Controcopertina

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segnali di risveglio, ma non basta. Simone Zaza deve dare di più, molto di più. Con l’arrivo di Giampaolo, che gli ha concesso subito fiducia, l’attaccante pare aver ritrovato quelli stimoli che non aveva con Mazzarri e fatti vedere (solo in parte) con Moreno Longo. In questo campionato, nonostante una lunga assenza, è riuscito a realizzare un gol in quattro partite ma quel che più conta è sembrato vivo, pimpante e molto più disciplinato rispetto al passato. Però non basta.



Il Toro, da lui, si aspetta molto di più. E magari il derby di domani potrebbe essere l’occasione giusta anche perché gli stimoli extra non dovrebbero mancare: da buon ex (nella stagione 2015-2016 ha indossato la maglia bianconera con 19 presenze e 5 gol, uno proprio al Toro, vincendo alla fine lo scudetto) avrà una gran voglia di riscatto. Per lui, certo, per la squadra ovvio, ma anche per tutti i tifosi granata che nonostante una parte del suo passato a tinte bianconere non lo hanno mai preso di mira. E allora ci sono tutti i presupposti per fare una grande partita.

Simone Zaza partirà titolare in coppia con il Gallo. I due sono grandi amici fuori dal campo e questo è un aspetto importante: contro la difesa bianconera Giampaolo si aspetta che la coppia riesca a segnare gol importanti, magari decisivi. Non bisogna dimenticare che all’inizio dell’esperienza azzurra di Mancini erano anche i due attaccanti della Nazionale. Belotti col tempo ha rafforzato la sua posizione diventando un punto fermo in prospettiva Europei mentre Zaza è uscito dai radar. Anche perché – come dicevamo prima – l’arrivo di Mazzarri lo aveva penalizzato sotto tutti i punti di vista. Il giocatore ci ha messo del suo ma il tecnico – ricordiamo le sue dichiarazioni – lo accolse con grande scetticismo e successivamente tante panchine. E per un giocatore come lui non sentire la fiducia di un tecnico è un freno sia fisico sia psicologico. Adesso Zaza non ha più alibi. Giampaolo lo stima e sin da subito lo ha lanciato nella mischia. Tocca lui dimostrare il suo valore perché si tratta di un giocatore importante come confermano i gol che ha sempre realizzato nelle squadre in cui ha militato.

Per quanto riguarda l’attacco arriva una brutta notizia. Ieri Simone Verdi non si è allenato per un risentimento muscolare all’adduttore destro ed è stato sottoposto a terapie. L’ex napoletano contro la Sampdoria, entrato a partita in corso, aveva dato un contributo importante nel ruolo di trequartista e per la sfida di domani poteva diventare l’arma a sorpresa. Nonostante sino ad oggi abbia deluso sotto tutti i punti di vista resta un giocatore dotato tecnicamente in grado di trovare la giocata risolutrice. Difficilmente, a questo punto, sarà disponibile per la partitissima di domani. A questo punto l’unica alternativa in attacco è Bonazzoli visto che Millico è sempre alle prese con un problema fisico.

Quando è stato sorteggiato il calendario dell’attuale Serie A, lo scorso 2 settembre, non era certo pensiero avventato quello di un derby – piazzato lì, alla decima giornata – da inquadrare come auspicabile punto di svolta della stagione del Torino.

La mini-preparazione svolta a singhiozzo a causa dalle positività al Covid, il cambio della guardia in panchina ed i tradizionali avvii a rilento di Giampaolo, infatti, lasciavano presagire una prima porzione di campionato all’insegna di qualche difficoltà, anche se certamente non fino allo scenario disegnato dall’odierna classifica.

Quello che non era preventivabile, al contrario, è che la sfida alla Juventus potesse coincidere con la pressante esigenza di riscatto da parte di una colonna portante dell’architrave granata quale Salvatore Sirigu. Una suggestione quasi folle anche al momento del ritorno in campo dopo la breve sosta estiva, con il Torino di scena a Firenze per l’esordio stagionale ed il numero uno sardo subito sugli scudi con una parata ai limiti delle logiche trigonometriche sull’incornata ravvicinata di Kouamé.

