La partita Venezia – Juventus si giocherà oggi 11 Dicembre 2021 alle ore 118.00. Sarà un’esclusiva DAZN, detentore dei diritti di 10 partite su 10 per ogni giornata di Serie A, di cui 3 in co-esclusiva con Sky Sport. La gara sarà visibile in streaming, attraverso il download dell’app ufficiale dell’emittente – con relativa iscrizione e abbonamento – o attraverso una qualsiasi Smart TV. Da quest’anno, con l’acquisto del DAZN box sarà possibile inoltre avere un canale digitale dedicato con i migliori contenuti scelti giorno per giorno. Si sconsiglia categoricamente l’utilizzo di siti pirata per la visione della gara. Sarà disponibile anche sul sito una diretta testuale per seguire la partita: un evento non solo attesissimo dai tifosi azzurri, ma che sarà seguito in tutto il mondo.
E’ un Gabriele Cioffi che vuole sfruttare l’occasione della carriera, quello che si appresta a sedere in panchina contro il Milan. Così il tecnico ad interim dei bianconeri: «L’energia che ho dentro la voglio trasmettere. L’aspetto principale da prendere in considerazione è la presa di responsabilità, una motivazione personale del singolo. Non sono un incantatore di serpenti, non riesco a trasmettere le cose solo guardando le persone negli occhi. La presa di responsabilità della situazione in cui siamo è il primo passo verso il futuro».
Si è cambiato qualcosa in questi pochi allenamenti a disposizione? «Il lavoro fatto nei due anni passati è stato un lavoro importante, non vedo il motivo per cestinarlo. Io naturalmente aggiungerò del mio con convinzione e volontà».
L’avversario, neanche a dirlo, dà degli stimoli in più. «È una motivazione esterna importante. Tutte le partite vanno lette con una motivazione interna, il pubblico, lo staff, i compagni possono spingere però se non ci sono motivazioni interne le spinte non servono a niente. Il Milan è una squadra che lavora assieme da tre anni con contenuti importanti. Mi aspetto una partita di sofferenza, resilienza e volontà. Sicuramente non mi aspetto una passeggiata».
Con uno Stefano Pioli afono che non ha sostenuto la conferenza stampa ma che sarà regolarmente in panchina questa sera, il Milan si appresta ad affrontare la delicata trasferta di Udine con l’attacco ancora decimato, nonostante il rientro in gruppo di Samu Castillejo. In una gestione oculata delle forze, l’allenatore milanista dovrebbe optare per un trio di trequartisti formato dal rientrante Alexis Saelemaekers, Brahim Diaz sotto punta e alle spalle di Zlatan Ibrahimovic con Rade Krunic a completare, sulla sinistra, la batteria degli incursori. Rafael Leao e Olivier Giroud, che ieri hanno lavorato ancora a parte, puntano ad essere convocati per la partita di domenica prossima contro il Napoli. In mezzo al campo, Pioli rispolvera il doppio play con Sandro Tonali che sarà affiancato da Ismael Bennacer. Panchina per Kessie e Bakayoko mentre in difesa si rivedrà Alessandro Florenzi nel ruolo di terzino destro, con slittamento di Kalulu in panchina. Tomori e Romagnoli chiamati agli straordinari così come Theo Hemandez, che chiude il pacchetto difensivo davanti a Mike Mai-gnan. Dopo la partita di Udine, il Milan si allenerà domani mentre lunedì e martedì saranno di riposo con la ripresa degli allenamenti prevista per mercoledì.
