Quando Amadeus mi ha chiamato per cantare sul g palco dello spettacolo Arena 60-70-80 ho subito accettato: sono felice di esibirmi nel suo programma con alcuni miei “cavalli di battaglia” come Abbronzatissima. Mi rende ancora più felice pensare che grazie a questa trasmissione mi potrò fare apprezzare anche dalle nuove generazioni».
Chi parla è Edoardo Vianello, grande interprete della musica leggera degli anni Sessanta e Settanta, che si prepara a esibirsi nel nuovo programma di Amadeus, diviso in due serate, dall’Arena di Verona. Si tratta di un viaggio nel passato con le canzoni di alcuni degli artisti che hanno fatto la storia della nostra musica, dagli anni Sessanta agli anni Ottanta: tra gli ospiti, Loredana Bertè, Umberto Tozzi, Patty Pravo, Gianna Nannini e Roberto Vecchioni; poi cantanti che si sono un po’ persi di vista, Sandy Marton, Alan Sorrenti, Sergio Caputo; o “vecchie glorie” come Peppino di Capri, Fausto Leali e, appunto, lui, Edoardo Vianello.
Artisti acclamati e sulla cresta dell’onda ma che, nel corso delle loro carriere, hanno anche incontrato battute di arresto e vissuto periodi bui. «E accaduto anche a me», mi dice subito Vianello, l’interprete di brani come I Watussi e Pinne fucile ed occhiali. «Ho iniziato a muovere i primi passi nel mondo dello spettacolo presto, intorno ai venti anni, ma il vero successo l’ho conosciuto nel 1961 grazie al mitico programma Studio Uno, con Mina, Don Lurio e le Gemelle Kessler, dove presentai la canzone II capello. Fu un successo strepitoso. Da lì è cominciato tutto».
Fu un trionfo inarrestabile, al quale seguirono in pochi anni altre grandi soddisfazioni. «Divenni l’idolo delle ragazze, la gente mi fermava per strada, amavano la mia musica. Avevo tutto, anche l’amore: in quel periodo incontrai Wilma Goich, cantante come me, che divenne mia moglie il 2 gennaio 1967. Eppure, proprio in quell’anno, il vento iniziò a cambiare».
Perché? «In Italia iniziarono gli anni della contestazione e le mie canzoni, allegre e spensierate, per alcuni considerate troppo frivole, furono messe al bando. Le radio non le passavano più, in TV non mi chiamavano. Iniziavano a emergere e à a farsi strada i cosiddetti artisti impegnati. Insomma, di punto 1 in bianco smisi di lavorare. Fu un vero e proprio disastro, un disastro che durò quattro anni».
Come si manteneva? «Grazie al lavoro di mia moglie che, invece, era riuscita a mantenere il suo pubblico. In fondo proprio grazie a lei poi riuscii riprendermi». Come? «Nel 1971, Wilma e io decidemmo di fondere le nostre voci, di unire le nostre forze per dare vita al duo musicale “I Vianella”». Il duo ebbe subito molto successo con canzoni come “Leila” e “Semo gente de borgata”…
«Nel 1973 ottenemmo anche un grande successo a Canzonissima, vincendo tutte le puntate e arrivando terzi nella finale. Il vento tornò a mio favore ma i periodi difficili non erano finiti».
Perché? «Nel 1978, Wilma e io ci lasciammo e, tre anni dopo, ciascuno di noi andò per la propria strada anche dal punto di vista artistico». All’epoca si disse che la fine del matrimonio si ripercosse anche sulla carriera, perché il pubblico che tanto vi amava considerò lo scioglimento della vostra coppia una sorta di voltafaccia.
È così? «Sì, era comprensibile. Non è stato facile per i nostri ammiratori capire e accettare la nostra separazione. Eravamo una coppia, rimasero disorientati. Dovetti ricominciare di nuovo da solista. Mi rimboccai le maniche e iniziai a riproporre i miei vecchi successi, quelli degli esordi. Fu un altro periodo di alti e bassi. Poi, però, piano piano, ricominciai con i miei concerti, le mie serate. Il pubblico non mi ha mai dimenticato».
Ora anche i più giovani la possono seguire in TV nel programma di Amadeus… «Sì, anche se ho scritto molte canzoni inedite che canto solo nei miei concerti, in TV mi chiedono sempre i successi di un tempo. Io canto con piacere Abbronzatissima e I Watussi, Sul cucuzzolo della montagna e II peperone. Con le mie canzoni ho fatto innamorare tantissimi ragazzi. Anche per questo sono felice di salire sul palco di Arena 60-70-80».
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