Il primo, eloquente, squillo del 33enne ex Psg. Ma anche uno degli ultimi del suo campionato, ad oggi. In aperta antitesi con le prodezze dispensate a grappoli nel corso della sua avventura granata fino alla scorsa estate, quando insieme al suo entourage aveva pregustato la possibilità di salutare Torino per approdare in una piazza che offrisse maggiori ambizioni nella stagione che porta ad Euro2020 divenuto nel frattempo Euro2021.

Dalla trasferta contro la Fiorentina in poi, però, Sirigu pare come caduto vittima di un bieco incantesimo. A base di prestazioni incerte e di un andamento tra i pali che, numeri alla mano, sta progressivamente peggiorando. «Quest’anno ho una nuvoletta nera sopra la testa? Spero vada via, anche se non credo molto in queste cose», aveva avuto modo di osservare durante la sosta dedicata alle Nazionali. Dopo la quale, il trend non si è certo invertito.

Anzi. Nell’ultima gara contro la Sampdoria l’estremo difensore granata ha incassato due gol a fronte di due conclusioni in porta, totalizzando dunque un malinconico zero alla voce parate proprio come in occasione del rocambolesco 4-3 patito con la Lazio. Le componenti in gioco, dai black-out mentali dell’intera squadra ad una fase difensiva ancora da registrare, sono numerose. Ma appare evidente come anche la figura di Sirigu abbia smesso di assicurare granitiche certezze ai compagni in campo.

Evidenti le responsabilità sulla punizione di Milinkovic-Savic contro la Lazio, preoccupanti gli errori di valutazione nella rimonta subita dal Sassuolo, addirittura goffo l’intervento sul cross di Nandez che ha dato il via libera al gol di Simeone e al successo del Cagliari al Grande Torino. Un’inusuale sequenza di errori che ha ribaltato le gerarchie nella speciale graduatoria per percentuale di parate, che oggi vede Sirigu al fondo della classifica tra i portieri titolari dell’attuale Serie A.

A causa, anche e soprattutto, degli appena quattro interventi riusciti nelle ultime cinque giornate di campionato del Torino, dato mortificante se rapportato – per esempio – alle sei parate in 90’ con cui Audero ha contribuito al risultato positivo portato via da Torino dalla sua Sampdoria lunedì scorso. «A Sirigu ho detto che gli errori si possono commettere, ma poi conta come reagisci: se non si allenasse bene ci sarebbe da preoccuparsi, invece lui lavora alla grande e ha il carattere per venir fuori da situazioni particolari», la coccola riservata al suo portiere da Giampaolo alla vigilia della gara col Crotone. Parole da cui ripartire per trasformare i buoni propositi in decisive parate. Fin da sabato pomeriggio, quando l’esame per il riscatto verrà preparato da Ronaldo e Dybala.

Dopo un paio di settimane abbondanti di smart working, ieri Marco Giampaolo è tornato a lavorare al Filadelfia. Decisivo l’esito del tampone: negativo. Un’ottima notizia per il tecnico e per i suoi giocatori, che domani all’Allianz Stadium saranno diretti dall’allenatore abruzzese. Con Francesco Conti, che ne ha preso il posto al timone della barca granata contro Inter, Entella e Samp, che tornerà al suo ruolo di vice Giampaolo. Ha insomma scelto il momento giusto per guarire, colui che ha preso il posto di Longo sulla panchina del Toro.

Che oggi si trova alla vigilia di un derby che potrà rappresentare la svolta della stagione, in caso di successo o pareggio convincente, o rivelarsi l’ennesima delusione di questa prima parte di stagione, se invece a vincere fossero i bianconeri. In clamoroso vantaggio, se si contano i confronti andati in scena con l’attuale proprietà: 22 partite disputate, tra campionato e Coppa Italia, con 18 successi della Juve, 3 pareggi e una sola vittoria, da quando Cairo è presidente. Difficile da scordare, l’acuto granata, considerata l’eccezionalità dell’evento: è il 26 aprile del 2015, quando Darmian e Quagliarella (in gol contro il Toro con la maglia della Samp, nell’ultimo turno di A) replicano alla rete iniziale di Pirlo. Dopodiché il buio quasi totale: 12 partite con 2 pareggi e 10 successi bianconeri.