Si vede il campanile, quello dell’adiacente chiesa di Sant’Elena imperatrice, dal prato dello stadio Luigi Penzo. E si scorgono i piani alti dei palazzi di là dal Rio di Sant’Elena, che scorre accanto alla tribuna. Scenario classico da provincia, non da Champions League. Meno che mai da quegli ottavi per i quali lunedì la Juventus conoscerà la propria avversaria. Ottavi conquistati da prima del girone, unica italiana a riuscirci, a dispetto delle accuse di gioco e mentalità poco europee. «Tanti dicono tante cose… poche le indovinano e tante le sbagliano. Il calcio è bello perché è opinabile – commenta Allegri -. Mi dispiace che il Milan e l’Atalanta siano usciti, i rossoneri avevano un girone molto difficile e i nerazzurri sono stati eliminati solo all’ultima partita. Sacchi diceva che erano più europee di noi e dell’Inter? Arrigo quando parla lo fa con tanta passione che ha per il calcio, poi quello che ha fatto in carriera parla per lui. Quindi va sempre ascoltato. Il primo posto nel girone è una soddisfazione, ma noi ora dobbiamo pensare solo al campionato dove siamo in netto ritardo. Dobbiamo lavorare giorno dopo giorno e partita dopo partita per ridare stabilità alla classifica».
A cominciare da oggi a Venezia, dove Allegri ordina alla Juventus di presentarsi con l’abito adatto. Ordine impartito già mercoledì sera a pochi minuti dal fischio finale con il Malmoe, come se il tecnico bianconero fosse preoccupato di vedere la sua squadra inciampare di nuovo, poco dopo essersi messa a correre, contro una squadra alle proprie spalle in classifica. D’altra pai’te è quello che è successo già quando la classifica era soltanto un pronostico, con il 2-2 in rimonta subito a Udine alla prima giornata e il ko in casa con l’Empoli alla seconda. Poi di nuovo a fine ottobre con le sconfitte con Sassuolo e Verona seguite a sei vittorie (due in Champions) e un pareggio a San Siro con l’In-ter. «E’ l’andamento nostro di quest’anno. E’ stato altalenante», fotografa Allegri a malincuore, ma senza piangersi addosso. Si concentra semmai su come cambiarlo, questo andamento. «Questo è un momento importante. Tutti lo sono, ma questo particolarmente, e bisogna dare un segnale forte come prestazione. Poi come finisce una partita non si può sapere, ma la prestazione dovrà essere di alto livello: fisico, tecnico e mentale».
E’ sul piano mentale che insiste Allegri, sulla necessità che i bianconeri si calino nella parte richiesta da una partita e da un ambiente particolari: «Credo che solo Chiellini, e io negli anni Ottanta o Novanta, abbiamo giocato a Venezia. E’ tutto strano: a partire dal fatto che arrivi in traghetto, poi il campo è piccolo… è uno di quegli stadi in cui tutto ti sembra più piccolo, la palla è sempre in gioco e la partita è veloce. E se non fai una partita da provinciale, mettendoti al pari degli altri, rischi di farti male. Infatti il Venezia ha battuto la Roma, la Fiorentina e aveva fatto tre gol al Verona. E’ una squadra che gioca bene, crea tanto, e bisogna fare i complimenti aZanetti. Viene da una brutta sconfitta con il Verona, dopo aver dominato il primo tempo, e vorrà fare un’impresa storica con la Juventus. Noi dobbiamo metterci al loro par i come mentalità e sul piano fisico, ovvero correre: a quel punto le qualità tecniche vengono fuori, ma bisogna avere l’approccio giusto, altrimenti corriamo un rischio grosso. Ma credo che i ragazzi abbiano capito l’importanza della partita e del momento e faranno sicuramente una buona prestazione».
Poi la battuta, perché in fondo è calcio e non una guerra e la tensione va alzata, ma anche stemperata: «Hanno capito… vediamo domani (oggi, ndr). Perché per noi è sempre Pasqua, esce sempre la sorpresa dall’uovo: speriamo sia bella».
