Controcopertina

Red Canzian e la storia d’amore con Marcella Bella



Red Canzian ci apre la porta del suo studio di Milano con un sorriso largo, solare, guardandoti dritto negli occhi: la sua energia positiva è contagiosa, e subito ti fa venire voglia di diventare suo amico e di farti raccontare tutto (tutto!) della sua fantastica vita. L’ex bassista dei Pooh – la loro avventura è finita dopo 50 anni di carriera nel 2016 – spegne 70 candeline il 30 novembre e ha deciso di festeggiare questa data importante con Gente, e con una bellissima torta del pasticciere Ernst Knam, ripercorrendo le tappe più memorabili della sua vita e della sua carriera.



Nato a Quinto di Treviso nel 1951, in una casa antica piena di affreschi che veniva data in affitto alle famiglie povere («Erano due stanze senza bagno, pagavamo duemila lire», ricorda), Bruno (il suo vero nome) cresce con l’affetto della mamma e l’esempio del papà «che faceva i lavori più umili e duri e non perdeva mai occasione di sorridere», ricorda lui. E Anche Red non ha perso il sorriso quando qualche anno fa ha avuto una dissecazione aortica e se l’è vista davvero brutta.

Sposato in seconde nozze con Bea Niederwieser, 62 anni, il grande amore della sua vita, Red ha una figlia, Chiara, 31enne, nata dalla sua prima moglie Delia Gualtiero, e un figlio “portato in dote”, come dice lui, da Bea che si chiama Philip e che di anni ne ha 39. È proprio con questa famiglia allargata, che ha sempre vissuto assieme in una bella villa immersa nel verde della campagna di Treviso, che Red ha deciso due anni fa di realizzare il grande sogno della sua vita, un musical colossale intitolato Casanova Opera Pop.

Lui ha scritto la musica (oltre a decidere su tutto: costumi, scenografia, messa in opera), sua moglie fa la produttrice, Chiara è la vocal coach e Philip, che è un musicista di fama e un batterista quotatissimo, ha scritto tutti gli arrangiamenti. Casanova Opera Pop debutterà il 21 gennaio con tre serate al Teatro Malibran di Venezia. Avete già trenta date confermate e l’Arena di Verona in divenire.

Sei emozionato? «Come un bambino: non vedo l’ora! Abbiamo coinvolto tutte le migliori maestranze del Veneto per i costumi, le scarpe fatte nel Brenta, le scenografie… Molte persone hanno aderito con entusiasmo: il regista Emanuele Gamba, che guida il Teatro Goldoni di Livorno, l’imprenditore Renzo Rosso che ci ha donato il jeans per fare gli abiti, il grande disegnatore Milo Manara che ha fatto la locandina. Sarà un modo per ridare indietro qualcosa alla mia terra che mi ha dato tanto amore, e per valorizzare il territorio». Tu ne sei anche produttore. Rischi molto economicamente? «Abbiamo gli sponsor, certo, ma è un rischio: il progetto costa un milione fino alla messa in scena e 30mila euro ogni serata». Dove speri di arrivare?

«Al mondo intero: Broadway, la Corea, che è piena di teatri, il Giappone…. Vorrei che il mio Casanova fosse il nuovo Notre-Dame de Paris. Sognare non costa niente». Il musical è un modo per celebrare questo compleanno importante? «In realtà doveva festeggiare i 69, poi la pandemia ci ha fermato. Ma va benissimo così, è una data speciale». Senti gli anni che passano? «No, continuo a creare, pensare, sognare. È quello che vorrei fare per sempre.

Anche quando sono a casa, se non suono, sono in laboratorio a dipingere, oppure a creare la scenografia di Casanova, o a fare altro». Sei sempre così sorridente. Come fai? «È l’entusiasmo. Amo quello che faccio. Sono circondato da amore. Sto con una donna meravigliosa, ho dei figli bravissimi. E poi non mangio animali da 25 anni e da più di dieci ho eliminato anche latticini e uova. Sono vegano. È una questione etica, di rispetto e di amore.

E quindi rispetto anche mia moglie che, essendo tedesca, non può certo essere vegana (ride, ndr)!». Hai scritto quattro libri, migliaia di canzoni, ora il musical, suoni molti strumenti: l’arte è sempre stata con te? «Quando avevo 13 anni decisi di fare la rockstar. Era un sogno di tanti, ma io ci ho lavorato davvero tantissimo. Con il gruppo che avevo prima dei Pooh, i Capsicum Red, guardavamo alle rockstar inglesi, volevamo essere come loro, vestirci come loro, ma in Italia non si trovava niente, così andai a Londra. A 17 anni». Com’era la Londra di quegli anni? «Era il 1968, era la Swinging London.

Ricordo la piazza Piccadilly Circus, che allora era chiusa al traffico, piena di ragazzi seduti per terra che facevano musica: stavamo lì tutto il giorno, a parlare, scambiarci idee, note. Diventai amico di Battiato, un ragazzo molto dolce e sensibile, registrammo un disco assieme. La nostra amicizia continuò nel tempo, nonostante ci vedessimo poco». Da ragazzo hai avuto tante love story con le artiste dell’epoca: Marcella Bella, Patty Pravo, Loredana Bertè… «Eravamo giovani, avevamo vent’anni, era normale. Marcella Bella era una donna molto gelosa, molto siciliana. Una voce pazzesca. Patty Pravo mi colpì perché anche se veneta non parlava in dialetto.

Vivevamo un’epoca in cui c’era l’amore libero: tutto era più tollerato. Ognuno viveva come voleva, senza problemi, eravamo figli dei fiori, ci volevamo bene». Poi hai “messo la testa a posto”, ti sei sposato, ma poi è arrivata Bea, tua compagna da più di trent’anni. «La vidi e qualcosa mi suonò in fondo al cuore. Lei era impegnata, io anche. Aspettammo quasi dieci anni, ma poi non la lasciai più. Insieme abbiamo creato una bella famiglia, ricordo che quando ero in tour lontano da casa Chiara passava comunque tutti i weekend con Bea. E che gioia sentire Chiara e Philip che si chiamano fratelli.

Bea è la mia “briccola”: a Venezia è il palo attorno al quale ormeggi la barca. E che ti mostra le vie d’acqua, così non sbagli strada e non vai nelle paludi. Senza di lei sarei perso». Con i Pooh avete fatto tutto: migliaia di dischi, concerti, musical. «Sono stati 50 anni vissuti a mille, ma a me sono sembrati cinque minuti. Mi vengono in mente tanti ricordi: quando mi inventai di trascinare Stefano (D’Orazio, scomparso per il Covid un anno fa, ndr) su una barca sul palco, come mi manca, era il mio complice. Oppure quando festeggiammo i dieci anni, poi i 25 e poi in un fiato sono arrivati i 50. Tutti fatti con lo stesso entusiasmo del primo giorno. Sono molto grato»



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