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Aids shock, l’allarme degli esperti: “C’è il rischio di una nuova pandemia”



E’ atteso anche il principe Harry, duca di Sussex, alla 22/ma Conferenza internazionale sull’Aids (AIDS 2018) che si terrà da lunedì al 27 luglio ad Amsterdam. La più grande conferenza in tema di salute a livello mondiale riunirà anche quest’anno oltre 15.000 scienziati, attivisti, operatori sanitari, responsabili politici e leader globali.



Convocata la prima volta durante il picco dell’epidemia di Aids nel 1985, la Conferenza internazionale sull’Aids continua a fornire un forum unico per l’intersezione tra ricerca, difesa e diritti umani. In particolare, l’attenzione quest’anno sarà puntata sull’accesso alle terapie e ai test per la diagnosi, sulla profilassi pre-esposizione, la resistenza ai farmaci, il monitoraggio della tossicità e su come affrontare la crescente epidemia in Est Europa. Ma, alla luce del rallentamento dei progressi fatti per sconfiggere la malattia, il tema principale sarà la necessità di tornare a spingere sull’acceleratore della ricerca. E’ di soli pochi giorni fa, l’allarme lanciato dal Programma congiunto dell’Onu sull’Hiv/Aids (Unaids): benché i decessi siano in calo e sotto la soglia del milione e benché il numero di persone che hanno accesso a terapie sia in aumento (21,7 milioni nel 2017), le nuove infezioni sono in aumento in almeno 50 Paesi e il ritmo dei progressi per sconfiggere l’epidemia non sta al passo con gli obiettivi del 2020.

Aids shock: 6mila italiani sieropositivi, ma non lo sanno: è allarme

In Italia sono circa 6.000 le persone con Hiv in fase avanzata non diagnosticata, cioè con un’infezione da diversi mesi che gli ha fatto abbassare i valori del sistema immunitario, ma non si sono ancora presentate dal medico. E’ pari al 40% dei circa 15mila casi di sieropositivi ancora non diagnosticati. L’82,8% sono maschi che hanno contratto il virus per via sessuale. Lo stimano i ricercatori dell’Istituto superiore di sanità (Iss) in uno studio pubblicato sulla rivista Eurosurveillance riferita al periodo 2012-2014.

Complessivamente in Italia le persone che vivono con l’Hiv sono circa 130.000 (è l’ultimo dato disponibile che si riferisce al 2016). “Di questi, 15mila non hanno ricevuto una diagnosi – spiega Vincenza Regine, una dei ricercatori dell’Iss – Nell’Unione europea, si stima che i casi non diagnosticati siano 101mila, di cui circa il 33% in fase avanzata”. Il dato italiano dunque è un po’ sopra la media europea, anche se “va considerato che quello del nostro Paese si riferisce agli anni tra il 2012 e 2014 – continua Regine – mentre quello europeo al 2016. E sappiamo che a livello europeo il numero dei casi non diagnosticati è in calo”. Arrivare tardi alla diagnosi dell’hiv ha un impatto negativo non solo per il singolo malato, ma anche per la popolazione in generale. Chi ha una diagnosi tardiva risponde infatti meno bene alla terapia antiretrovirale, il trattamento nel suo caso è spesso costoso e complesso, ed è più a rischio di malattie e morte. Senza contare che rappresenta un possibile veicolo di diffusione del virus per via sessuale per lungo tempo.

Il Telefono verde Aids compie 30 anni e certifica: “Più disinformazione e bassa percezione del rischio”

Il telefono veder AIDS e IST 800 861 061 dell’Istituto superiore di sanita’ (Iss) festeggia i suoi 30 anni di impegno nella sanita’ pubblica e, nel corso di una conferenza stampa al ministero della Salute, illustra il bilancio dei circa 800 mila interventi di counselling telefonico, in risposta a piu’ di 2 milioni di domande, svolti in questo periodo. Dall’analisi dei contenuti di questi interventi emerge come siano diminuiti i giovani utenti – gli under 25 – e come sia aumentata in generale la disinformazione sui temi della prevenzione: 12 persone su 100 di tutte le eta’ pensano ancora che il rischio di contrarre l’infezione sia legato a baci, zanzare e bagni pubblici.

