A 29 anni dalla sua ultima partecipazione al Festival, la cantante, che festeggia 55 anni di carriera, sarà in gara per la dodicesima volta. «Non ho mai vinto e non vincerò neanche questa volta, ma ho sempre venduto moltissimi dischi. Mi basta ritrovare la felicità di cantare con la grande orchestra dal vivo». «Il virus? 40 di febbre, tosse secca, mi mancava il respiro. Mio marito stava peggio di me, ma non abbiamo voluto essere ricoverati all’ospedale. Ho ancora qualche strascico, ogni 10 minuti mi devo sedere, ma sto prendendo tante vitamine»
La voce mi arriva bella, forte e musicale, alla faccia di qualunque pestilenza passata, presente e futura. Lucio Dalla la chiamava Oriettona, “così bella e cicciona”, i suoi fan la chiamano l’Usignolo di Cavriago, per distinguerla da Tigri, Aquile e Pantere. Io la chiamo Sollucchero, la donna che canta anche quando non canta, che canta anche quando dorme la notte nella sua vestaglia a fiori. La donna che ama la vita, ricambiata. Che non smette di cantare, come la sua barca di andare, sia pure con un filo di voce o di vento, anche quando aggredita dal virus. Orietta, ci potete giurare, sarà l’ultima cosa che smetterà di cantare su questa terra.
Mi parla dalla sua casa di Montecchio Emilia, dove il sentore del culatello e il profumo stordente del ragù arrivano anche quando la tavola è sparecchiata. Più vicina agli ottanta che ai settanta, Oriettona è sempre la stessa, la carezza illesa e morbida di una donna che ha passato più di mezzo secolo a gorgheggiare nel mondo intero. Oltre 16 milioni di dischi venduti, 9 milioni solo della “barca che va”. Le sue canzoni pubblicate in oltre 40 Paesi nel mondo. Tutto comincia con la lettera “O” nel mondo di Orietta. Due figli, Omar e Otis, la nipotina Olivia, nove gatti, due cani e un marito per sempre, Osvaldo, a cui ha dedicato la sua recente autobiografia. Tra bandiere rosse e acquasantiere (Ed. Rizzoli, € 18). Nel frattempo, si è battuta a mani nude e ha stravinto la battaglia contro il Covid, che ha colpito lei e la sua famiglia.
Pronta di questi tempi alla nuova sfida, il suo dodicesimo Sanremo. A giugno uscirà il triplo cofanetto per i suoi 55 anni di carriera. In una parola, anzi sette: una soave e indistruttibile forza della natura. L’unico in toppo, non riesce a far vaccinare i suoi due molossi da sessanta chili. «Otello e Olimpia, due fratelli. Mordono tutti, non si fanno toccare da nessuno. Hanno già morso due veterinari, il terzo oggi l’hanno messo in fuga. Ci riproveranno tra una settimana».
Non c’è una soluzione? «Di solito facciamo così, gli mettiamo il guinzaglio, chiudiamo metà porta e li teniamo incastrati col sederino di fuori per la puntura, ma stavolta non siamo riusciti». Cominciano tutti con la “O” i nomi della tua famiglia, marito, figli, parenti, cani inclusi. «Aggiungi Olga, mia madre. Il mio nome, Orietta, l’ha pescato lei da un romanzo di Liala». Tua mamma che, riveli nel libro, in realtà non si chiamava Olga. «Si chiamava Vittoria Anna, per tutti Olga. Un nome russo che si era scelta da sola e aveva imposto a chiunque, nonni compresi». Una tipa tosta, mamma Olga. Grande personalità. «Una comunista convinta, che andava a messa tutte le domeniche. Figlia di contadini, mio padre Mafaldo la chiamava “la bersaglierà”».
Add comment