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Le ultime tre sfide che si sono giocate a San Siro, in gare a eliminazione diretta, dicono che il parziale è di 2-1 a favore del Milan. I rossoneri si sono imposti negli ottavi di finale di ritorno della Champions 2004-05 per 1-0 con un eurogol di Hernan Crespo per poi bissare il successo nella semifinale di ritorno dell’edizione 2006-07 con i gol di Kakà, Seedorf e Gilardino, che ribaltarono il 3-2 dell’andata. Il Manchester United, invece, ha imposto la sua legge a Milano nella partita d’andata degli ottavi di finale della Champions 2009-10, vincendo per 3-2 con i gol di Scholes e la doppietta di Rooney che resero vani i centri di Ronaldinho e Seedorf. Per la gara di giovedì, entrambi gli allenatori puntano a recuperare pezzi importanti dalle rispettive infermerie come Ibrahimovic e Rashford.
La grande prova del Milan sul campo dell’Old Trafford contro il Manchester United è stato un ennesimo segnale di come il lavoro di Stefano Pioli stia pagando non solo a livello di risultati, ma anche di crescita mentale dei suoi calciatori. Giovedì sera, nel teatro dei sogni, il Milan ha giocato una partita che aveva il sapore della Champions League e l’ha interpretata come tale ed erano anni che non si vedeva una prestazione così convincete dei rossoneri in una trasferta continentale di un certo rango. Soprattutto nelle partite ad eliminazione diretta, dove il Milan è spesso uscito ridimensionato al cospetto di avversari più forti. Le ultime eliminazioni europee, spesso compromesse con le gare d’andata, sono quelle contro l’Arsenal nella stagione 2017-18 con il 3-1 ad Emirates che seguì lo 0-2 di San Siro, il 4-1 rimediato al Vicente Calderon nell’ultima partita in Champions dei rossoneri datata 11 marzo 2014 per poi ritrovare quella con il Barcellona nel 2013 (4-0 al Camp Nou che ribaltò il 2-0 di San Siro firmato da Muntari e Boateng), quella dell’anno prima (0-0 a San Siro e 3-1 in Catalogna) per arrivare alla clamorosa eliminazione contro il Tottenham della stagione 2010-11.
Anche l’ultimo precedente a Old Trafford non era benevolo con il Milan visto che si trattava del 4-0 della stagione 2009-10 con una squadra, anche in quel caso, falcidiata dagli infortuni e che subì una lezione tremenda dagli uomini di Ferguson. In quasi tutte queste prestazioni, alle quali va aggiunta anche la doppia sfida con l’Arsenal nel 2007-08, il Milan non riuscì quasi mai a fare una partita di personalità e di dominio, contro avversari che solo in alcuni casi erano più forti sulla carta. E anche quando il vantaggio costruito era cospicuo, le gare di ritorno in terra straniera si sono rivelate complicate, come dimostra la partita con l’Arsenal negli ottavi della Champions 2011-12, quando i Gunners arrivarono ad un passo da pareggiare il 4-0 di San Siro, con Ibrahimovic e Allegri che litigarono pesantemente nello spogliatoio dopo quella sconfitta. La formazione di Pioli, invece, ha dato la sensazione di essere padrona della partita in tutte le sue fasi, ha reagito al gol di Diallo e ha saputo mettere lo United nei propri 20 metri finali fino ad arrivare allo strameritato pareggio di Kjaer sugli sviluppi dell’ultimo angolo della partita. Ad avvalorare concretamente la portata della prestazione milanista c’è stata anche la fluidità mentale dei giocatori. Pioli, con i cambi pressoché obbligati, ha trovato risposte immediate da Tonali, Kalulu e Castillejo, buttati nella mischia sull’1-0 United e che, hanno permesso al Milan di avere quella freschezza e quella grinta decisive per pervenire al pareggio che ha ribaltato i piani qualificazione.
A Pioli è piaciuta particolarmente la maturità globale della sua formazione, con i calciatori impiegati che sulle spalle non avevano chissà quante partite nelle coppe europee, con i soli Kjaer (arrivato a 41) e Castillejo (37) a superare la fatidica quota 20. E il rimpianto di alcuni, gol di Kessie escluso, è stato quello di non aver avuto a disposizione un killer offensivo, perché la quantità di occasioni create dal Milan contro il Manchester United avrebbe avuto una finalizzazione migliore. La testa della squadra adesso è sul Napoli, ma se l’infermeria si dovesse svuotare per giovedì, allora il piano battaglia per approdare ai quarti, con un’altra prestazione di personalità e che richiede almeno un gol da parte del Milan, avrebbe delle armi in più che possono determinare le sorti del passaggio del turno.
Da ieri sera Gattuso può respirare in maniera ancora più profonda e guardare con maggiore ottimismo a questo finale di campionato. Il motivo? Juventus-Napoli, programmata per mercoledì prossimo, è stata rinviata al 7 aprile “su richiesta di entrambe le società”, così come precisato dal presidente della Lega, Dal Pino, nel comunicato n. 219 emesso nel tardo pomeriggio di ieri. Anche il presidente De Laurentiis ha accolto con soddisfazione questa scelta, perchè quella del 17 marzo era una data non gradita a lui non gradita: la sua squadra si sarebbe trovata a giocare tre gare in 8 giorni, tutte in trasferta, contro Milan, Juventus e Roma.
Con l’eliminazione dei bianconeri dalla Champions League, si è trovato questo compromesso che fa comodo ad entrambi i club. La data del 7 aprile è buona per i partenopei per due ragioni. Innanzitutto perchè ci sarà il tempo per recuperare completamente tutta la rosa (tranne Ghoulam che ha finito anzitempo la stagione), ma anche perchè Gattuso giocherà domenica sera a Milano con cinque diffidati, Di Lorenzo, Lozano, Demme, Mario Rui e Koulibaly. Quella contro il Diavolo sarà una gara certamente combattuta e il cartellino giallo per qualcuno (o tutti) i difensori in diffida non poteva essere escluso.
La nuova data di Juve-Napoli permetterà a Gattuso di preparare il big match con più serenità, venendo a cadere tra la sfida del sabato di Pasqua, al Maradona contro il Crotone, e la trasferta della domenica successiva, a Genova contro la Sampdoria. La concentrazione degli azzurri ora potrà essere rivolta unicamente per il Milan, anche se Ringhio non potrà ancora disporre al 100 per 100 di Lozano e Manolas. Il difensore continua ad avere ancora un gonfiore alla caviglia infortunata lo scorso 6 febbraio a Genova, mentre il messicano non può essere lanciato nella mischia dal primo minuto per la paura che possa avere una ricaduta: essendo uno scattista e avendo una ferita ancora fresca sul flessore, Gattuso preferisce inserirlo gradualmente. Ieri il Napoli ha completato la prima settimana “piena” di allenamenti e il lavoro è stato soprattutto tattico, con perfezionamento sulle conclusioni, gli scivolamenti e il classico “11 contro zero”. Lozano ha prima svolto il solito lavoro personalizzato per poi partecipare, per la prima volta dopo l’infortunio sofferto contro la Juventus, all’intera seduta con il gruppo. Per Petagna, che ha fatto terapie e lavoro personalizzato tra palestra e piscina, il rientro non è stato ancora stabilito. Ghoulam, invece, ha completato il periodo di convalescenza in clinica e ieri è rientrato nella sua abitazione.
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