Ora Giampaolo vuole provare a riaccendere la luce, come gli successe il 22 ottobre del 2016, quando la vittoria nel derby di Genova gli consentì di tornare a conquistare 3 punti dopo 6 turni di astinenza e contestualmente di salvare la panchina. Una situazione simile a quella attuale: dopo nove turni il Toro si trova desolatamente al terz’ultimo posto della classifica, ergo in questo momento la sentenza sarebbe ferale: Serie B. Il tempo per recuperare c’è, ma soprattutto i granata, dal Sassuolo in avanti ed eccezion fatta per la scialba prova offerta contro il Crotone (0-0 contro la terza peggior difesa del lotto, dopo il Benevento e un Torino che suo malgrado guida la classifica con 22 reti subite), hanno offerto buone prestazioni.

Certo vanificate dall’incapacità di gestire il vantaggio: 16 i punti totali persi dopo essersi fatti recuperare, 10 quelli lasciati per strada anche quando il gioco ha iniziato a fiorire (pari a Reggio col Sassuolo e in casa contro la Samp, sconfitte sempre al Grande Torino contro la Lazio e a Milano con l’Inter). Una deriva alla quale il tecnico, derogando dal suo credo con umiltà, sta provando a mettere freno attraverso il cambio di modulo: l’iniziale 4-3-1-2 ha lasciato spazio al 3-5-2 che dovrebbe essere lo schieramento proposto, almeno dal primo minuto, anche domani nel derby.
Al quale intanto non prenderanno parte gli altri positivi, all’interno del gruppo granata: non essendo ancora negativi Lukic, Ujkani, Vojvoda e Gojak sono costretti a rimanere in isolamento. Questo mentre un ulteriore giro di tamponi è stato effettuato nel primo pomeriggio, con gli esiti che saranno comunicati oggi. La speranza è che non ci siano brutte sorprese, dopo che la giornata di ieri è stata allietata dalla notizia della negatività di Giampaolo.

Un rapporto cominciato esattamente diciotto anni fa: il 7 dicembre 2002. Cristiano Ronaldo non è ancora maggiorenne – compirà 18 anni il 5 febbraio successivo – eppure è già in campo per il suo primo derby. Una partita poco fortunata, visto che lo Sporting Lisbona perde 2-0 contro il Benfica.

È un lungo cammino, che dal Portogallo lo conduce in tre dei cinque più importanti campionati d’Europa, da un derby all’altro. Accade così quando va al Manchester United, in Inghilterra, e incrocia 11 volte la strada del City. E riaccade così quando va al Real Madrid, in Spagna, e in ben 31 occasioni se la vede con l’Atletico. Oggi è in Italia, alla Juventus, e l’avversario designato è il Torino, che oggi affronterà per la terza volta.

Il bilancio personale del portoghese è ampiamente in attivo: 47 derby, con 25 vittorie, 10 pareggi e 12 sconfitte. Una storia che contiene all’interno altre storie, come il duello infinito con Diego Godin, fiero avversario in Spagna. Quella contro l’Atletico è la partita che solletica maggiormente l’orgoglio di Ronaldo, anche forse più del Clasico con il Barcellona. L’ultimo esempio lo si è avuto nella clamorosa rimonta in maglia bianconera agli ottavi di finale della Champions League 2018-19, con la tripetta per il 3-0 che aveva ribaltato lo 0-2 incassato al Wanda Metropoliano. Nel derby di Madrid CR7 è andato a segno in 22 occasioni, un dato che gli ha consentito di superare giocatori storici come Santiago Bernabeu e Alfredo Di Stefano, fermi a 17 gol. E il povero Jan Oblak, con 8 reti al passivo, è il portiere più battuto dal portoghese in un derby.

