È la donna dei record della canzone italiana: Iva Zanicchi è stata la prima a esibirsi al Madison Square Garden di New York negli Anni Settanta, la prima artista italiana ad andare in tour in Unione Sovietica, ed è anche la cantante che ha vinto più Festival di Sanremo (tre edizioni, tra cui quella del suicidio di Luigi Tenco, nel 1967).
Ma nella sua lunghissima carriera l’Aquila di Ligonchio, il paese emiliano dove è nata il 18 gennaio del 1940, non ha “solo” cantato con la sua bellissima voce: ha recitato al cinema e in teatro, ha fatto la conduttrice televisiva per 15 anni in quel Ok, il prezzo è giusto!, creando il tormentone che la accompagna a ogni incontro con i fan (“Cento! Cento!”), e ha anche servito il Paese come europarlamentare per cinque anni con il Popolo delle Libertà.
Eclettica, roboante e vulcanica, fino al 1985 è stata sposata con il discografico Antonio Ansoldi, dal quale ha avuto la sua unica figlia Marisa, 54enne psicologa, che l’ha resa nonna di Luca, 23 anni, e Virginia, 18. Da 35 anni sta con Fausto Pinna, che ha dieci anni meno di lei, di cui, dice sempre, è innamoratissima e riamata.
A Gente ha aperto la sua casa a Laglio, in provincia di Como, nella quale vive dal 1974: la sala con il pianoforte («Non lo suono, ma sono bravissima a spolverarlo», racconta lei con la sua consueta ironia), la sala da pranzo con un vecchio camino, il giardino con le sue amate piante.
Come è nata questa casa? «Ero stufa della città, e mi sono trasferita con mia figlia Marisa: lei è cresciuta qui, ancora oggi è molto affezionata alla casa, vive qui vicino. Non c’era niente, l’ho costruita io, pezzo per pezzo.
È rustica, comoda, accogliente. A me piace così». Il 4 e l’11 novembre in prima serata su Canale 5 ci sarà D’Iva, che celebra la sua carriera, che ormai dura da più di sessant’anni. Riesce ancora a emozionarsi? «Emozionarmi? Anche di più. Saranno due serate bellissime, con un sacco di ospiti: Orietta Berti, Fausto Leali, Rita Pavone… Voglio entrare nelle case di tutti con la mia musica, le mie emozioni ma anche i miei racconti: voglio far ridere, soprattutto».
Tra le grandi cantanti italiane, lei è sempre stata quella ironica «È nel Dna della mia famiglia. Al pomeriggio le donne del mio paese, dopo aver fatto i mestieri, si trovavano a casa di mia nonna per sentirla raccontare barzellette. Anch’io le adoro: più sporche sono, più mi piacciono». L’emozione più grande della sua carriera? «Il Festival di Sanremo. Dietro le quinte era una tragedia: gente che sveniva, che cantava con il rosario in mano…
Una volta andai da Modugno che cantava dopo di me per farmi rincuorare, invece era lì che picchiava la testa contro il muro. Letteralmente. “Iva, ho una paura matta, me la faccio sotto”, mi disse. Gli chiesi perché continuava a venire al Festival. Mi rispose: “Per provare queste emozioni”. E aveva ragione». Sanremo è cambiato? «Sì, ne parlavo con Orietta Berti alla scorsa edizione: lei era emozionatissima. I giovani mica tanto.
Per noi doveva per forza andare bene. Per loro è solo una cosa in più. Oggi nessuno vuole fare l’interprete, tutti vogliono scrivere. E poi siamo globalizzati: i giovani hanno dimenticato la melodia e fanno il rap. Sono i loro tempi, ma le assicuro che tra vent’anni nessuno canterà quelle canzoni». Non salva nessuno delle nuove leve? «Laura Pausini è brava a cantare. Anche Elisa e Giorgia sono brave, ma non hanno il repertorio giusto. Dovrebbero cantare e basta, e non voler scrivere».
Lei invece ha un repertorio pazzesco, canzoni scritte dai più grandi autori. Chi ricorda? «Lucio Battisti chiamò la mia casa discografica e disse che voleva lavorare con me. Rimanemmo una settimana in studio. Lui era allegro, felice, simpaticissimo.
La canzone fu un fiasco». Con Charles Aznavour fece vari spettacoli. Come lo ricorda? «Era un gran signore, molto affascinante. Dal vivo era alto un metro e venti, sul palco era un gigante. Un giorno ad Amburgo mi portò a mangiare in un locale che non conosceva: appena seduti, cominciò uno spettacolo con uomini e donne nude che facevano l’amore. Un imbarazzo! Eravamo finiti nella zona rossa, quelle delle donne nude. Lui era mortificato».
Diventò una vera star internazionale, famosissima in Sudamerica, cosa che non riuscì ad altre sue colleghe. Cantò ovunque, anche al Madison Square Garden di fronte a 25 mila persone. «Mi sono esibita tantissime volte a New York, spesso in coppia con altri artisti: Gianni Morandi, Claudio Baglioni, Riccardo Fogli, Nicola di Bari…». Facevate notti pazze? «Per niente. Cantavamo, cenavamo e poi andavamo a dormire, perché il giorno dopo dovevamo svegliarci presto per andare a Boston, Chicago, o in Canada. Erano tutti sposatissimi, alcuni con le mogli al seguito, altri con una “guardia del corpo” mandata dalla moglie per controllarli».
Lei ha viaggiato in mezzo mondo, ma ha sempre detto di avere il terrore degli aerei. Come faceva? «Bevevo due o tre whisky e, siccome ero astemia, mi ubriacavo subito e diventavo molesta. Una volta in volo c’era un monsignore: mi sedetti accanto a lui un po’ alticcia e lo importunai chiedendogli come mai lui poteva confessare me, ma io non potevo confessare lui. L’hostess mi prelevò e mi portò quasi di peso nella cabina di comando.
Viaggiai seduta lì, di fianco al pilota, con il comandante in seconda in piedi dietro di me: gli avevo rubato il posto!». Il grande compositore Mikis Theodorakis scrisse per lei Un fiume amaro, che vendette più di un milione di dischi. «È uno dei pochi dischi in Italia ad aver fatto quel record. Fu un successo pazzesco, molto popolare. Io comunque sono quella che ha venduto più dischi di tutte». Tutte sarebbero le altre tre grandi cantanti dei suoi tempi: Mina, Milva e la Vanoni.
Una buona parola per loro? «Mina ha uno strumento in gola, ha note alte pazzesche e la sua più grande qualità è la musicalità. Milva è un basso naturale, era una voce scura, come non c’è mai stata in Italia. Ornella invece è una “cantattrice”: trasmette emozioni.
E se ascolti Ornella mentre fai l’amore, di sicuro viene meglio». E per Iva Zanicchi che parole ha? «Madre natura le ha dato una voce che certe volte lei ha male usato, ma che è la più bella di tutte: ha i bassi di Milva e gli acuti di Mina, anche se non ha la sua musicalità. Ha un po’ di tutte. Insomma: Iva è la più brava (e ride tantissimo, ndr)».
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