In fin dei conti il calcio si riduce ad una questione semplice e basilare: tocca buttarla dentro, ‘sta benedetta palla. Sennò non si va da nessuna parte. E quest’anno, in casa Juventus, si fa una certa fatica a riuscire nell’impresa. Lo dicono i dati, così come lo dice il tecnico Massimiliano Allegri (che per l’appunto proprio i dati cita). Uno su tutti, il rapporto tra le occasioni create e le reti realizzate. Un rapporto disarmante al punto da disinnescare all’origine qualsivoglia riflessione o elucubrazione più composita, articolata, pomposa: «Non si tratta di guarire oppure di avere più o meno spazi in Champions o in campionato. E’ la percentuale in fase realizzativa che è nettamente al di sotto della media. Bisogna essere più lucidi e più cattivi.
Facciamo un gol ogni cinque occasioni: è poco». Sono appena 2 i gol messi a segno dai bianconeri finora in Serie A: vale a dire il bottino più magro delle squadre che occupano la parte sinistra della classifica. Milan, Napoli e Atalan-ta oscillano invece tra quota 34 e 35. L’Inter è addirittura a quota 39.
Altri due dati emblematici. Considerazione numero uno: i 22 gol di cui sopra la Juventus li realizza a fronte di 77 fili in porta: mica di meno, rispetto a quelli delle altre squadre (Atalanta 77, Milan 73, Napoli 83). Considerazione numero 2: di quei22 gol, appena lOsono stati messi a segno da attaccanti. Ci sta, insomma, che sia proprio verso gli attaccanti che si guardi con un p’ di disappunto. Classifica dei marcatori della Serie A alla mano: Paulo Dybala 5 reti, Alvaro Morata 3, Moi-se Kean 2, Kaio Jorge 0.
Vien da sé che l’unico ches ta facendo la sua parte (e forse anche di più) è Paulo Dybala: nonostante qualche infortunio che ne ha condizionato la continuità, il numero 10 è tornato a viaggiare ai ritmi dei suoi tempi migliori (pre era Ronaldo, per intenderci). Considerando anche le Coppe, infatti, è a quota 8 sigilli in 1.177 minuti. Più 4 assist (e ha colpito per ben tre volte, in Serie A, pali o traverse). Unendo questi dati alla grande mole di lavoro di Dybala, si può dedurre che non siano imputabili a lui le difficoltà realizzative dei bianconeri.
E infatti, non è un caso, la Juventus ha già fatto il possibile per blindarlo e costruire attorno a lui il proprio futuro: il vecchio contratto scadrà a giugno ma il nuovo è già bell e pronto da siglare e annuciare (quinquennale da 10 euro e passa a stagione, in caso di rendimento all’altezza e titoli raggiunti). Qualcosa in più, invece, la si attende dai compagni di reparto: in primis Alvaro Morata, che finora ha offerto un rendimento altalenante e si è suo malgrado posto in evidenza per una serie di errori sotto porta. Anche Kean non ha brillato, anzi ha offerto un rendimento al di sotto delle aspettative al punto che – pur al netto dell’infortunio – non ha indotto Allegri a puntare su di lui in maniera costante. Spera, però, l’ex Psg, di aver svoltato con la preziosissima rete realizzata in Champions League contro il Malmoe. Quanto a Kaio Jorge, Allegri dixit: «In questo momento non abbiamo preso in considerazione l’ipotesi prestito. Kaio Jorge è arrivato da tre mesi e mezzo, poi è stato fermo ma ora sta meglio e avrà anche il suo spazio».
Non è detto, però, le riflessioni in merito cambino a gennaio. Peruna Juventus in cerca di gol, in campo, c’è infatti una Juventus in cerca di goleador su mercato. Il dg Federico Cherubini insiste su Vlahovic: è obiettivo per giugno, ma chissà mai… E poi c’è il possibile jolly Cavant Sarebbe pronto a lasciare il Manchester United con sei mesi di anticipo in cerca di maggiori spazi e nuovi stimoli, è esattamente il tipo di giocatore che può fai’ comodo alla Juventus per risolvere il problema del gol. Pare ora irrealizzabile il sogno Haa-land. Raiola ha ristretto il cerchio a 4 club, la Juve non è tra questi. Se lo contenderanno Bayem Monaco, Real Madrid, Barcellona o Manchester City.