I gol, per l’appunto. Quello contro il Torino è un esame che vale un 30 universitario, il massimo del voto (lode esclusa). Finora Ronaldo è andato a segno in 29 dei 47 derby, gli manca un solo centro per raggiungere l’obiettivo. Contro i granata ha un’ottima media, fatta di 3 reti in 4 confronti: ha messo la propria firma nel match del debutto personale con il rigore decisivo per l’1-0 il 15 dicembre 2018, ha saltato l’appuntamento soltanto nel match del 2 novembre 2019, deciso dal colpo di testa di Matthijs de Ligt (anch’egli al debutto). E nell’ultimo confronto, quello disputato in un insolito 4 luglio, ha anche realizzato la prima rete su punizione in bianconero, dopo 42 tentativi a vuoto. Un gol contro il Torino anche per continuare la scalata personale verso la vetta delle reti in carriera: con quello alla Dynamo Kiev mercoledì è salito a quota 750, al quarto posto, e Pelé, sul gradino più basso del podio, è a 761.

Il tifoso del Toro può godere, quello della Juve al massimo porsi una domanda: nell’estate del 2015 non sarebbe stato meglio comprare Belotti invece di Zaza? E Mandzukic? E Dybala? Riflessioni, valutazioni, opinioni. Resta il fatto che oggi il Gallo può sognare di segnare (una vocale dopo la esse e cambia tutto) il suo 100° gol in granata.

Estate 2015, sì. Toro e Juve devono riscrivere i propri attacchi. Marotta e Paratici restituiscono Matri al Milan, ma soprattutto perdono Tevez. D’intesa con l’ad, il ds bianconero aveva seguito con particolare cura lo sviluppo di Belotti a Palermo: come già anni prima, ai tempi dell’AlbinoLeffe, tra ripetute chiacchierate con l’agente dell’attaccante, Lancini, procuratore stimato e in ottimi rapporti con Paratici, in particolare.

I due commentarono tante volte la crescita del Gallo, tra i lampi di quel primo campionato in A: 38 presenze e 6 gol. Troppo poco però, diciamo così, per sostituire Tevez: per ambizioni, garanzie, immagine. Di qui l’aggancio di Mandzukic, centravanti di ben altra portata ed esperienza (mica il 34enne svincolato di oggi!): strappato all’Atletico Madrid per 19 milioni più 2 di bonus. Il ballottaggio poteva essere con Zaza: all’epoca al Sassuolo, società a dir poco amica della dirigenza bianconera. E pure lui arrivava da un buon campionato: 11 reti in 31 presenze. La Juve a luglio esercitò un diritto di riacquisto da 18 milioni. E, per il reparto fantasia, spese altri 32 milioni più 8 di bonus: per Dybala, esploso a Palermo proprio al fianco del Gallo. Morale: 3 operazioni da quasi 80 milioni, complessivamente.

Cairo, per comprare Belotti 5 anni fa, spese “solo” 8 milioni (salvo poi farsi ammaliare pure lui da Zaza: costato nel ‘18 quasi il doppio).  Non sappiamo se qualcuno alla Juve si stia mangiando le dita, ripensandoci. Di sicuro se le può leccare Cairo, con Belotti. Che Paratici già seguiva nel 2012-’13: ultimo campionato del Gallo con l’AlbinoLeffe, 12 reti in 31 presenze. Ma il club bergamasco pretendeva 5 milioni. Nella Juve si dissero: troppi, per un giocatore di Lega Pro. Lo prese Zamparini. Che poi, nella tarda primavera del 2015, lo etichettò: «Mi basta rientrare della cifra spesa». Il business lo vedeva solo attorno a Dybala. Juventus e Sassuolo ragionarono anche sull’ipotesi di prendere Belotti in sinergia. Un acquisto con prestito agli emiliani, per esempio. Ma non erano troppo convinti. Ad agosto, Cairo (convinto da Ventura) entrò ufficialmente in gara. Come altri club di Serie A. Zamparini annusò l’asta. E allora alzò la cifra: fino a 10 milioni. Lancini, fedele agente del Gallo, dovette affrontare discussioni bollenti col patron del Palermo.  Da anni Belotti segna a raffica per il Toro. Ogni tanto, anche Zaza.