Circa la meta’ di chi chiama, inoltre, afferma di non aver mai eseguito il test Hiv, pur dichiarando di aver avuto un comportamento a rischio. Rimangono costanti le richieste di consulenza legale con riferimento a stigma, discriminazione sul posto di lavoro, violazione della privacy, accesso alle cure. Per questo, l’Iss, in occasione del trentennale del Telefono Verde AIDS e IST, ha realizzato un opuscolo informativo, “La bussola”, sui diritti esigibili dalle persone sieropositive, che sara’ scaricabile gratuitamente dal sito dell’Iss.

Entrando piu’ nel dettaglio dell’analisi delle telefonate, queste vengono effettuate in maggioranza da uomini (75,4 per cento); da persone che dichiarano di aver avuto rapporti eterosessuali (56,8 per cento); da giovani appartenenti alla fascia di eta’ compresa tra i 25 e i 39 anni (57 per cento). In diminuzione sia le donne, scese dal 33 per cento nel decennio 1987-1997 al 13,9 per cento nel decennio 2007-2017, sia i giovani che sono passati dal 23,3 per cento nel decennio 1987-1997 all’11,9 per cento nel decennio 2007-2017. Le prime perche’ probabilmente hanno un accesso facilitato ai servizi di prevenzione territoriali per la salute della donna, i secondi perche’ sembrano prediligere altri canali informativi, quali Internet. In generale i quesiti hanno riguardato soprattutto le modalità di trasmissione dell’Hiv (25,8 per cento) e le informazioni relative ai test (22,1 per cento).

Aids: Lorenzin, calata percezione rischio; campagna per giovani 

“E’ calata moltissimo la percezione del rischio di contrarre le malattie sessualmente trasmissibili, non solo l’Hiv, ma tutte le malattie sessualmente trasmissibili”, e per questo motivo “abbiamo messo a punto una campagna di sensibilizzazione sui social media, rivolta in particolare ai giovanissimi, che invieremo alla Presidenza del Consiglio per una valutazione”.

Lo ha annunciato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, in occasione di una conferenza stampa, nella sede del dicastero, sui 30 anni di attivita’ del Telefono Verde Aids e Ist. Negli ultimi anni, ha precisato Lorenzin, “c’e’ stato un abbandono dell’uso del preservativo e le persone non hanno fatto ricorso ai test che consentono di sapere se si e’ stati infettati. Possiamo dire che rispetto alla generazione degli anni ’80 e ’90 c’e’ stata una sottovalutazione molto importante di queste malattie”. Oggi, ha continuato il ministro, “abbiamo le persone che ci arrivano con la malattia ormai conclamata, mentre nel passato venivano intercettate prima”. Nel corso della conferenza stampa il direttore del Dipartimento Malattie Infettive dell’Iss, Gianni Rezza, ha affermato: “Si evidenzia una percezione del rischio notevolmente abbassata nonostante resti rilevante il numero delle nuove diagnosi di infezione da Hiv segnalate dal Sistema di Sorveglianza COA/ISS, che risultano essere nel 2015 pari a 3.444 nuovi casi, con l’incidenza piu’ alta osservata tra le persone di 25-29 anni che rappresentano anche la fascia di eta’ in cui e’ piu’ alta la disinformazione tra gli utenti del Telefono Verde”.

