Ha sempre più i contorni di un tentativo di violenza sessuale l’omicidio di Chiara Ugolini, la 27enne uccisa nel tardo pomeriggio di domenica da un vicino di casa nell’appartamento in cui viveva con il fidanzato a Calmasino, sulle colline della sponda veronese del Garda.
E con il passare dei giorni quello che Emanuele Impellizzeri — 38enne che stava scontando con la «messa in prova» che lo obbligava a non uscire la sera e nei giorni festivi una condanna per due rapine — ha descritto con un «l’ho vista sul terrazzo e ho perso la testa: non so cosa mi sia scattato, perché sono andato lì… Non ho resistito…» scandito davanti ai carabinieri, si va sciogliendo. Anche per quelle indagini che mirano a trovare un movente per un omicidio che al momento non ce l’ha.
Stanno raccogliendo prove e indizi, i militari dell’Arma. Tra questi uno straccio imbevuto di candeggina trovato vicino al capo di Chiara e che, dalle prime ricostruzioni, lei aveva in bocca prima dal tentativo dei soccorritori di rianimarla. Straccio che è stato repertato e che verrà analizzato.
Verrà effettuata oggi l’autopsia. E si cercheranno anche segni di corrosione nei suoi organi interni. Perché il sospetto è che quella candeggina Chiara l’abbia anche dovuta ingurgitare. Potrebbe essere questa la causa dell’emorragia interna che l’ha uccisa. Che potrebbe essere però anche essere stata innescata da un colpo violentissimo — forse un pugno — all’addome. Di certo c’è che Chiara si è difesa.
È quando i carabinieri gli hanno fatto notare i graffi e il sangue che aveva sul viso e sul collo che Impellizzeri ha detto quelle mezze frasi, per poi chiudersi nel silenzio. Verranno cercati anche sotto le unghie di Chiara i segni di quelle abrasioni che è riuscita a procurare al suo assassino.
Che non sia stato un atto improvviso lo testimonierebbe anche un altro elemento. Il cellulare che l’uomo ha avuto l’accortezza di spegnere quando ha deciso di tentare la fuga in sella alla sua Yamaha R6 bianca. Elementi che potrebbe chiarire già oggi, durante l’interrogatorio di garanzia. Se il suo omicida tace, a parlare per e di Chiara è — nella casa in cui è cresciuta a Fumane, in Valpolicella — lo zio Elio. «Era una ragazza impossibile da non amare», racconta di Chiara. «Tutti noi l’abbiamo vista crescere… Era la più piccola dei nipoti. Chiara non ha mai dato un problema. Non ha mai creato una preoccupazione ai suoi genitori. Non ha mai fatto del male a nessuno. E non è un modo di dire».
Lo zio Elio, che di quella nipote racconta anche i timori. Una ragazza, Chiara, che sapeva chi era quel vicino. «Conosceva i precedenti e ne aveva paura — continua Elio —. Non gli dava confidenza. Se proprio lo incrociava mentre entrava o usciva da casa era un “buongiorno” o “buonasera”, niente di più.
E lui l’ha ammazzata. È un mostro. Uno che le ha messo uno straccio intriso di candeggina in bocca. Non c’è altra definizione per un essere simile. Se fai una cosa del genere non hai nulla di umano». Elio che su quell’uomo ha messo la sua personale pietra tombale: «Io non perdono. La nostra famiglia non perdona. Io non lo voglio vedere mai più libero».
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