Dove e come vedere il derby Juventus – Torino in  streaming

Juventus Torino si disputerà questa sera, Sabato 5 dicembre 2020, alle ore 18.00  La partita sarà visibile sui canali Sky e nello specifico sui canali Sky Sport, sia sul satellite che sul digitale terrestre ed ancora Sky sport Arena al numero 204 del satellite. Ovviamente chi vorrà potrà seguire anche il match in diretta streaming. Gli abbonati potranno affidarsi a Sky Go per poter vedere il match, scaricando l’app su dispositivi mobili quali computer e notebook o ancora tablet e smartphone. Ci sarebbe ancora un’altra possibilità, ovvero guardare il match su Now Tv, il servizio di streaming live e on demand di Sky che da la possibilità di poter assistere ai più importanti incontri di calcio, ovviamente dopo aver acquistato uno dei pacchetti offerti.

Cari tifosi granata, immaginate un momento felice della vostra vita legato al calcio. Ora vi racconto il mio. Ho vissuto gran parte della giovinezza in giro per il mondo e per me il derby significava salire sull’aereo della fantasia e viaggiare fino a Torino, la che ho nel cuore. Il derby di sabato sarà diverso: lo Stadium vuoto, una Torino sofferente, molti suoi abitanti impoveriti dalla crisi e il Paese in estrema difficoltà.

Il momento ci mostra la necessità di unire le forze per combattere gli stati di fragilità socio-economica che aumentano ogni giorno. Avere a cuore i meno fortunati è per me dovere morale e sociale. Lo deve essere per tutti. Manifestare supporto, anche solo con una parola, è importantissimo. Dai primi istanti della pandemia ho messo in campo tutte le mie forze per i più deboli. E non è un caso se per l’ultimo progetto di solidarietà promosso da Fondazione LAPS – #ÈIlNostroDovere – ho scelto le Nazionali maschili e femminili, due squadre che rappresentano il Paese intero. Il calcio non è solo sport, è una passione che si intreccia con le vite di tutti.

Per questo in occasione di un derby particolare dobbiamo più che mai far scomparire ogni rivendicazione. Lasciamo solo la rivalità sana e uniamoci sotto l’insegna dell’Amore per la città e il prossimo. Saremo avversari per 90 minuti e saremo spensierati. Al fischio finale, però, torniamo a riflettere sul fatto che ci sono persone meno fortunate. Prendiamoci la responsabilità di incarnare il ruolo che sempre ha avuto Torino: una città che ha unito l’Italia con la sua operosità. Abbracciamoci forte simbolicamente e facciamo sì che la nostra passione per i rispettivi colori si fonda in un unico fascio di luce: una mano tesa pronta a aiutare chi soffre. #ÈIlNostroDovere. Un forte abbraccio a voi e alle vostre famiglie, buon derby e che vincano bel calcio e generosità. Al cuor non si comanda: FORZA JUVE!

«Non ci sono piu le stagioni di una volta, signora mia…», si sentiva dire dal salumiere. Adesso la frase più ricorrente non solo dal salumaio è: «Non ci sono piu i derby di un tempo». E’ cambiato tutto, siamo cambiati anche noi e il calcio specchio virtuale della vita non è da meno.

La pandemia ha fatto il resto, il Covid non ama il football: la dimostrazione sono gli stadi tornati cattedrali nel deserto, freddi, glaciali e astratti. Giocare un derby in queste condizioni significa non giocare un vero derby, il fattore campo non esiste più, le curve spesso maltrattate dalla cronaca sono assenti, cori e sfottò dimenticati. Il mio primo derby fu quello della settimana dopo la morte della farfalla granata Gigi Meroni.