Aids: Lorenzin, calata percezione rischio; campagna per giovani 

“Proprio i dati del Telefono Verde dimostrano come sia sempre piu’ importante elevare il livello di consapevolezza sui comportamenti corretti in materia di salute – ha poi detto Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanita’ -. La disinformazione nel corso di questi trent’anni e’ passata dall’11,4% rilevato nel primo decennio al 13,6% rilevato negli ultimi anni. Relativamente all’Hiv, per esempio, in 12 telefonate su cento effettuate da persone di tutte le eta’ emerge ancora che il rischio di contrarre l’infezione sia legato a baci, zanzare e bagni pubblici. La richiesta costante di informazioni su tematiche legali, inoltre, ci ha convinti a produrre in questa occasione un opuscolo informativo, ‘La bussola ‘, che sara’ scaricabile gratuitamente dal sito dell’Iss”. In 30 anni di attivita’, e’ stato sottolineato, Telefono Verde ha risposto a oltre 2 milioni di domande svolgendo quasi 800 mila interventi di counselling all’interno di telefonate effettuate in maggioranza da uomini (75,4%); da persone che dichiarano di aver avuto rapporti eterosessuali (56,8%); da giovani appartenenti alla fascia di eta’ compresa tra i 25 e i 39 anni (57%). Un’ulteriore analisi statistica relativamente all’arco temporale febbraio 2011 – maggio 2017, periodo che vede la rilevazione dell’informazione sul test HIV, ha evidenziato che nel 74,8% delle telefonate (pari a 74.415 telefonate su un totale di 99.392) e’ stata posta attenzione sul test Hiv, rilevando che nel 50% dei casi il test non e’ mai stato eseguito. Dall’analisi dei dati relativi all’esecuzione del test emerge ulteriormente che l’esame e’ stato effettuato per motivazioni indipendenti dal comportamento a rischio, in una proporzione di telefonate pari al 2% (interventi chirurgici-0,1%, gravidanza-0,4% o durante una donazione di sangue-1,5%). Anche il test HIV, quindi, non viene sistematicamente eseguito da circa la meta’ di coloro che chiamano dichiarando di aver avuto un comportamento a rischio. “Le chiamate in diminuzione riguardano, rispetto soprattutto ai primi anni dell’epidemia, sia le donne, 33% nel decennio 1987-1997 scese al 13,9% nel decennio 2007-2017, sia i giovani che sono passati dal 23,3% nel decennio 1987-1997 all’11,9% nel decennio 2007-2017 – ha spiegato Anna Maria Luzi, Direttore dell’Unita’ Operativa RCF all’interno della quale si colloca il Telefono Verde -. Le prime perche’ probabilmente hanno un accesso facilitato ai servizi di prevenzione territoriali per la salute della donna, i secondi perche’ sembrano prediligere altri canali informativi, quali internet e per questo dal 2013 l’attivita’ di counselling telefonico e’ integrata dal sito www.uniticontrolaids.it”

Aids, ecco il numero verde

Inoltre, dall’analisi dei quesiti emersi durante gli interventi di counselling le infezioni sessualmente trasmesse, in generale, sembrano destare meno attenzione da parte degli utenti del Telefono Verde nonostante il Sistema di Sorveglianza Sentinella del COA/ISS ne abbia registrato un aumento progressivo (le segnalazioni hanno subito dal 2005 al 2014 un incremento pari al 33,2%) che ha colpito soprattutto le donne. “Serve una maggiore consapevolezza fra i giovani nell’evitare comportamenti sessuali sbagliati perche’ questo ha a che fare con il loro futuro – ha concluso Ricciardi -. Si pensi alla Clamydia che ha la piu’ alta prevalenza tra le giovani donne tra i 15 e i 24 anni, un’infezione che puo’ comportare conseguenze sulla salute della donna e arrecare notevoli danni alla sua fertilita’”. Il Servizio, gratuito e anonimo, consente di dare risposte (sia in italiano, sia in inglese) ai bisogni informativi della persona-utente, di inviarla laddove necessario ai Servizi di prevenzione, diagnosi, cura e assistenza presenti sul territorio, disponendo di un archivio informatizzato di oltre 2.000 strutture (centri di diagnosi e cura delle malattie infettive, consultori, centri per le infezioni a trasmissione sessuale, associazioni di volontariato, ONG), questo grazie ad una presenza, dal lunedi’ al venerdi’, dalle ore 13.00 alle ore 18.00, degli esperti del Telefono Verde AIDS e IST 800 861061.