Ill cinepanettone, sotto Natale, piace sempre (almeno a qualcuno, via…). Cambiano gli attori, non gli ingredienti e la ricetta: il duello tra Juventus e Inter sul mercato. Lo abbiamo già visto, lo rivedremo, per Scamacca e chissà chi altro. In un racconto per episodi, la storia di una vita da rivali. Il fotografo La storia del secolo resta Pietruzzo Anastasi, datata il giusto ma sempre imbattibile. Anno 1968, con le sue follie. Il Varese trova l’accordo con l’Inter per cedere il suo centravanti e Anastasi addirittura gioca un’amichevole in nerazzurro contro la Roma, a San Siro. Alla fine del primo tempo, un fotografo si avvicina e gli dice:«Pietro,ti hanno venduto alla Juve». Sguardo stranito, domande e realtà svelata: era vero .Anastasi anni dopo spiegò la chiave: «La Fiat assicurò al presidente Borghi una fornitura di motorini per i frigoriferi della Ignis». Il triangolo Tempi moderni? Avanti veloce al 2019. Marotta e Paratici, antichi soci non esattamente in buoni rapporti, cercano lo stesso giocatore: Romelu Lukaku. Paratici trova la soluzione per vincere la partita: affare con lo United, con Paulo Dybala (e Mandzukic) in rosso. Sembra fatta, poi Paulo dice no cambiando la storia dell’ultimo anno di Serie A. Marotta ringrazia per l’assist e mette in porta. Il concerto Non strettamente un duello di mercato, ma storia troppo bella. Giugno 1985, Bruce Springsteen per la prima volta fa un concerto in Italia e Aldo Serena non può mancare. Biglietti presi. A metà serata, lo chiama Ernesto Pellegrini, che sarebbe il suo presidente all’Inter, chiedendo un incontro immediato. Aldo resiste fino a mezzanotte e mezza, poi cede (e si perdeibis del Boss). A tarda notte, firma con la Juventus in uno scambio storico, con Marco Tardelli passato da Torino a Milano. Serena tornerà a San Siro per giocare con il Milan. Il Boss, per fortuna di Aldo e di tutti noi, anche. I moduli Estate 2004, che Stankovic sia molto forte lo hanno capito tutti, il punto è capire dove andrà a giocare dopo sei anni alla Lazio. Finisce a carte bollate. La Juventus firma un accordo con lui in anticipo, troppo in anticipo, su vecchi moduli di trasferimento. Mese dopo mese, invece, si inserisce l’Inter, con logico braccio di ferro politico, minacce di causa e polemicona all’italiana. Finisce con Deki nerazzurro, sei anni prima del Triplete. Due ali in una Domanda: tra 10anni,inunarticolo come questo, come verrà valutato il doppio affare juventino Kulusevski Chiesa? Certezza: entrambi sono stati voluti con forza da Paratici. Altra certezza: l’Inter ha provato a prendere tutti e due, finendo per soccombere di fronte alla forza economica e di prestigio della Juve dei nove scudetti. La telefonata In questo filmone, si potrebbe parlare di Verratti, inseguito da entrambe ma finito a Parigi, oppure di Krasic, che andò alla Juve solo perché Agnelli chiamò Moratti per mettere fine a un braccio di ferro. Due righe però sono obbligatorie per Michel Platini, che nel 1978 trovò l’accordo con Sandro Mazzolael’Inter. Altri tempi : le frontiere erano chiuse agli stranieri, così Platini restò in Francia. Quando la Juve chiamò, nel 1982, Michel telefonò all’Inter, per correttezza. Ma c’è un tempo per tutto e il suo, a Milano, non è mai cominciato
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