Quel giorno lo stadio era una bolgia, il Torino vinse quattro a zero annichilendo la Juve che accettò la sconfitta voluta dal cielo. L’emozione fu negli abbracci in Curva Maratona stretta nel mix di felicità e tristezza che ci accompagnarono nel corteo che si fece per le vie della città. Questo è un ricordo di qualcosa di antico, quasi romanzato, che oggi sembra fuori dal tempo, ma che testimonia cosa poteva essere una vittoria nel derby, la partita dell’anno per tutti i Bovini, come ci chiamavano i Gobbi della Filadelfia. Quella che va in scena è una partita che vivremo dal divano, in 4k, con le urla strozzate per non disturbare i vicini, e se le cose andassero male, come dice il pronostico, si potrà cambiare canale e vedere La regina degli scacchi. Che vince sempre. Mi auguro una bella partita per entrambe le squadre con Ronaldo e Belotti su tutti. I due campioni di Juve e Toro. Noi siamo alla ricerca di punti, loro di gioco. Cogliamo questa occasione per fare bella la Torino del calcio, anche se, come gridano i nostri: «Torino è stata e resterà granata».

Sarà un derby tra due squadre in evoluzione, quello di questo pomeriggio, ma si tratta di due evoluzioni differenti. La Juventus deve migliorare nel mettere in pratica le idee di Andrea Pirlo, che ha già ben interiorizzato a livello teorico, il Torino invece sta cercando un punto di incontro tra le idee di Marco Giampaolo e le caratteristiche della rosa, non ideale a esprimerle: prova ne sia il cambio di sistema delle ultime tre partite, con l’abbandono della linea difensiva a quattro che per il tecnico abruzzese era un cardine, per passare dal 4-3-1-2 al 3-5-2.

Quello del modulo però non è l’unico indicatore di come il Toro non stia ancora riuscendo a concretizzare le idee del suo allenatore: controllo del gioco attraverso il fraseggio e pressione alta in fase di non possesso. La squadra granata (dati Wyscout) è penultima in Serie A per percentuale di palloni recuperati nella trequarti avversaria (36%, peggio il Parma con il 32%), 14ª per media di passaggi a partita, 15ª per possesso palla, 17ª per tocchi in area avversaria. In compenso è abile a sfruttare le doti dei singoli: 3ª per dribbling, 6ª per duelli offensivi, 5ª per falli subiti.
Come detto, la Juventus al contrario deve migliorare nell’applicazione delle idee di Pirlo, ma sta seguendo la volontà dell’allenatore di occupare la metà campo avversaria: 1ª per passaggi, 2ª per possesso palla, 1ª per tocchi in area avversaria (ma solo 8ª per tiri, ecco la necessità di migliorare), 6ª per intensità di pressing. Atteggiamento offensivo che permette anche ai singoli di esprimere le proprie doti, tanto che quella bianconera è la squadra che tenta più dribbling a partita.

Si prospetta così una sfida con la Juventus in controllo del pallone, alla ricerca di varchi nel 3-5-2 del Torino che in fase difensiva si trasforma in 5-3-2. Un copione in linea con quello che Pirlo vorrebbe vedere, ma al tempo stesso molto pericoloso per i bianconeri. Intanto perché in campionato la Juventus ha affrontato cinque squadre schierate con il 3-5-2 o sue varianti e quattro volte ha pareggiato: Roma (3-4-2-1), Crotone, Verona e Lazio (battendo il Cagliari schierato con un 3-4-2-1). In questo c’è una componente di casualità, ma non solo: la squadra bianconera, sia quando si difende schierata con il 4-4-2 sia quando deve tornare a quell’assetto dal 3-2-5 offensivo, fatica a coprire l’ampiezza sfruttata dagli avversari con gli esterni a tutta fascia.Occhio a Singo, dunque, il più in forma dei granata, e a cercare di interrompere, o almeno sporcare, subito le ripartenze del Toro, che in spazi ampi può sfruttare anche corsa e fisicità di Meité, Linetty, Zaza e ovviamente Belotti.

D’altra parte, per la Juventus riuscire a chiudere il Torino nella sua trequarti significherebbe anche far giocare Ronaldo, Dybala e gli altri suoi talenti vicino alla porta di Sirigu. Il che di solito prima o poi porta al gol, a patto di non intasare gli spazi, che con il nuovo assetto il Toro riempie già molto di suo. La squadra di Pirlo per giunta sarà priva di Morata, il più continuo nell’attaccare la profondità e dunque nel costringere i difensori a correre all’indietro, creando spazio tra loro e il centrocampo. Dovranno farlo a rotazione tutti gli altri bianconeri, centralmente e tagliando dall’esterno. Muovere velocemente pallone e uomini sarà fondamentale per non imbottigliarsi e concedere ripartenze al Torino. Così come mantenere sempre due giocatori larghi, per dilatare gli spazi. E potrebbe essere utile mantenere Cuadrado un po’ meno avanzato del solito in prima costruzione, per dare subito uno sbocco in ampiezza e costringere l’esterno o la mezzala granata a lasciare la loro zona per aggredirlo, creando spazio.