Sesso e Aids: allarme infezioni, 1 teenager su 2 non usa precauzione

Un teenager italiano su 2 non usa il profilattico nei rapporti sessuali in genere e sempre 1 su 2 non lo usa neanche nei rapporti occasionali. Non stupisce quindi che i casi di sifilide siano raddoppiato, cosi’ come sono aumentati i contagi da papillomavirus, specie nel periodo delle vacanze. A lanciare l’allarme soo stati gli esperti riuniti in occasione della nona edizione di ICAR (Italian Conference on AIDS and Antiviral Research), la manifestazione piu’ importante in Italia dedicata all’AIDS e all’Epatite che si e’ svolta a Siena sotto il patrocinio della Societa’ italiana di malattie infettive e tropicali. “Normalmente, durante i viaggi e le vacanze, la possibilita’ di avere degli incontri sessuali occasionali aumenta”, ha spiegato Massimo Andreoni, responsabile dell’Unita’ Operativa Complessa di Malattie infettive del Policlinico Tor Vergata di Roma e past president Simit. “Non e’ un caso che, nel periodo successivo a quello estivo – ha continuato – si registri il picco assoluto annuale di pazienti in fatto di infezioni e malattie sessualmente trasmissibili. Un altro rischio che corriamo sono le infezioni dell’apparato gastroenterico, come diarree e gastroenteriti, legate al consumo di bevande e alimenti non controllati. In alcuni casi si tratta di infezioni pericolose, quindi si consiglia di portare sempre sali minerali e di assimilare molti liquidi”. Gli esperti stimano che il 15-20 per cento dei teenager confonde la contraccezione con la prevenzione delle infezioni trasmesse sessualmente. Le infezioni sessualmente trasmesse, oltre l’HIV, sono infatti in aumento: i centri infettivologici italiani negli ultimi 3-4 anni hanno notato un incremento pari a piu’ del doppio dei casi di sifilide. “A queste si aggiungono – spiega Andrea De Luca, Direttore Malattie Infettive UniversitA di Siena – altre infezioni, anche meno gravi, come quelle da Clamidia, ma non prive di conseguenze, tra cui l’infertilita’ femminile. L’infezione piu’ diffusa e’ quella da papilloma virus, per la quale e’ fondamentale la vaccinazione gratuita per le adolescenti e che verra’ ora introdotta anche per i maschi. Essa e’ la causa del cancro della cervice uterina e dell’ano e delle condilomatosi genitali e anali. Nei contagi, per l’HIV e per le altre malattie, anche se il rischio di un singolo rapporto e’ basso, se si gioca alla roulette russa prima o poi il proiettile arriva e per questo bisogna proteggersi sempre”.

Aids: bene risultati di nuova terapia meno tossica per pazienti

La terapia a base di una singola compressa contenente bictegravir, un nuovo inibitore sperimentale dell’attivita’ di strand transfer dell’integrasi (INSTI), e la combinazione emtricitabina/tenofovir alafenamide, ha dato risultati soddisfacenti per il trattamento dell’infezione da HIV-1. Lo ha annunciato Gilead Sciences, che ha riportato i risultato di quattro studi di Fase III. La terapia testata si basa su un nuovo farmaco a base di TAF – il profarmaco di tenofovir (TFV), principio attivo presente in molti trattamenti consolidati per l’HIV, che ne consente l’accumulo all’interno delle cellule (concentrazioni 4 volte piu’ elevate) limitandone la presenza nel flusso sanguigno (90 per cento in meno di farmaco nel sangue) – in grado quindi di ridurre la tossicita’ a livello dei reni e delle ossa nei pazienti con Hiv. “Sulla base di quanto emerso dai risultati di questi studi di Fase III, la combinazione di bictegravir e F/TAF rappresenta, al momento, un progresso di assoluto rilievo nel trattamento con triplice terapia”, ha commentato Andrea Antinori, Direttore U.O.C. Immunodeficienze Virali, Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, IRCCS, Roma.

“C’è una sottovalutazione del rischio rispetto alle malattie sessualmente trasmesse nonostante i dati parlino di 3.500 nuovi casi di Hiv ogni anno, praticamente 10 nuove diagnosi al giorno”, ha detto il ministro della Salute Beatrice Lorenzin alla conferenza stampa per i 30 anni del telefono verde di informazioni dell’Iss. In preparazione, ha detto ancora, una campagna social fatta da blogger per i più giovani sui pericoli e sulla prevenzioni.

Il ministro ha espresso preoccupazione per la sottovalutazione del comportamento a rischio rispetto, per esempio, agli anni ’80-’90: “bisogna tenere alto l’allarme, educare i giovani informandoli con campagne istituzionali e spingendoli a tutelare se stessi”, ha affermato. Sottolineando che sono sempre meno i ragazzi che utilizzano il telefono verde Aids e Ist, e in particolare sono diminuite le donne, il presidente dell’Iss Walter Ricciardi ha richiamato l’attenzione sull’aumento non solo dell’Aids, ma anche di sifilide, gonorrea, condilomi, herpes genitale e altre malattie sessualmente trasmissibili. “Cresce la disinformazione – ha sottolineato – circa la metà delle persone che si rivolge al telefono verde dichiarando di aver avuto un comportamento a rischio, non esegue poi il test Hiv. E questo dimostra che non c’è una consapevolezza di ciò che può succedere.

Conta probabilmente anche l’idea che l’infezione si può tenere sotto controllo con i farmaci, ma non bisogna dimenticare che l’Aids si cronicizza, è curabile ma non guaribile. Sono 125 mila le persone colpite in Italia e che convivono con la malattia”.

