strada la nuova filosofia: quella della “dieta personalizzata”. Cucita come un abito sulla carta d’identità biologica di quella certa persona. Un’alimentazione su misura che potrebbe realmente consentire di opporre un argine alla diffusione di realtà problematiche come l’obesità e il diabete. E il pensiero corre immediatamente ai ragazzi, oggi più che mai toccati dall’epidemia di sovrappeso: in Italia, culla della dieta mediterranea, lo sono due bambini su 10 (e uno su 10 è francamente obeso). «Non a caso abbiamo appena avviato una ricerca per la messa a punto di queste diete personalizzate in età pediatrica, arruolando 50 bimbi a Napoli e 50 in Israele, fra i 6 e i 9 anni di età.

Il coinvolgimento durerà 36 mesi, durante i quali ciascun partecipante consumerà alimenti della dieta mediterranea e cibi standard, con particolare attenzione alla prima colazione». È lo studio Caprii (sta per Children alimentary personalized research Italy Israel): dalla risposta individuale di ogni bambino agli alimenti testati scaturiranno quei preziosi algoritmi utili per costruire menu personalizzati nella popolazione infantile.
Del resto, la brillante intuizione di Eran Segal ed Eran Elinav era già stata vagliata con successo nei soggetti adulti (come raccontano nel loro libro La dieta su misura, edito da Sperling & Kupfer).

I due studiosi si erano resi conto, soppesando gli effetti degli alimenti su un migliaio di israeliani, che in alcuni la glicemia s’impennava di brutto con un piatto di sushi o una mela, e in altri non faceva un plissé nemmeno dopo una coppa di gelato. Così, in virtù di uno speciale algoritmo, il duo di scienziati è riuscito a stabilire per ogni individuo gli alimenti “sì” e quelli “no” e a formulare una dieta ad hoc ottimizzando la scelta dei cibi in base agli alti e bassi degli zuccheri nel sangue.La morale? Prima di chiedere com’è fatto un piatto, chiediamoci come siamo fatti noi.



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