Nel mondo del calcio il suo nome è ovunque. Gli piace la parola “record”, da morire: non può fare a meno di superarli, distruggerli. A35 anni (36 il 5 febbraio) la pancia non è piena, sono proprio quegli obiettivi – ancora da raggiungere – a mantenere il fuoco acceso, la fame altissima. Con la Dinamo Kiev ha segnato il gol numero 750 da “pro”, contro il Torino proverà a scalare una classifica particolare nella storia bianconera: nel 2020 il fenomeno portoghese ha segnato 29 gol in Serie A.

Ne manca uno per la cifra tonda nell’anno solare (in campionato ci riuscirebbe per la nona volta in carriera) e raggiungere John Hansen, tre per prendere un certo Omar Sivori, qualcuno in più per agganciare Felice Placido Borel (41 centri). Gente fortissima, ma di un’altra epoca: si deve tornare, nell’ordine, al 1952, 1961 e 1933. Dopo di loro, da queste parti, nessuno ha tenuto il ritmo di CR7. Toro, Real e 5 dicembre Un ritmo da gigante, che segna sempre e contro tutti.

Anche il 5 dicembre, in qualsiasi occasione possibile: l’ha fatto nel 2009, nel 4-2 sull’Almeria (minuto 84) e nel 2015, nel 4-1 al Getafe (38’). Entrambi con il Real Madrid, nelle due partite giocate in carriera in questo giorno. Se vogliamo, anche questo può essere un personale spunto per il face to face contro il Torino. Un avversario tosto, come da tradizione, che comunque Ronaldo ha già colpito quattro volte in quattro partite da bianconero con un assist e tre gol, l’ultimo nel 4-1 dello scorso luglio. Dire che la sua presenza sia importante, decisiva, fondamentale suona come una clamorosa ovvietà: tutti sanno che, senza di lui, la Juventus arranca (quattro partite tra A ed Europa, una sola vittoria). Altrettanti sanno che Cristiano è un trascinatore, un leader da scudetto: lo è da una vita.

Per questo Pirlo, per dare una svolta al campionato, adesso gli chiede anche di più. Leader e mental coach Non sappiamo cosa farà una volta salutato il calcio giocato: difficile possa fare l’allenatore (finora, nelle varie dichiarazioni, mai ha accarezzato tale possibilità), ma di fatto in questa Juve lo è a tutti gli effetti. Potrebbe essere addirittura un mental coach, uno bravo a lavorare sulla mente dei compagni. Un nome, tra loro? Nessuno, in questo momento, potrebbe avere più bisogno di Dybala: un talento purissimo che si trova a un bivio (rimanere un semplice e meraviglioso potenziale o diventare un top player?), che intanto proverà a non far rimpiangere Morata – fermato per due giornate – e segnare il primo centro in questo stranissimo campionato. Il guizzo di Budapest contro il Ferencvaros è troppo poco, Pirlo confida in Cristiano per caricarlo e slegarlo da una certa pressione che stanno frenando una Joya che, finora, ha sorriso raramente.

Nuovo riconoscimento Intanto, per Ronaldo, i premi si sprecano, anche se per uno che ha vinto 5 Champions e 5 Palloni d’Oro cosa potrebbe significare un semplice Mvp di novembre? Poco o nulla. Probabilmente nemmeno lo metterà in bella mostra a casa. Quello che gli consegneranno oggi – nel prepartita – comprende la settima, ottava e nona giornata del campionato in corso: solo 270’, una goccia quasi insignificante in una carriera leggendaria. Restando sul tema, di certo contano di più le parole di Luigi De Siervo, a.d. della Serie A: «È un campione infinito che tutto il mondo ci invidia». Neanche un mese fa Javier Tebas (presidente della Liga) diceva: «Il suo addio al Real? Per noi non è cambiato nulla, ve lo assicuro. E onestamente, la A non è migliorata con il suo arrivo». Ci vuole coraggio a pensarla così…