La disinformazione, secondo i dati dell’Iss, negli ultimi 30 anni è passata dall’11,4% del primo decennio, al 13,6% rilevato negli ultimi anni. In 12 telefonate su cento, fatte da persone di tutte le età, emerge che l’idea è che il rischio di contrarre l’Hiv sia legato a baci, zanzare e bagni pubblici. Il telefono verde, che in 30 anni ha svolto 800 mila interventi di counselling, ha risposto in maggioranza a uomini (75,4%), persone che dichiarano di aver avuto rapporti etero (56,8%) e da giovani tra i 25 e i 39 anni (57%). Costanti rimangono le richieste di consulenza in materia legale con riferimento a discriminazioni sul posto di lavoro, stigma, violazione della privacy. Un vademecum per far conoscere ai sieropositivi quali siano i loro diritti e come tutelarli è stato presentato oggi dall’Iss.

In 33 anni, dal 1982 ad oggi, l’Aids ha provocato la morte di circa 43mila persone, su un totale di 67mila casi conclamati. «Come una guerra», commenta Gianni Rezza, direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di Sanità.

La giornata di ieri, che le Nazioni unite hanno dedicato alla lotta all’Aids, è stata l’occasione per fare il punto sulla diffusione della malattia in Italia. Con circa 3.500-4.000 nuovi casi all’anno, il numero delle diagnosi di Hiv in Italia rimane stabile. Con un’incidenza di sei casi ogni centomila abitanti. «Non siamo più tra i Paesi al top della classifica Ue, essendo invece scesi in termini di incidenza, tanto che l’Italia si colloca al dodicesimo posto in Europa», spiega Rezza. Tuttavia l’obiettivo è quello di abbassare ulteriormente il numero di nuovi contagi.

Il virus colpisce prevalentemente gli uomini, che rappresentano il 79,6% dei 3.695 nuovi casi registrati nel 2014, mentre continua a diminuire l’incidenza delle nuove diagnosi tra le donne. L’età media per i primi è di 39 anni, per le donne di 36 anni. Quanto alla fascia di età maggiormente colpita, è risultata essere quella delle persone di 25-29 anni (15,6 nuovi casi ogni 100.000 residenti). Poco meno del 30% delle nuove infezioni riguarda cittadini stranieri. L’Istituto superiore di Sanità, inoltre, evidenzia come la principale causa di nuove infezioni (l’84%) sono i rapporti sessuali non protetti con persone che hanno contratto la malattia.
Un dato sicuramente positivo è la diminuzione dei decessi delle persone malate, anche per merito delle nuove e più efficaci terapie antiretrovirali.

Per contro, a preoccupare gli esperti è il fatto che si arriva troppo tardi alla diagnosi della malattia. «Resta il grande problema del ritardo della diagnosi, sia per l’infezione dell’Hiv sia per la malattia conclamata – spiega Rezza -. Un aspetto che impone più forti misure di prevenzione». In base ai dati dell’Istituto superiore di sanità il 26,4% delle persone ha eseguito il test Hiv per la presenza di sintomi Hiv-correlati e il 10% nel corso di accertamenti per un’altra patologia. Solo poco più di due persone su dieci (il 21,6%) ha effettuato il test a seguito di un “comportamento a rischio” non specificato.

Di fronte a questa situazione, il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha esortato a non abbassare la guardia nei confronti dell’Aids «perché rappresenta ancora oggi un’epidemia mondiale». A preoccupare il ministro «la scarsa consapevolezza sul rischio di contrarre la malattia con comportamenti sessuali non protetti e ci segnalano che purtroppo si arriva alla diagnosi quando la malattia è in fase avanzata, perché non ci si sottopone al test».
Occorre quindi puntare sull’informazione e sulla sensibilizzazione. Per questo motivo il ministro Lorenzin ha annunciato ieri l’avvio in oltre 400 città italiane dell’iniziativa “Un impegno comune contro l’Aids”, una grande campagna di sensibilizzazione alla quale hanno aderito anche i sindaci di moltissime città.

Decessi diminuiti del 42% ma la battaglia continua In Africa sub-sahariana più di 25 milioni i malati di Hiv.
La battaglia contro l’Aids ha ottenuto diverse vittorie nei decenni passati, ma c’è ancora molto da fare per sconfiggere il virus. La diffusione dei farmaci antiretrovirali ha ridotto in maniera significativa il numero delle morti legate a questa malattia: dal 2004 (anno in cui la diffusione dell’Aids ha raggiunto il suo picco massimo) il numero dei decessi è diminuito del 42%. Secondo una stima dell’Organizzazione mondiale della sanità, circa 7milioni 800mila vite sono state salvate, negli ultimi 15 anni. Parallelamente, tra il 2000 e il 2014 le nuove infezioni da virus Hiv nei Paesi in via di sviluppo sono calate del 35%, passando da 3,5 milioni di nuovi casi registrati nel 2000 a 2 milioni circa nel 2014. Tuttavia, i Paesi dell’Africa sub-sahariana rappresentano il principale campo di battaglia. Qui infatti sono 25,8 milioni le persone che vivono e convivono con il virus Hiv; quasi 13 milioni sono donne. In questa regione, inoltre, si registrano 1,4 milioni di nuovi casi di infezione ogni anno, più della metà del dato mondiale. (I.Se.)

A differenza di quanto avveniva negli anni Ottanta e Novanta, oggi si parla troppo poco diAids. «C’è l’impressione che la malattia non esista più, ma non è così – spiega Diego Cipriani, responsabile ufficio promozione u- mana di Caritas Italiana -. I dati del ministero della Salute, ad esempio, ci dicono che ci sono 4mila nuove infezioni l’anno». Da questa considerazione nasce il progetto di Caritas che ha come obiettivo quello di rompere ilsilenzio che circonda questa malattia.

In occasione del 1° dicembre, Giornata mondiale di lotta all’Aids, Caritas rilancia il suo impegno su questo tema per cercare di rompere il silenzio sulla malattia. Che purtroppo non è ancora stata debellata. Nasce così un progetto nazionale che coinvolge, oltre a Caritas Italiana, 16 realtà diocesane: Ancona, Bergamo, Bolzano, Brescia, Catanzaro, Cremona, Firenze, Foligno, Milano, Napoli, Palermo, Pescara, Piacenza, Reggio Calabria, Roma, Verona.
Due gli obiettivi principali. Il primo punta alla sensibilizzazione e alla diffusione di informazioni corrette sulla malattia e le modalità di prevenzione. Sono quindi stati elaborati strumenti di animazione e formazione (da questionari a clip formative), da utilizzare nelle attività che si conducono nei territori. Due i target raggiunti: gli adulti, ovvero quanti sono impegnati nelle parrocchie (dai volontari dei centri di ascolto, ai catechisti, agli operatori Caritas), e i giovani, incontrati attraverso iniziative in luoghi di aggregazione, oratori e soprattutto scuole.
«Durante questi primi sei mesi di attività abbiamo incontrato circa 5mila giovani – spiega Cinzia Neglia, operatrice di Caritas Italiana -. Ci sono state esperienze interessanti, tra cui quella di Bergamo dove la Caritas diocesana ha organizzato un concorso nelle scuole. I ragazzi hanno realizzato videoclip, manifesti e altri elaborati per restituire quello che hanno appreso». L’obiettivo, come spiega Cipriani, è «prevenire i comportamenti a rischio. Lavorando soprattutto con i giovani per spiegare loro il senso di una sessualità responsabile, che va al di là delle infezioni. Ma deve essere inserita in uno stile di vita che non ha come obiettivo la mercificazione dell’altro».

Il silenzio e la mancanza di informazioni sull’Aids ha poi una seconda conseguenza: alimenta gli stereotipi, le barriere e le false credenze sulla malattia. E così, chi scopre di essere infetto non parla della propria condizione, per timore di essere isolato ed emarginato. Caritas avverte: finché l’opinione pubblica continuerà a cedere le persone che vivono con Hiv/Aids come persone da cui guardarsi, immorali o quantomeno irresponsabili, nella maggior parte dei casi le persone colpite cercheranno di tenere nascosta la propria condizione. Una situazione che è fonte di ulteriore sofferenza: «Il doversi nascondere perché affetti da una patologia è sicuramente una condizione molto pesante, che aggiunge sofferenza a una situazione già difficile», spiega Cinzia Neglia. Ed è proprio qui che si inserisce l’intervento del progetto Caritas: per aiutare le comunità locali a costruire un atteggiamento di vicinanza e di accoglienza. Superando quelle barriere fatte di stigma e pregiudizi che “cancellano” la persona lasciando solo la sua malattia. (I. Se.).



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