Ci pensa e ci ripensa da qualche giorno, e ieri sera si sarà addormentato con quel desiderio che fatalmente si sarà trasformato in un pensiero unico. «Immagina un po’ cosa sarebbe il centesimo gol proprio nella notte del derby. E ancora di più se sarà il gol decisivo…». Già, perché ci sono serate che si costruiscono prima con la potenza dell’immaginazione, riempiendole di speranze. E per Andrea Belotti questa stracittadina non può essere una partita come tutte le altre.

Sia chiaro, per lui che è il capitano e il totem intorno al quale si strutturano da anni le speranze del Toro non potrà mai esserlo, ma stavolta si può aggiungere un accento in più. Un significato differente, un’aspirazione che spinge il sogno un po’ più in là, magari rubando la scena a Cristiano Ronaldo. Il Gallo va a caccia di un derby da sogno, nel quale scrivere la storia del suo gol numero 100 granata. Se diventerà decisivo, sarebbe addirittura l’apoteosi.

Corsa sfrenata Il derby lo sente sulla pelle, il Gallo. Negli ultimi due giorni si è allenato ancora con maggiore decisione e impegno, ha voluto trasmettere l’esempio ai compagni ancora di più di quanto già normalmente sia solito fare. Serietà, applicazione, massima concentrazione: volto teso e obiettivo chiaro nella testa. In questo avvio di campionato la corsa del capitano ha preso, di colpo, davvero il binario dell’alta velocità.

Così travolgente non lo si era mai visto. E non è solo una sensazione, sono i numeri a testimoniarlo: 7 gol in 8 partite di campionato (ha saltato, per infortunio, solo la trasferta di San Siro in casa dell’Inter) significano che va a bersaglio con una media di un gol ogni 101 minuti. Una media addirittura superiore a quella della stagione dei 26 gol, anno 2016-2017, quando segnava ogni 118 minuti. L’ultima opera l’ha regalata lunedì sera, nella sfida casalinga contro la Sampdoria. Un 2020 da favola Cinque giorni fa si è arrampicato fin sulla quota di 99 reti con la maglia del Torino, distribuiti in tutte le competizioni. Gliene manca allora solo uno per andare in tripla cifra e staccare il pass per debuttare nel club dei centenari del gol. Dalla stagione 2015-16, da quando il Gallo è al Toro, in SerieA solo Dzeko, Mertens e Immobile hanno raggiunto i 100 gol con la stessa maglia.

Tagliare il traguardo dei 100 gol significherebbe anche mettere nel mirino Adolfo Baloncieri: attaccante granata a cavallo tra gli anni Venti e Trenta, con 101 gol è l’ottavo marcatore nella classifica di tutti i tempi della storia torinista. Il Gallo insegue, nono in questa speciale classifica con i suoi 99 gol. Insegue, sì, ma è lanciato: perché, ovviamente, tutto lascia presupporre che sia già sulla corsia di sorpasso in avvicinamento. Lo racconta la storia di questo 2020, un anno che per Andrea Belotti è stato davvero strepitoso. Perché non ci sono soltanto i 7 gol di questo campionato, ma nel conteggio entrano anche i nove della seconda parte della stagione precedente. Nell’anno solare è riuscito a mettere in segno sedici gol che fanno di lui il 65° attaccate più prolifico in Europa, e il terzo tra gli attaccanti italiani del 2020 dopo Immobile (24 gol) e Caputo (18 gol) del Sassuolo. Questa sera avrà ancora Simone Zaza a fargli da spalla, il Gemello granata del Terzo millennio, l’amico preferito. Il Gallo non vede l’ora. E sogna quel centesimo gol che faccia volare il Toro in casa della Juventus di Cristiano Ronaldo. Non accade dal 1995, in una storia lontana 25 anni. Sì, è partita la caccia al derby granata da sogno.



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